UFFICIO NAZIONALE PER LA PASTORALE DEL TEMPO LIBERO, TURISMO E SPORT
DELLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA

Tempo libero e benessere sociale

Un approfondimento sull'importanza dell'"outdoor leisure" e sui rischi dell'isolamento favorito dalle tecnologie digitali
13 Aprile 2022

Il tempo libero, come ogni altro fenomeno umano, riflette profondamente dei mutamenti del vivere sociale. Si tratta di un processo antico, configuratosi originariamente come stacco dalle fatiche quotidiane (recreatio) e come tempo della saggezza, della contemplazione e della cura del sé (otium).

È con la modernità otto-novecentesca che il tempo libero subisce un’ulteriore carico di significato, affrancandosi come uno dei volti di un’umanità in cammino che ruota(va) intorno a dimensioni come la liberazione dagli obblighi del lavoro e come l’autorealizzazione attraverso attività volontariamente scelte e finalizzate alla felicità individuale.

Nascono così i leisure studies (“leisure” è il termine inglese che indica la concettualizzazione del tempo libero), la branca delle scienze sociali che fa ricerca scientifica, utilizzando differenti metodi di indagine. Uno dei principali studiosi contemporanei di questo ambito è stato Joseph J. Bannon (scomparso novantenne nel 2021), per diversi decenni a capo del Dipartimento di studi sul tempo libero dell’Università dell’Illinois. Bannon ha dedicato gran parte delle sue ricerche alla “recreologia” (la disciplina che studia le attività ludico-ricreative e il loro impatto sul benessere della società) e alla diffusione e gestione dei parchi, da lui considerati luoghi in grado di facilitare lo sviluppo sociale ed economico delle comunità.

Gioco, sport, fitness, turismo sono certamente tra le proposte di leisure più centrali nella prospettiva dello studioso americano. Il luogo privilegiato per espletarle è proprio il parco pubblico e - per questo motivo - esse rientrano nel cosiddetto “outdoor leisure”, ovvero nelle pratiche svolte all’aperto. È innegabile che laddove ci sia un luogo verde, ci sia socialità e relazione autentica.

Il tempo libero vissuto all’aperto, pertanto, diventa uno degli antidoti potenziali alle situazioni di stress e di chiusura ed emarginazione sociale che rappresentano una delle devianze più insidiose della contemporaneità. E che si manifestano spesso nell’ “indoor leisure”, ossia nelle azioni che svolgiamo al chiuso, ad esempio nella nostra casa o in siti creati ad hoc. L’internalizzazione e la personalizzazione del tempo libero se da un lato generano benefici come la condivisione (una cena tra amici, un allenamento in palestra) e il risparmio di tempo, dall’altro possono de-umanizzarci. È il caso di situazioni “estreme” come il gaming, il chatting, l’home fitness, ovvero “leisure activities” favorite negli ultimi anni dall’esplosione delle tecnologie digitali.

La pandemia le ha certamente spinte consacrando la tendenza (latente, ma già esistente) di un “self made leisure” che può essere positivo se vissuto come opportunità integrativa. Ma anche negativo se scelto come unica opzione. Il rischio maggiore riguarda (come al solito) le fasce più deboli della popolazione come i più piccoli o più anziani spesso ridotti a vivere il proprio tempo libero davanti a uno schermo o usando un dispositivo. Per questo motivo, risultano sempre più necessarie politiche che educhino al leisure nei termini della comprensione di cosa significhi davvero e della concretizzazione di luoghi accessibili (come parchi pubblici) che possano favorirne la promozione e l’utilizzo sociale.

Massimiliano Padula, Sociologo dei processi culturali e comunicativi - Pontificia Università Lateranense