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Uniti nel Dono / A Mesagne (BR) grazie a don Pietro una mano tesa per restituire dignità

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Da dieci anni la “Casa di Zaccheo” è un punto di riferimento per il territorio di Mesagne (BR), nell’arcidiocesi di Brindisi-Ostuni: casa di accoglienza, mensa, laboratorio di sartoria solidale.

Don Pietro Depunzio, responsabile della struttura e parroco della vicina parrocchia “Mater Domini”, racconta a Giacomo Capodivento, per Uniti nel Dono, che ogni punto cucito, ogni pasto servito, ogni notte al riparo è una mano tesa per restituire dignità.

L’edificio inizialmente ospitava una scuola materna gestita dalle suore. Quando sono andate via, il Vescovo di allora, mons. Domenico Caliandro, lo ha assegnato alle cure della parrocchia di don Pietro. Con il sostegno della gente, dell’amministrazione comunale, della diocesi e del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale – istituito da Papa Francesco – l’edificio è stato ristrutturato e destinato al servizio della carità, diventando un vero e proprio centro polifunzionale. Con i fondi dell’8xmille sono stati installati pannelli solari e realizzate misure di efficientamento energetico.

Tra le varie attività anche quella dell’accoglienza. “La Casa ha 12 posti letto. Attualmente ospitiamo una famiglia di eritrei composta da mamma e papà sordomuti, che abbiamo inserito in ambito lavorativo, e i loro due bambini. Accogliamo anche persone sfrattate o che chiedono semplicemente un posto per la notte. Dall’inizio della nostra attività, abbiamo aiutato oltre 70 persone, offrendo loro un tetto sotto cui cercare riparo” – spiega don Pietro.

È presente anche un servizio mensa che offre 80 pasti al giorno, sostenuto dalla generosità dei volontari provenienti anche dalle altre parrocchie. Durante la settimana, tre medici si alternano nell’ambulatorio per offrire consulenza sanitaria a chi ne ha bisogno.

Presso la “Casa di Zaccheo” collaborano anche i giovani del servizio civile e coloro che sono inseriti nei percorsi di messa alla prova, cioè dentuti che terminano di scontare la loro pena in contesti alternativi al carcere. “Il bello è che queste persone, giovani o adulti, una volta terminato il loro percorso carcerario, continuano a venire qui per offrire il loro servizio gratuitamente – continua il parroco –, un ritorno che è riconoscenza e che si traduce in piccoli segni di gratitudine, gesti concreti”.

Scopri tutta la storia su unitineldono.it.

Uniti nel Dono / Chiesa cattolica. Nelle nostre vite, ogni giorno.

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Che importanza dai a chi fa sentire gli anziani meno soli? A chi aiuta i ragazzi a prepararsi al futuro? A chi ti aiuta a pregare? Sono alcune delle domande al centro della nuova campagna istituzionale della Conferenza Episcopale Italiana al via dal 30 novembre e fino al 31 dicembre. Un racconto corale che mostra come la Chiesa abiti le storie di ogni giorno, con gesti di vicinanza, mani che si tendono, parole che consolano, segni che trasformano la fatica in speranza.

La campagna, dal claim incisivo Chiesa cattolica. Nelle nostre vite, ogni giorno” intende mostrare i mille volti della “Chiesa in uscita”, una comunità che si fa prossima ai più fragili e accompagna famiglie, giovani e anziani con azioni concrete. Dai percorsi formativi rivolti ai ragazzi,  per imparare a usare intelligenza artificiale e nuove tecnologie,  alle attività ricreative per gli anziani che spesso devono affrontare una vita in solitudine, dal sostegno alle persone lasciate sole, restituendo loro dignità e speranza, ai cammini di fede per aiutare ogni individuo a incontrare Dio nella vita quotidiana.

Nell’Italia di oggi, senza la presenza viva della Chiesa, con la sua rete di solidarietà, – spiega il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni –  grazie all’impegno instancabile di migliaia di sacerdoti e volontari, mancherebbe un punto di riferimento essenziale. Attraverso questa campagna desideriamo rendere visibile quanto questa presenza sia concreta e incisiva nella quotidianità di tante persone”.

Gli spot, da 15” e da 30”, raccontano una Chiesa vicina, ogni giorno, attraverso cinque esempi concreti: l’attenzione agli anziani, che diventa cura  per chi affronta la solitudine; l’impegno verso le nuove generazioni, che si traduce in percorsi formativi per l’utilizzo delle nuove tecnologie; il dono delle seconde possibilità, che si concretizza in una mano tesa a chi si sente escluso o emarginato; la forza della preghiera, che illumina il cammino di chi è in ricerca; la salvaguardia del creato, che passa anche dall’esplorazione scientifica per scoprire la bellezza nascosta nel mondo. Un invito a riconoscere nella vita di tutti i giorni il volto di una Chiesa che c’è, serve e ascolta, testimoniando la concretezza del Vangelo vissuto.

Non solo tv, ma anche radio, digital e carta stampata, con uscite pianificate su testate cattoliche e generaliste, pensate per invitare a riflettere sui valori dell’ascolto, della vicinanza e della fraternità. Perché “la Chiesa cattolica è casa, è famiglia, è comunità di fede. Per te, con te”.

Per maggiori informazioni:

www.8xmille.it
www.unitineldono.it

Uniti nel Dono / A Taurisano (LE) la casa di don Biagio ha le porte aperte

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Nella parrocchia dei Santi Martiri Giovanni Battista e Maria Goretti a Taurisano (LE), vicino Gallipoli, non c’è l’oratorio. Per giocare a pallone, don Biagio Errico ha fatto montare due porte nell’atrio. Si è rotto un vetro, ma «i sorrisi dei ragazzi valgono molto di più». I giovani, qui, si sentono «a casa».

Ed è proprio la sua casa il primo avamposto di accoglienza per gli adolescenti e i giovani della zona. «Mi ispiro agli insegnamenti di san Filippo Neri» – racconta il sacerdote che a Taurisano è da quattro anni; prima è stato viceparroco e ora, da un anno e mezzo, parroco della comunità. «La casa canonica era troppo grande per me, così mi sono preso solo una stanza, con il letto e la scrivania – racconta –. Le altre stanze le ho messe a disposizione dei ragazzi, che possono venire quando vogliono. È sempre aperto!». C’è chi arriva direttamente dopo la scuola, e può mangiare un piatto di pasta preparato “dal don”, come lo chiamano i più giovani. «Mi sento come un padre per loro», confessa. Qualcun altro passa nel pomeriggio: c’è chi fa i compiti – «in pochi!» ammette il sacerdote con un sospiro tra il divertito e il rassegnato – e chi, invece, preferisce giocare a Fifa sul divano.

Il grest ha il suo quartier generale nel teatro parrocchiale, una grande sala a gradoni. Il palco, una volta al mese, si trasforma perfino in dormitorio. «In accordo con i genitori, ogni terza domenica del mese, i ragazzi restano a dormire in parrocchia – fa sapere don Biagio –; si sistemano con i sacchi a pelo, in stile Gmg. Anche per san Filippo Neri o san Giovanni Bosco, l’oratorio non erano gli spazi, ma le persone».

In tutto, gravitano ai Santi Martiri una sessantina di ragazzi tra i 13 e i 18 anni. Vanno in parrocchia ogni giorno, ma gli incontri strutturati sono una o due volte a settimana, più la domenica. «C’è chi garantisce una presenza costante e chi, per vari impegni, non ce la fa ad esserci sempre, ma stiamo riuscendo a portare avanti questo gruppo», spiega ancora Alessandra. Con lei, altri cinque volontari hanno scelto «di affiancare il don in questo progetto – dice –. Oltre ad essere educatori del gruppo giovani, organizziamo anche il campo estivo. Per i nostri ragazzi siamo “i big” del gruppo. Al momento stiamo già progettando il campo per il prossimo anno, abbiamo diverse mete in mente. Allo stesso tempo, portiamo avanti un nostro percorso di approfondimento e riflessione; ci riuniamo ogni lunedì alle 20.15».

Questa bella storia di sacerdote insieme alla propria comunità è raccontata da Giulia Rocchi per unitineldono.it. Scopri di più cliccando qui.

Uniti nel Dono / Ai piedi del Vesuvio, vite da ricucire col filo della carità

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“A Napoli l’attenzione ai poveri non si ferma. In Via Marina, al molo Beverello, ai giardini, al porticciolo del Molosiglio e alla Galleria, ogni lunedì vengono distribuiti 300 panini e le coperte; un gesto concreto che va oltre il semplice contatto e diventa un messaggio sincero e chiaro di vicinanza a chi soffre”. Con queste parole Lina Mazzone e Amedeo Lentini, una coppia di San Sebastiano al Vesuvio (NA), raccontano il loro impegno, nato da un cammino di fede in parrocchia.

Tutto inizia nel parco nazionale del Vesuvio, proprio a San Sebastiano al Vesuvio, il loro comune situato alle pendici occidentali del celebre vulcano, a 10 chilometri da Napoli. L’area è afflitta dall’abusivismo edilizio che aggrava il rischio di dissesto idrogeologico della zona, richiedendo costanti interventi di vigilanza.

In questo contesto difficile, però, San Sebastiano ha anche i suoi lati positivi. Nonostante la quasi totale distruzione degli edifici causata dall’eruzione del 1944, il paese conserva alcune testimonianze storiche e architettoniche importanti, molte delle quali sono state restaurate. Tra esse il Santuario di San Sebastiano Martire, risalente al ’700, che con la sua imponente cupola bianca domina il centro storico, tanto da poter essere considerato il simbolo del paese.

All’ombra di questo gioiello d’arte è fiorita anche una gemma di solidarietà: da cinque anni una comunità si dedica a sanare le ferite dei bisognosi, sia del comune vesuviano che di Napoli; un’opera importante, frutto del lavoro intenso iniziato dal parroco, don Enzo Cozzolino. Don Enzo non ama parlare di sé, pur essendo una persona aperta, molto diretta e spontanea. Sono le iniziative della comunità a farlo per lui.

Scopri altri particolari della storia, raccontata da Nicola Nicoletti, su unitineldono.it.

Uniti nel Dono / Insieme a don Gian Paolo gli “scarti” riprendono vita

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A Torino, accanto alla Chiesa della Natività di Maria Vergine, “Materiali di scARTo” trasforma materiali e vite apparentemente “scartate” in nuove occasioni di rinascita. Nato dall’intuizione di don Gian Paolo Pauletto, il laboratorio unisce arte, artigianato e accoglienza, offrendo a persone in difficoltà la possibilità di ritrovare dignità, relazioni e speranza, grazie anche al sostegno dell’8xmille alla Chiesa cattolica.

Oggi si parla spesso di economia circolare, di recupero delle risorse, di come trasformare gli scarti in ricchezza. Ma se provassimo a guardare oltre gli oggetti? Se ci accorgessimo che anche tante persone, nella nostra società, finiscono “scartate”, messe ai margini, invisibili?

È da questa intuizione che, nel 2013, don Gian Paolo Pauletto ha dato vita a Materiali di scARTo, un progetto che unisce rigenerazione umana e ambientale. Dopo una lunga esperienza come cappellano in ospedale, don Gian Paolo ha deciso di creare uno spazio in cui chi vive una situazione di fragilità potesse ritrovare un senso, un posto nel mondo — lavorando con le mani, recuperando materiali abbandonati e trasformandoli in oggetti d’arte e artigianato.

“Il progetto è nato – racconta – dall’incontro con due clochard che mi dissero: don, ci farebbe fare qualcosa, oltre a un piccolo aiuto economico? Abbiamo iniziato insieme sistemando gli arredi sacri della cappella dell’ospedale: altare, leggio, ambone. Quei lavori li hanno fatti sentire utili. È da lì che tutto è cominciato”.

La bella testimonianza su unitineldono.it.

Uniti nel Dono / Don Giorgio nel Ferrarese: 60.000 km l’anno per costruire comunità

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Nel ferrarese, don Giorgio Lazzarato (in foto con don Cristian Vampa) è parroco a Ravalle, Porporana, Salvatonica, San Biagio di Bondeno e Settepolesini, per un totale di 1200 abitanti. Classe 1952, origini venete da parte di padre, è un sacerdote davvero sui generis: senza cellulare per scelta, è però disponibile a tutte le ore per andare incontro alle emergenze del territorio.

Ecco la sua storia.

A volte deve percorrere 25 chilometri solo per comprare i giornali e fare la spesa e il risultato è che il suo eroico furgone, che percorre ogni anno circa 60.000 km, deve fare una revisione ogni sei mesi. Nel ferrarese don Giorgio Lazzarato è parroco a Ravalle, Porporana, Salvatonica, San Biagio di Bondeno e Settepolesini, per un totale di 1200 abitanti. Classe 1952, origini venete da parte di padre, è un sacerdote davvero sui generis: senza cellulare per scelta, è però disponibile a tutte le ore per andare incontro alle emergenze del territorio. Una vita, quella di don Giorgio, spesa fin dal 1986 a servizio della fragilità: persone senza lavoro o che lo hanno perso, immigrati, donne sole o ragazze madri, soggetti con problemi psichiatrici, carcerati. Per questo ha fondato nel 1992 a Salvatonica un’associazione, Accoglienza ODV, che porta incisa già nel nome la propria mission, dal tempo della grande ondata migratoria dall’Albania. Erano sbarcati infatti con oltre 20mila persone nel porto di Bari, con la nave Vlora, undici minori provenienti dall’Albania. «Chiesi al sindaco di Bondeno – racconta don Giorgio – di ospitarne alcuni in una sede a San Biagio. Iniziai quindi a vivere giorno e notte con loro in questa struttura. Poi a Salvatonica organizzai la cucina per loro, e successivamente ho messo a disposizione anche alcune stanze». Uno di questi ragazzi, arrivati trent’anni fa, è Parid Cara, all’epoca quattordicenne: dopo essersi iscritto all’Itis Copernico, iniziò con successo a lavorare e successivamente cercò fortuna anche in politica, candidandosi alle elezioni parlamentari in Albania del 2013. «Da quel momento – prosegue don Giorgio – sempre più persone sono venute a bussare alla mia porta per chiedere aiuto». Già dalla fine degli anni ‘80 il sacerdote organizzava campi per ragazzi da tutta Italia e campi con giovani provenienti da diversi paesi europei.

Un viaggio in sette tappe

Con lui percorriamo nel suo furgone sette tappe di luoghi dell’accoglienza, segnati da storie, ostacoli ma anche di eventi a lieto fine. A Ravalle da poco si è insediato don Christian Vampa, nella chiesa San Filippo e Giacomo riaperta al culto, trasferitosi nella canonica, che darà man forte alle attività di don Giorgio. Sempre a Ravalle, entro fine anno, arriveranno alcune suore del Rwanda per sostenere la pastorale parrocchiale. Tantissima partecipazione a Ravalle poi per un avvenimento che la cittadinanza aspettava da tempo: ha riaperto i battenti la ex casa del popolo di via Martelli, oggi trasformato in circolo Anspi e bar. La riapertura dopo la chiusura covid è stata possibile grazie all’impegno di don Lazzarato e di alcuni residenti che hanno raccolto la volontà espressa dai cittadini di riappropriarsi di un luogo simbolo del forte senso di appartenenza tipico delle frazioni ferraresi. Il nuovo circolo Anspi è dedicato alla memoria di santità di Laura Vincenzi e Carlo Acutis. L’obiettivo è ambizioso ma chiaro: trasformare il bar in un vero centro di aggregazione per Ravalle, un luogo dove promuovere iniziative culturali e sociali come presentazioni di libri, mercatini ed eventi di vario genere. Don Giorgio non nasconde di avere progetti ancora più ampi: l’idea è quella di riaprire anche l’adiacente teatro Venere e gli altri spazi limitrofi al bar, immaginando una vera e propria rinascita dell’intera struttura.

La quarta tappa del nostro tragitto è Porporana, nella chiesa Conversione di S. Paolo, ristrutturata dopo il sisma del 2012, che ospita una struttura d’ispirazione cristiana per tutelare minorenni (dieci i posti disponibili) che non possono né essere rinchiusi in carcere né tornare in famiglia.

E finalmente giungiamo, alla nostra quinta tappa in Salvatonica, nella sede dell’associazione Accoglienza, finanziata col contributo dell’8xmille alla Chiesa cattolica, che ospita una trentina di persone bisognose. Tra i soci ci sono assistenti sociali, avvocati e medici specialisti.

«Ogni ospite in realtà, come membro di questa grande famiglia, si mette a disposizione per aiutare gli altri e spesso si aiutano vicendevolmente come una vera comunità – spiega don Giorgio –. C’è chi gestisce la cucina, turnando fra pranzo e cena, chi distribuisce e organizza la posta, chi accompagna dal medico per le visite; due signore italiane si occupano dell’amministrazione e della segreteria, un’altra delle pulizie. A volte – prosegue il sacerdote – sono loro stessi a venire direttamente da me per chiedermi aiuto, altre volte me li mandano i servizi sociali, non solo di Bondeno ma anche di altri comuni della provincia. Spesso sono stranieri e ci sono, tra gli altri, bulgari, rumeni, afghani, pakistani, africani di diversi Paesi. Molti di loro fanno i rider, altri lavorano in campagna o si arrangiano con altri lavoretti». È molto importante cercare di rendere queste persone in difficoltà il più possibile autonome, in modo che possano rifarsi una vita. Purtroppo, non mancano episodi incresciosi, come l’incendio scoppiato a giugno del 2024 nel dormitorio al primo piano, nel quale erano rimaste ferite due persone e – inseguito – è morta Renata. La donna, di origini ebraiche, era stata salvata nell’immediato da un altro ospite, il detenuto a fine pena Filippo, 28 anni e da Dorel, cinquantottenne rumeno, operatore di Accoglienza, ma alla fine in ospedale non ce l’ha fatta. Un lutto che ha colpito la comunità, un dramma dal quale don Giorgio e i suoi ospiti han cercato fin da subito, pur a fatica, di rialzarsi. «Il piano terra, con la sala da pranzo e la cucina, è stato ripristinato e ora dobbiamo ristrutturare le sei stanze e i due bagni al piano superiore, quello dov’è avvenuto l’incendio, piano che ospitava 9 persone – ci spiega don Lazzarato –. Le persone che alloggiavano in quel piano dell’edificio sono state poi trasferite in altre strutture vicine. Aiuti economici per la ristrutturazione sono arrivati da varie parti d’Italia ma anche da Belgio, Spagna, Germania. La solidarietà ci riempie di orgoglio, fiducia e speranza nell’anno del Giubileo».

Oltre ai corsi di italiano, nella vicina San Biagio, dove c’era la trattoria Dal pret, don Giorgio ha avviato una scuola per pizzaioli pensata per i giovani, sei mesi all’anno, tre in primavera e altrettanti in autunno. Idea che prenderà corpo anche nel circolo ANSPI di Ravalle. San Biagio è la nostra sesta tappa. Qui la canonica accoglie undici afghani, il cui sostentamento è a carico di Migrantes e Caritas diocesana di Ferrara. Settima e ultima tappa: Settepolesini. Qui nella chiesa chiusa post sisma hanno luogo diverse attività per mantenere gli ambienti della canonica: pittura, scuola di ballo, in particolare milonga, con partecipanti che arrivano, per due volte al mese, anche da Mantova, Bologna, Modena. Insomma, in questi luoghi tranquilli e quasi disabitati della campagna ferrarese lungo il Po, dove non si poteva soggiornare, don Giorgio rimettendoli a nuovo ha restituito la vita, sporcandosi le mani innanzitutto come cuoco. E ora spera d’integrare ulteriormente i musulmani se l’amministrazione comunale, sul terreno parrocchiale, darà il via per la costruzione di un cimitero anche per loro.

Un appello

Il nostro viaggio si conclude con una proposta di don Giorgio, un appello allo Stato o alle autorità competenti per sgravare l’affollamento nelle carceri: «dare la possibilità a tanti detenuti o fine pena o agli arresti domiciliari di essere accolti in tante associazioni. No a costruire altre carceri, sì all’accoglienza – dichiara don Giorgio a gran voce –. Qui a Salvatonica, avvolti nel silenzio dei campi, appena interrotto dal migrare degli uccelli o dai mezzi agricoli, vogliamo continuare ad accogliere altri detenuti. Per quello che una persona costa allo Stato, ossia fino a 700 euro al giorno, basterebbe che lo stato contribuisse al mese per un solo giorno di carcere e potremmo coprire la spesa viva di un ospite in comunità, che ricambierebbe con un lavoro utile alla società».

(Uniti nel DonoTesto e foto di Sabina Leonetti)

Sostentamento clero / Il prete è uomo del Mistero, non del rendimento

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Sull’agenzia di stampa Sir della CEI in occasione della Giornata Nazionale per il sostentamento del clero è stata pubblicata una riflessione di Cristiana Dobner, teologa carmelitana scalza.

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Sostentamento?

Certamente tutti dobbiamo sostenerci altrimenti ci riduciamo ad una larva che soltanto vegeta ma non vive.

Tuttavia, per chi crede, il significato procede ben più in là del cosiddetto “tozzo di pane”, posto poi che davvero il tozzo bastasse.

Ci si apre uno scenario che non è quello del Centro Commerciale, degli uffici per gli affari economici o lo squallore di una vecchiaia in casa di riposo per poveretti, se prima non si sono prese alcune misure precauzionali.

È preoccupante notare come proliferano corsi, incontri, seminari che si occupano di economia, di investimenti che vengono proposti a parrocchie, gruppi, associazioni.

Niente di male, anzi molto bene, mi si dirà.

Da parte mia, vivissima è la preoccupazione: il sacerdote, colui che è stato unto e agisce e vive perché investito dallo Spirito della missione dell’annuncio della Parola fattasi carne, Gesù Cristo, non conosce e fa conoscere quanto realmente nell’esistenza di ogni persona creata è il fondamento del suo respiro?

Intendo: viviamo sempre sotto lo sguardo del Padre che è provvido, che ci guida nel cammino e pone dinnanzi a noi tutto quanto di cui abbisogniamo per rendere realmente concreta la missione che, nella storia, ci è affidata?

Il prete è questo sguardo comunicato, che cammina al tuo fianco, che ti esorta e soccorre ma non ti conduce al corso sul bitcoin per investire al meglio.

Il prete che, avvolto nel mistero cui risponde con fede fondata sulla Roccia, ci dona un pane che diviene Pane, un vino che diviene Sangue di Colui che è morto per noi e che da Risorto ci investe con la luce dell’Amore trinitario, non deve spendersi nel far sì che chi lo incontra venga magnetizzato da questo mistero e lo renda ragione di vita?

Portarsi dinnanzi ad un prete per rendersi trasparenti dinnanzi all’Amore che ci ha creati e che ci fa vivere in ogni secondo della nostra esistenza, per chiedere il soccorso e non cadere più nei nostri egoismi ma scoprirsi depositari di un dono inarrivabile e gratuito di perdono, non pone il prete nella sua realtà di canale di grazia, di colui che, in tutti i frangenti, così dolorosamente intrecciati dei rapporti umani, nazionali e mondiali, dilata ad una dimensione che non desidera altro che emergere e cambiarci i…connotati? Non in dispute, non in alterchi verbali o aggressioni fisiche ma lasciando trasparire il Soffio, quello Spirito che in noi dimora ma che rischiamo di zittire, sotto il cumulo delle nostre iniziative, che crea e per noi sempre intercede con quei gemiti sempre accolti e di cui ci indica l’unica soluzione possibile.

Da soli, i credenti, non possono camminare con il passo della fede, della speranza, della carità, hanno bisogno di un padre che ne abbia ricevuto, sperimentato il dono e sappia, da fratello, condividerlo, parteciparlo. Il Pane dell’Eucaristia il prete lo porta sempre in sé e sempre può spezzarlo a tutti, perché egli, per primo, si lascia spezzare.

La veste che il prete indossa annuncia il significato di veste di lode all’Altissimo, di chi, tenta – come ben sottolineava Adrienne von Speyr – di vivere la Presenza che avvolge non solo il nostro pianeta ma tutto l’universo.

Mi si potrebbe obiettare: la concretezza di ogni giorno è ben diversa, alle prese con mille tentacoli che vogliono e possono agganciarti, appunto proprio per questo il prete deve essere libero, capace di porgere la mano, non perché egli sia o si ritenga vincitore ma perché anch’egli tenta di lasciar trasparire il mistero che lo abita e lo ha consacrato.

21 settembre Giornata Nazionale sostentamento clero / Un’Offerta deducibile per i sacerdoti per custodire il cuore delle nostre comunità

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Un gesto di riconoscenza verso i sacerdoti che ogni giorno si prendono cura delle nostre comunità. È questo l’invito che la Chiesa italiana rivolge ai fedeli in occasione della XXXVII Giornata Nazionale di sensibilizzazione per il sostentamento del clero, in programma domenica 21 settembre 2025.

I sacerdoti, oggi più che mai, rappresentano una risorsa fondamentale. Sono annunciatori del Vangelo nella concretezza della vita quotidiana, artigiani di relazioni autentiche, punti di riferimento per famiglie in difficoltà, anziani soli, giovani disorientati o in cerca di lavoro. Con discrezione e tenacia, offrono tempo, energie e ascolto costruendo reti di solidarietà e accompagnando percorsi di fede e rinascita.

“La Giornata Nazionale spiega il responsabile del Servizio Promozione per il Sostegno Economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni richiama l’attenzione sull’importanza della missione dei sacerdoti, sulla bellezza del loro servizio e sulla corresponsabilità richiesta alla comunità cattolica. È un’opportunità per esprimere gratitudine verso uomini di fede, speranza e prossimità, che ogni giorno offrono la loro vita per il bene delle comunità. Sostenerli non è solo un atto economico, ma un segno concreto di appartenenza e partecipazione ecclesiale”.

Spesso si crede, erroneamente, che l’obolo domenicale sia sufficiente a garantire il sostentamento del clero. Ma in molte realtà, queste risorse non coprono il necessario. “Fa riflettere il fatto che oggi le Offerte deducibili a favore dell’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero (ICSC) – aggiunge Monzio Compagnoni – coprono meno del 2% del fabbisogno annuale complessivo. Dietro ogni sacerdote c’è una vita interamente dedicata agli altri. E ogni Offerta, anche la più piccola, è un modo per dire ‘grazie’ e sostenere concretamente i nostri preti, permettendo loro di continuare ad essere presenza operosa nelle parrocchie”.

Le Offerte deducibili, istituite con la revisione del Concordato, oltre quarant’anni fa, rimangono ancora oggi uno strumento poco conosciuto e sottoutilizzato. Nel 2024, secondo i dati diramati dal Servizio promozione sostegno economico CEI, le Offerte raccolte, pari a 7,9 milioni di euro, hanno contribuito al sostentamento di circa 31.000 sacerdoti attivi nelle 226 diocesi italiane, inclusi 250 fidei donum – missionari nei Paesi in via di sviluppo – e 2.517 sacerdoti anziani o malati che, pur avendo concluso il loro ministero, restano testimoni di una vita spesa per il Vangelo. L’ammontare raccolto, pur significativo, resta però lontano dai 522 milioni di euro necessari a garantire una remunerazione dignitosa – attorno ai 1.000 euro mensili per 12 mesi – a ciascun presbitero.

Attraverso il sito www.unitineldono.it, è possibile effettuare una donazione in modo sicuro e semplice. Chi lo desidera, può anche iscriversi alla newsletter mensile per ricevere aggiornamenti e scoprire storie vere di sacerdoti e comunità che, da nord a sud del Paese, rendono visibile il volto della Chiesa che ama, accoglie e accompagna.

In allegato il comunicato stampa completo degli allegati relativi alla raccolta storica delle Offerte deducibili per i sacerdoti destinate all’ICSC e a tutte le modalità di versamento, e la locandina Giornata Nazionale.

Qui un articolo pubblicaro sull’agenzia Sir.

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“1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”/ Il convegno nazionale ICSC a Bologna

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Un’occasione per ricordare le intuizioni che hanno ispirato la riforma del sostentamento del clero e per interrogarsi sulle strade da percorrere per rispondere con efficacia alle esigenze della missione ecclesiale. Per celebrare il 40° anniversario della Legge n. 222 del 20 maggio 1985, dal 3 al 5 giugno 2025, a Bologna, si terrà il Convegno nazionale “1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani”, promosso dall’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero.

 

La Legge n. 222/1985 ha segnato una svolta nei rapporti tra Stato e Chiesa, dando forma a un sistema basato su autonomia, trasparenza e corresponsabilità ecclesiale. L’introduzione del nuovo assetto ha permesso di superare definitivamente l’antico modello della congrua e dei benefici ecclesiastici, promuovendo un sostegno dignitoso e uniforme a tutti i sacerdoti impegnati nel ministero pastorale.

Ad aprire i lavori, nel pomeriggio del 3 giugno, saranno S. Em.za il Cardinale Matteo Maria Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana; S.E. Mons. Luigi Testore, Vescovo di Acqui e Presidente dell’Istituto Centrale per il Sostentamento del Clero e il Dott. Claudio Malizia, Direttore Generale dello stesso Istituto.

A seguire, una tavola rotonda dal titolo: “L’attuazione del nuovo Concordato: tratti caratteristici e motivi ispiratori”, moderata da Vincenzo Morgante, Direttore di Rete TV2000 e Radio InBlu2000. Interverranno – oltre a S.E. Mons. Luigi Testore – Giulio Tremonti, Presidente della Commissione affari esteri e comunitari della Camera dei deputati, Cesare Mirabeli, Presidente emerito della Corte Costituzionale e S.E. Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari, Segretario Generale CEI.
Questa prima sessione potrà essere seguita in streaming sul canale YouTube della Conferenza Episcopale Italiana.

«Tutti i fedeli devono sentirsi responsabili e protagonisti del vivere e dell’agire nella Chiesa» afferma il Cardinale Zuppi, sottolineando che, dopo gli anni di attuazione della Legge, occorre ora «proseguire nel cammino intrapreso verificando i profili di criticità che il sistema ha registrato e i margini di aggiustamento e miglioramento».

Per Mons. Baturi, «è tempo di una creatività responsabile, radicata nel Vangelo e nella storia, che sappia rispondere alle esigenze del presente, custodendo ciò che abbiamo ricevuto come un bene prezioso, frutto di un’intuizione profetica e di una collaborazione feconda tra Chiesa e Stato. Quella stagione ci ha lasciato una lezione preziosa: il vero sostegno al ministero nasce dalla comunione, e ogni riforma autentica è sempre un atto di fedeltà, non una rottura. Tocca a noi, oggi, riappropriarcene con intelligenza, gratitudine e speranza».

«Ancora oggi – aggiunge Mons. Testore – è fondamentale continuare a parlare di sostentamento, rendere comprensibile e accessibile il sistema e stimolare la comunità cristiana a vivere con sempre maggiore consapevolezza e impegno la comunione ecclesiale».

Il Dott. Malizia evidenzia invece il legame tra competenza gestionale e vocazione ecclesiale, ricordando che «il nostro lavoro quotidiano ha un riflesso che va oltre l’ambito professionale. Ha a che fare con il senso della vita. Allora sì che diventa testimonianza».

Se per il Prof. Tremonti «quello del sostentamento è un meccanismo che non grava sul bilancio pubblico, non toglie nulla a nessuno e restituisce tanto a tutti, generando valore umano e sociale», per il Prof. Mirabelli «il sostentamento del clero è una forma concreta e visibile della comunione ecclesiale: è partecipazione, è corresponsabilità, è testimonianza di fede che si fa realtà».

Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani” quindi è più di un titolo: è un percorso. Ieri, l’intuizione coraggiosa di un modello fondato su autonomia e partecipazione, nato dal dialogo tra Chiesa e Stato. Oggi, la celebrazione di un sistema vivo, che ha saputo sostenere la missione della Chiesa anche nei momenti più complessi. Domani, la responsabilità di custodire e rinnovare quanto ricevuto, con lo sguardo rivolto al futuro e il cuore radicato nel Vangelo.

Per info e materiali: https://convegnonazionale2025.icsc.it/

 

Uniti nel Dono / Anche al quartiere Tamburi soffia il vento della speranza

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Quando si attraversa la Puglia, si capisce subito che si sta per arrivare al quartiere Tamburi di Taranto: il rosso domina il paesaggio. Ma non è il colore del tramonto, né di una pianta particolare. È il rosso delle polveri sottili che si sollevano dalla lavorazione dell’acciaio del più grande complesso siderurgico d’Europa e che nel tempo si sono sedimentate su strade e case.
Ma il quartiere Tamburi non è solo inquinamento. È anche preziosa umanità. “C’è gente perbene che fa sacrifici e, nonostante i loro problemi, non li ho mai visti arrabbiati. Anzi, sono spesso loro a dare coraggio a me. Cercano sempre di risollevarti” – racconta don Alessandro Argentiero.
Da dodici anni è presenza costante nella zona: prima come viceparroco nella parrocchia San Francesco de Geronimo e dal 2021 come parroco nella chiesa dei Santi Angeli Custodi.

Dai primi anni del 2000, il quartiere ha perso circa 10mila abitanti, fuggiti a causa dell’inquinamento, delle tossine, dei fumi. Chi è rimasto fa i conti con disoccupazione, malattie respiratorie, precarietà. Il valore delle case è crollato: oggi la media è di 697 euro al metro quadro. “Molti padri e madri sono in cassa integrazione – racconta il sacerdote –, non possono permettersi di trasferirsi né di portare i figli altrove. Chi resta si ritrova in una zona priva di servizi, senza spazi di aggregazione. La scuola e la parrocchia sono rimasti gli unici luoghi di incontro. La gente mi dice che il quartiere è sulla bocca di tutti ma nel cuore di pochi, perché, al di là dei proclami, manca ancora un piano d’intervento efficace”.

Calcio e danza
Da questa consapevolezza è nata una pastorale di presenza e accoglienza. Si è partiti con il centro di ascolto nato durante la pandemia, che pian piano è diventato un importante punto di riferimento. Le persone hanno iniziato a recarsi in parrocchia non solo per la distribuzione dei viveri, ma anche per ricevere consigli, indicazioni e chiedere come fare per risolvere questioni burocratiche. La ragione principale di questa fiducia sta nel fatto che qui non si sentono giudicate, aldilà di quale sia il proprio vissuto, sanno che c’è qualcuno disposto a offrire aiuto.

Oggi la scuola calcio permette ai bambini di incontrarsi e alle famiglie di intrecciare relazioni. Il grande salone parrocchiale, ristrutturato con i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ospita molte attività, tra cui una scuola di danza frequentata da 70 bambine. “La gente del quartiere ci ha chiesto qualcosa anche per le ragazzine – riprende don Alessandro –. Così è nata la scuola di ballo. Alcune non frequentano la parrocchia, non hanno vita sacramentale, ma noi accogliamo prima di tutto la persona, senza etichette. Vogliamo loro bene lo stesso. Questa non è la mia parrocchia, è di tutti. Si parte dall’accoglienza e pian piano la famiglia si allarga”.

Dai bambini alle famiglie
In questi anni si è passati da 30 a 200 bambini iscritti al catechismo, con una popolazione parrocchiale di 4000 abitanti. Con i bambini, anche le famiglie si sono riavvicinate. Come quella di Luigi, operaio e padre di tre figli: “Don Alessandro ha seminato qualcosa che mancava da anni. La parrocchia è diventata un’alternativa all’isolamento sociale causato dai cellulari. A casa, mia moglie ed io parliamo con i nostri figli di quello che vivono lì: uscite, incontri, momenti di preghiera…”.

Anche Michela, sua moglie, racconta con entusiasmo: “Don Alessandro non è solo un pastore, è un padre, un fratello maggiore per i nostri figli. Vanno in parrocchia volentieri, si divertono. C’è un clima sereno, gioioso. Le attività parrocchiali mostrano il buon cuore di tante persone, spazzano via i pregiudizi che gravano sul nostro quartiere. Quando entriamo in chiesa, ci sentiamo a casa”.

Il futuro si costruisce giorno per giorno. Il vecchio centro sportivo, troppo vicino all’area mineraria, è stato demolito. Ora il sogno della parrocchia è un nuovo centro polivalente: un luogo sicuro per i giovani, una casa per tutti, dove ritrovare dignità e speranza. Un quartiere che vuole ancora risollevarsi, grazie all’impegno costante e gioioso della sua gente.

(di Giacomo Capodivento, unitineldono.it)