UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Assisi: Simposio nazionale dei Cammini di Fede

I cammini, in quanto espressione di una spiritualità in cammino, attraversano luoghi diversi e, soprattutto, comunità
17 Marzo 2022

“Le nostre sono sempre più corse affannose, spesso senza traguardi.

Siamo pellegrini, ma senza santuari che come mete orientino il cammino.

Camminiamo sull’asfalto bollente, e il nero del bitume cancella i nostri passi.

Forzati dal dovere camminare, ci manca nella bisaccia di viandanti la bussola

che dia senso ai nostri itinerari di viandanti”

De Marco, 2020, p.13

 

Le parole soprariportate, scelte per introdurre questa breva riflessione, costituiscono il preambolo del volume Il Turismo Conviviale di Don Gionatan De Marco, prima e ampia sintesi dei Simposi che hanno preceduto, negli anni scorsi, l’incontro svoltosi ad Assisi tra il 5 e 6 Marzo 2022. Infatti, il Simposio di Assisi, recentemente tenutosi, costituisce la ripresa degli incontri organizzati dall’ Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza Episcopale Italiana sul turismo religioso e sui cammini. Inoltre, rappresenta la prima tappa del percorso di indagine e di confronto avviato dall’Ufficio in vista del Giubileo 2025. Un cammino che sarà lungo e ricco di momenti di confronto e che coinvolgerà attori molteplici ed eterogenei. Sulla scorta dell’esperienza dell’Oltrem Osserva/Laboratorio, dall’altra parte, il Simposio di Assisi si è svolto per tavoli di competenze caratterizzati per temi chiave e costituisce un ulteriore banco di prova sulla metodologia di lavoro proposta in altre occasioni[1]. La metodologia perseguita, esaltando l’approccio di comunità, promuove analisi di contesi locali e di casi concreti che permette la produzione di un pensiero in movimento, dinamico, fluido; i partecipanti ai tavoli, assumendo un ruolo attivo, hanno contribuito ad elaborare elementi basilari in una definizione dell’identità del turismo religioso.

I cammini, infatti, in quanto espressione di una spiritualità in cammino, attraversano luoghi diversi e molteplici, ma soprattutto comunità. Le comunità, spesso piccole e non sempre inclini ad un confronto, costituiscono la matrice dei cammini che aggregano il più delle volte una moltitudine di realtà locali e luoghi di culto. Condivisione, quindi, che andrebbe cercata e declinata sulla religiosità che i cammini in quanto agenti della memoria e dell’identità possono favorire. Infatti, non si può negare l’importanza di declinare il cammino sulla religiosità, sulla spiritualità e in chiave simbolica; elementi questi che ogni cammino conserva e che offre a chi lo percorre. Questa ritualità è in crisi, come si ricordava all’inizio, e si sente il bisogno di nuovo carisma e di esempi da emulare. Questi, come suggerito nel dialogo del Simposio, possono essere cercati nelle comunità stesse.

Dal punto di vista esperienziale, però, bisognerà dividere la comunità gestionale che progetta e gestisce, anche dal punto di vista tecnico il cammino, e le comunità territoriali che sono diverse ma devono essere unite da un legame culturale e dalla narrazione del cammino. Queste sono i luoghi dove avviare l’accoglienza, dove il pellegrino giunge e dove viene offerta a lui ospitalità, ma ciò è vero? Non si può considerare, di fatto, ogni comunità un luogo di accoglienza, queste vanno educate e in-formate; il cammino diviene quindi in prima istanza esperienza di educazione locale. Superata la criticità e la frammentazione, in molti casi determinata dagli Enti amministrativi, manca per le comunità la conoscenza e la consapevolezza di essere lungo un cammino. Occorrono quindi modelli di formazione e anche di comunicazione per sviluppare e mantenere un cammino dal momento che la legislazione spesso non favorisce la trasversalità delle azioni di realizzazione, promozione e valorizzazione.

Considerando le esperienze in corso, si dovrà pensare ad un modello che costituisca dal basso un sistema coeso e condiviso e aperto a diverse scale territoriali per una governance efficace. Un esempio viene dai parchi culturali ecclesiali o diocesani; questi potrebbero divenire un riferimento per formare nella comunità delle professionalità nuove che affianchino il volontariato, di cui molti cammini usufruiscono. Questo non è un aspetto negativo, ma, indubbiamente, non può essere l’unica forma di gestione dei cammini; potrà essere proficuo creare professioni e percorsi di formazioni regionali e nazionali, con ad esempio officine territoriali o incontri giubilari specifici per una formazione spirituale e tecnica. Questo può consentire di attrarre ed educare i giovani, i quali andrebbero a costituire un concreto e reale punto di forza per nuovo turismo religioso, oltre che divenire custodi della memoria della comunità. Un’altra esperienza è quella del Circuito dei Cammini della Regione Emilia Romagna promossa da Apt Servizi e dall’Assessorato al Turismo regionale. Un circuito composto da 20 Cammini e vie di Pellegrinaggio che da Piacenza a Rimini attraversano la Regione Emilia Romagna con un coordinamento unico per le azioni di comunicazione e promozione turistica.

Educare e in-formare non è tutto; in un secondo momento le comunità e il pellegrino dovranno dialogare e contaminarsi, entrambi dovranno sentirsi parte (anche se per poco tempo) di un tutto. Bisogna ideare sistemi di comunicazione e animazione articolati e diversificati sull’identità locale ma secondo linee guida precise. Infatti, attraverso il lavoro sulla comunità si scoprono luoghi e storie che verranno riversate su piattaforme web dedicate, che si affiancano ai più comuni social network. Dall’altro, si creano momenti di animazione calibrati sulle esperienze parrocchiali, come scuole di preghiera o momenti di spiritualità. Il cammino diventa quindi una grande narrazione della comunità e delle sue risorse patrimoniali, ma anche narrazione di chi si mette in cammino per scoprire sé stesso e la sua fede, secondo una terapia del cammino.

In questo quadro, il giubileo 2025 è una tappa e non una meta, come ha ricordato Don Gionatan De Marco nella relazione finale del Simposio. Occorrerà sviluppare, come si è detto, un modello che permetta di costruire una rete di cammini, con un linguaggio comune, con modalità di accoglienza ed animazione definite ma che sia soprattutto sostenibile e condiviso. La proposta non può non tenere in conto che i cammini producano un impatto socio-economico nei luoghi che attraversano, rispondono all’esigenza di target diversi e necessitano di interventi gestionali-amministrativi. Per non avere come unico criterio o indicatore la vendita delle esperienze dei cammini, però, si dovrà operare per un’identità di un turismo sostenibile di comunità che vada ad arricchire l’esperienza conviviale che i cammini rappresentano. La tappa giubilare potrà essere, inoltre, rilevante anche per consentire un monitoraggio sullo stato di conservazione di molti Beni Ecclesiali e Culturali minori. Durante gli incontri del Simposio, infatti, è emersa la necessità di rinforzare il rapporto tra le comunità gestionale dei cammini e gli Uffici Diocesani o gli Enti preposti alla valorizzazione e fruizione del patrimonio lungo il cammino, spesso lontani dal territorio.

Si evince, in conclusione, la necessità di predisporre una strategia e di un format che rispondano alle sollecitazioni della contemporaneità, come ad esempio sul tema chiave della digitalizzazione, ma che al contempo consentano a chi si mette in cammino di appropriarsi di un pane buono che appunto i cammini in quanto itinerari di senso (Bozzato 2020) devono rappresentare[2].

 

A cura di:

Simone Bozzato, Maria Grazia Cinti, Claudio Sossio De Simone, Lisa Scafa, Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” – Dipartimento di Storia, Patrimonio culturale, Formazione e Società;

Gianluca Bagnara, Consulente presso APT Regione Emilia Romagna

Monica Valeri, Responsabile progetto trasversale Circuito Regionale Cammini e Vie di Pellegrinaggio dell’Emilia Romagna e progetto trasversale Turismo Religioso – APT Servizi

 

[1] I partecipanti, quindi, si sono confrontati su tre parole chiave: comunità, animazione, comunicazione. Le riflessioni di seguito proposte sono frutto del dialogo tra i diversi partecipanti del Simposio.

[2] Si propone qui la metafora che Don Gionatan De Marco ha impiegato nel discorso di apertura del Simposio. Si indicano i cammini come un pane buono, perché sono un’esperienza che può andare oltre la convivialità e bellezza verso un profondo avvicinamento spirituale a Dio.

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