SERVIZIO PER LA PROMOZIONE DEL SOSTEGNO ECONOMICO ALLA CHIESA CATTOLICA
della Conferenza Episcopale Italiana

“Dio è amore” / Chiave del pontificato di Benedetto XVI

Il Papa emerito, morto lo scorso 31 dicembre in Vaticano, durante il suo pontificato aveva parlato in continuazione della "gioia dell’essere cristiani", dedicando la sua prima enciclica all'amore di Dio, "Deus caritas est". Era il 2005 e di fronte agli scandali e al carrierismo ecclesiastico, Egli aveva continuato a far richiami alla conversione, alla penitenza […]
17 Gennaio 2023

Il Papa emerito, morto lo scorso 31 dicembre in Vaticano, durante il suo pontificato aveva parlato in continuazione della "gioia dell’essere cristiani", dedicando la sua prima enciclica all'amore di Dio, "Deus caritas est". Era il 2005 e di fronte agli scandali e al carrierismo ecclesiastico, Egli aveva continuato a far richiami alla conversione, alla penitenza e all’umiltà, proponendo un’immagine di Chiesa liberata dai privilegi materiali e politici per essere veramente aperta al mondo.

Nel 2006 il Servizio Promozione pubblica a firma di Luigi Mistò un Quaderno del Sovvenire dal titolo "Il cuore che vede", che presenta un approfondimento del “sovvenire” alla luce dell’enciclica del Papa.

Il grande principio che Benedetto XVI enunciava nella sua enciclica era nel contempo meraviglioso e semplice: tutte le volte che si vive l’amore, che si mette in atto un gesto d’amore - e noi sappiamo bene nel profondo del nostro cuore quando stiamo amando per davvero o stiamo “barando” all’amore – lì si fa presente Dio e, quindi, la salvezza dell’uomo.

Mons. Mistò proponeva a chiusura del suo bel Quaderno del Sovvenire il "Decalogo degli incaricati", ovvero dieci indicazioni per gli operatori della carità affinché il loro lavoro possa essere efficace. Ve le riproponiamo, invitando a rileggere per intero la bella e utile pubblicazione.

Primo: gli incaricati devono essere persone mosse dall’amore di Cristo, persone il cui cuore Cristo ha conquistato con il suo amore, risvegliando l’amore per il prossimo (qui il Papa riprende la bellissima frase di Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi 5, 14: “L’amore del Cristo ci spinge, caritas Christi urget nos”). Bisogna essere conquistati dall’amore di Cristo per poter davvero amare gli altri.

Secondo: si comprende, allora, che non si vive più per se stessi, ma per Lui; e appunto perché si vive per Lui e con Lui, per gli altri. L’amore di Cristo mi spinge al punto che, parafrasando ancora San Paolo, “per me vivere è Cristo”.

Terzo: chi ama Cristo ama la Chiesa, lavora per la Chiesa, ha passione per la Chiesa, per questa Chiesa insieme santa e fatta di peccatori, “casta meretrix”. Dobbiamo però renderla sempre più bella e capace di presentarsi al mondo nella sua vera immagine. Si ama la Chiesa non in modo supino, ma ricordando che “Ecclesia semper reformanda est”: l’attività pastorale degli incaricati deve promuovere un’immagine di Chiesa bella e attraente, coerente con l’incontro con un Dio che altro non è se non Amore.

Quarto: amare la Chiesa significa essere completamente dentro la Chiesa, lavorando in modo particolare attraverso la comunione con il vescovo. Il riferimento al vescovo per il ministero degli incaricati, per il loro servizio, è decisivo, e va tenuto come punto fermo. Pensiamo al vescovo diocesano, ma anche la figura del vescovo delegato regionale è importante. Il Servizio CEI ben lo sa. E finalmente si è riusciti a completare la “squadra”, “allenatore” compreso.

Quinto: tutto questo comporta una testimonianza. Testimonianza e missione nascono qui, dentro questo quadro teologico. Troppi appelli alla missione – ammettiamolo – risultano sganciati dal “cuore”, con la conseguenza di rimanere privi di risultato. Il nostro stesso operare, pur encomiabile, ne resta frustrato. La testimonianza vera, invece, racchiude dentro di sé una sua efficacia e il suo risultato.

Sesto: la gratuità. Il Papa lo dice, o lo suggerisce, lungo quasi tutta la sua lettera. La caratteristica – forse la prima – dell’amore di Dio è la gratuità, e si celebra nel modo più vero nel perdono. Se l’amore non fosse gratuito, non potrebbe raggiungere il vertice del perdono. E l’amore di Dio è la misura dell’amore dell’uomo.

Settimo: l’amore gratuito, che diventa la testimonianza più grande, trova una sua massima espressione in quel testo stupendo che è l’“inno alla carità” della prima lettera ai Corinzi al capitolo 13. Questo inno rappresenta per il “sovvenire” ed i suoi incaricati un’ulteriore “magna carta”. In esso sono riassunte tutte le riflessioni qui svolte sull’amore, a partire dall’enciclica.

Ottavo: condizione perché i primi sette punti possano realizzarsi, è che occorre essere coinvolti al punto da donare se stessi. L’amore comporta il dono della stessa vita: “partecipi all’altro te stesso”! Sono affermazioni che obbligano all’esame di coscienza, per comprendere quanta distanza ancora ci separi da questo ideale.

Nono: tutte queste modalità si devono accompagnare con quella virtù, per qualche verso sintetica dell’agire cristiano, che è l’umiltà. Facendoci capire che siamo servi inutili, Benedetto XVI da un lato ci preserva dallo scoraggiamento, dall’altro ci spinge alla costanza insieme paziente e direi quasi caparbia. Chi è umile sa di non essere lui, alla fine, ad operare, lui semplice strumento “inutile”; e questo preserva dal rischio della frustrazione infondendo invece grande speranza.

Decimo e ultimo: la preghiera. È il mezzo per attingere sempre nuova forza da Cristo e quindi efficacia nell’azione. Ed è bello rilevare che, proprio parlando di preghiera, il Papa porti l’esempio preclaro della Beata Madre Teresa di Calcutta.

Questo decalogo aiuti il ministero del “sovvenire” e degli incaricati e lo renda, alla fine, un servizio autentico a misura di carità, cioè un servizio d’amore.