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8xmille / Accanto ai migranti e ai rifugiati

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“Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo…trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione”. Papa Francesco, nel Messaggio per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, descrive così la sofferenza di milioni di persone che lasciano le loro case e i loro affetti.

Secondo il Rapporto Global Trends 2024 dell’Unhcr, agenzia dell’Onu per i rifugiati, negli ultimi 10 anni sono raddoppiate, soprattutto a causa di vecchi e nuovi conflitti, e a maggio erano 120 milioni.

Dal 1991, attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, la Chiesa cattolica italiana, grazie ai fondi dell’8xmille, ha cercato di accompagnarle e dare loro conforto finanziando 166 progetti specificamente a favore di migranti e rifugiati in 31 Paesi per un totale di oltre 31,5 milioni di euro.

Nell’ultimo Rapporto del “Norwegian Refugee Council” (NRC), pubblicato lo scorso 3 giugno – a ridosso della Giornata mondiale del Rifugiato delle Nazioni Unite – sono elencate le dieci crisi di sfollati più dimenticate al mondo, con numeri in aumento e bisogni crescenti. Si tratta sempre di emergenze croniche, con migrazioni, violenza, fame e mancanza di servizi essenziali.

Nove riguardano Paesi africani e una l’Honduras dove – a causa della violenza diffusa, del crimine organizzato e degli shock climatici – ben 3,2 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari. Il Paese è un punto di transito per molti migranti diretti verso il nord, di cui spesso si perdono le tracce.

La Chiesa locale da oltre 30 anni sostiene i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le famiglie nei loro bisogni fondamentali e nel richiedere il rispetto dei loro diritti. Grazie al contributo dell’8xmille, ha potuto aiutare anche tante famiglie di migranti scomparsi riunite in comitati nella costante ricerca di verità, giustizia e riparazione. Come quello di El Progres, vicino al villaggio di Guaymas, dove vive Doña Isaura, dal maggio 2004 alla ricerca di suo figlio Oscar René. Ricorda che nell’ultima comunicazione lui le ha detto di non preoccuparsi perché stava bene, stava lavorando in Messico e avrebbe cercato di tornare il prima possibile. In tutti questi anni non ha più sentito suo figlio, né la parola “Viejucha”, come lui la chiamava affettuosamente. Sin dal primo momento è stata accolta nel comitato con molta solidarietà, si è sentita parte di un gruppo. “Come madre – dice – conosco molto bene il dolore che si prova ogni giorno nel non sapere nulla di un figlio. Ma camminando insieme tutto diventa più sopportabile e prima o poi avremo delle risposte”.

Volti, testimonianze di vita, di sogni, in ogni angolo del mondo

Spesso i rifugiati sono costretti a vivere per anni, decenni, in campi profughi in condizioni precarie. Come accade a Kakuma, nel nord del Kenya, vicino al confine con l’Uganda e il Sud Sudan. “Mio marito – racconta Mary che è scappata dal Sud Sudan – è morto durante gli scontri. Una notte hanno attaccato il nostro villaggio. Allora ho preso tutti i miei figli con me, abbiamo raccolto quel poco che ci era rimasto e siamo scappati. Ho avvolto in fasce intorno al mio corpo il più piccolo che aveva pochi mesi e quello poco più grande di lui l’ho caricato sulle spalle. I cinque figli più grandi camminavano con me, cercando di rimanermi il più vicino possibile. Abbiamo camminato per mesi; ogni tanto siamo riusciti a fermarci per qualche settimana cercando di recuperare le forze, qualcosa da mangiare e soprattutto qualche soldo per continuare il viaggio. Siamo arrivati al campo di Kakuma dopo circa quattro mesi. Siamo qui da molto, la situazione non è migliorata. Ci sono molte famiglie, anche con figli disabili, e donne sole. Siamo di etnie e di aree di origine diverse, ma tutti portiamo i segni di grandi violenze subite e cerchiamo di aiutarci”.

Anche la Terra Santa è da sempre, e oggi ancor di più, teatro di violenze e di migrazioni. La famiglia di Mohammad, ad esempio, dalla Palestina è fuggita in Libano, la “Terra dei cedri”, che oltre ai campi palestinesi accoglie ancora centinaia di migliaia di rifugiati siriani. Da quando è nato Mohammad vive lì, ma sa bene che le sue radici sono in Palestina. “L’esplosione del porto di Beirut il 4 agosto del 2020 – racconta – ha spazzato via la vita e la quotidianità di moltissime persone. Nonostante le nostre difficoltà, noi rifugiati palestinesi siamo rimasti al fianco del popolo libanese in questa tragedia che si è aggiunta alla terribile crisi economica e sociale del Paese. Abbiamo lavorato mesi per aiutare la città e la sua gente a rialzarsi dal dolore e dalle macerie”.

Nel dolore e nella sofferenza fiorisce comunque la solidarietà e la Chiesa cerca di mantenere accesa la speranza nella storia di tante persone. Succede ad Ankawa, l’unico quartiere cristiano alla periferia di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Nel caldo spietato e cocente dell’estate irachena, il 6 e 7 agosto 2014, la zona è stata al centro dell’attenzione internazionale: circa 75.000 sfollati sono arrivati lì per scappare dalla furia dell’Isis. Mosul, l’epicentro degli attacchi, era a soli 85 chilometri di distanza. Nonostante la drammaticità della situazione l’arcivescovo cattolico caldeo Bashar Warda di Erbil, con determinazione, è riuscito a far crescere un grande seme di speranza, realizzando, grazie anche al sostegno della Chiesa italiana, l’Università di Erbil. Senza questa opportunità molti giovani sfollati sarebbero stati condannati alla diaspora. A dieci anni dall’avvio, oggi l’Università ha 11 corsi di laurea altamente correlati al mercato del lavoro, 590 studenti (24% musulmani, 14% yazidi), il 59% dei quali donne. “Amo l’università perché è aperta a tutti, c’è libertà di parola e fornisce un’istruzione avanzata”, dice Mohammed, uno studente musulmano. “È una comunità mista e ogni giorno apprendiamo cose nuove sentendoci arricchiti dall’incontro, dal confronto, dalla cultura degli altri”, aggiunge Almas, uno studente yazida, la minoranza etnico-religiosa di lingua curda. Con l’accreditamento universitario, osserva Rolan, studente cattolico caldeo, “potrò avere opportunità di lavoro in futuro e sviluppando nuove competenze potrò aiutare il mio Paese, sentendomi parte integrante del tessuto sociale”. L’Università è dunque un ambiente che consente ai giovani di tutte le fedi di dialogare, di studiare e vivere insieme. E apre prospettive di futuro per comunità capaci di trarre linfa dalle differenze.

8xmille / Il Vescovo di Asti: “Sempre più attenzione alle fragilità e alle persone”

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Su LaVocediAsti.it, edizione locale del quotidiano di informazione nazionale online ilnazionale.it, è stato pubblicato un articolo su come sono stati spesi i fondi dell’8xmille nella Diocesi di Asti: ambulatori, centri di ascolto e anche un laboratorio di sartoria. Alla Chiesa astigiana nel 2023 sono arrivati circa due milioni di fondi.

Senza questi fondi la nostra Diocesi farebbe fatica a sopravvivere – spiega il Vescovo Marco Prastaro – abbiamo ricevuto nel 2023 per esigenze di culto e pastorali 561.254 euro, che abbiamo utilizzato per manutenzione delle chiese, con rifacimento di impianti elettrici o di riscaldamento. Per gli interventi caritativi sono arrivati 534mila euro, circa la metà sono stati devoluti ai centri di ascolto, mentre 120 mila sono stati devoluti alla Caritas”. 1.045.968 di euro i fondi invece destinati al sostentamento del clero.

Tra le opere sicuramente più importanti messe in campo dalla Diocesi di Asti nel 2023, l’inaugurazione dell’ambulatorio Fratelli Tutti, aperto lo scorso novembre alla presenza del presidente della CEI, il Cardinale Matteo Zuppi.

“Sono serviti 110mila euro per far partire la clinica Fratelli Tutti, tra opere di eliminazione delle barriere architettoniche e spese vive” spiega la dottoressa Tiziana Stabbione, responsabile della pastorale della Salute. Il costo dei farmaci, che forniamo gratuitamente, è quasi tutto non mutuabile: sono 71 le visite effettuate da gennaio tra cui molte prestazioni oculistiche, soprattutto verso i bambini.

Una goccia nel mare, perché la struttura, che lavora con medici convenzionati e si trova di fronte ad un gran numero di richieste da soddisfare, ha importanti costi di gestione. “Una gran parte del nostro budget viene utilizzato per le protesi dentarie – continua la responsabile – spesso questo viene visto come l’ultimo problema, ma il non mangiare in un modo corretto fa sì che spesso sopraggiungano altri problemi “.

Qui l’articolo completo.

 

Per lo sviluppo dei popoli / Con l’8xmille il futuro comincia a scuola

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Garantire un’adeguata formazione ai piccoli e ai giovani poveri e svantaggiati, a qualunque latitudine, è una priorità per la Chiesa in Italia. Sono numerosi infatti i progetti che, grazie all’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, possono essere realizzati anche in Paesi provati dalla guerra e dalle calamità naturali, o in contesti difficili. Nel corso della riunione del 24 e 25 maggio, il Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli ha approvato 83 nuovi progetti, molti dei quali puntano alla costruzione di scuole e all’educazione dei giovani. È stato deciso lo stanziamento di € 14.990.219, che permetterà di concretizzare 36 iniziative in Africa (€ 7.771.749), 21 in America Latina (€ 3.110.186), 24 in Asia (€ 3.788.154), 1 in Europa (€ 139.945) e 1 in Medio Oriente (€ 180.185).

Tra i progetti più significativi sul fronte educativo spiccano quelli che vedranno la luce in Africa e in America Latina. In Uganda, per dare un futuro al villaggio di Paimol, situato a 150 km da Gulu – dove l’80% dei bambini non va a scuola e i restanti percorrono anche 5 km a piedi per raggiungere quella più vicina – le Little Sisters of Mary Immaculate of Gulu costruiranno dieci aule, così da offrire spazi adeguati ai 1.220 alunni, attualmente sistemati in strutture di legno e paglia. In Burundi, a Bubanza, le Suore Bene-Tereziya, amplieranno la scuola “Notre Dame de la Paix” con la costruzione di una cucina, un refettorio e una sala polivalente; in Ciad, la Diocesi di Doba realizzerà otto nuove aule nel Polo Scolastico “Saint Francois de Sales”, gestito dai Missionari di San Francesco di Sales, per consentire all’edificio di accogliere fino a 440 studenti vulnerabili e svantaggiati.

In Brasile, nello Stato del Maranhão, le Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori, per offrire a bambini e adolescenti un’educazione di qualità ristruttureranno la scuola “Farina do Brasil”, oltre ad allestire un laboratorio informatico e a promuovere attività extra scolastiche per la creazione di imprese digitali verdi e la valorizzazione della musica, degli strumenti indigeni, dello sport e della danza. In Bolivia l’Associazione Volontari Italiani Solidarietà Paesi Emergenti ETS lavorerà per migliorare le condizioni di vita e le prospettive future dei giovani di Batallas, che a 3800 metri di altezza conta circa 20mila abitanti sparsi in 79 comunità.

In Indonesia, le Ancelle Eucaristiche realizzeranno un nuovo edificio scolastico per accogliere un maggior numero di bambini rispetto agli attuali 100 che frequentano i corsi.

Un’attenzione particolare sarà riservata alle persone vulnerabili e con disabilità: in Libano, ad esempio, la Diocesi di Saida svilupperà e sosterrà il Centro “Bechara Hayat” che offre assistenza alle persone con disabilità e alle loro famiglie.

In Argentina, la Diocesi di Rioja realizzerà un centro per il recupero e la riabilitazione di persone affette da dipendenze, specialmente da sostanze psicoattive.

Non mancherà poi un’azione a sostegno dell’agricoltura e dello sviluppo delle popolazioni. In Cameroun, la Diocesi di Bafia interverrà su un territorio degradato dall’alta pressione demografica e da una diffusa deforestazione, per rafforzare le pratiche agro-pastorali e migliorare così la qualità del suolo, aumentare la biodiversità e fornire ulteriori fonti di reddito alle comunità agricole della zona. In Kenya, l’Associazione Mani Tese Ong Onlus promuoverà un’agricoltura sostenibile, creando piccole attività imprenditoriali e coinvolgendo la popolazione più giovane nella lavorazione dei prodotti derivati dal latte.

In Guatemala, l’Istituto per la Cooperazione Universitaria Onlus sosterrà l’indipendenza economica delle donne attraverso l’offerta di corsi di tessitura, cucina regionale, abbigliamento tradizionale, leadership e gestione d’impresa.

In India, il Tiruchirappalli Multipurpose Social Service Society proporrà iniziative di agricoltura biologica per rafforzare la resilienza dell’agricoltura e favorire lo sviluppo delle piccole aziende in alcuni distretti dello Stato del Tamil Nadu, che ha solo il 3% delle risorse idriche del Paese. In Albania, infine, i Volontari nel Mondo RTM, in collaborazione con la Diocesi e la Caritas di Sapa, garantiranno formazione e attrezzatura a 38 aziende agricole familiari di apicoltori.

L’impegno della Caritas di Fossano contro lo spreco alimentare grazie all’8xmille

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ul settimanale diocesano del Fossanese online lafedeltà.it è stato pubblicato un articolo molto interessante contro lo spreco alimentare (di Marianna Mancino).

È un dovere morale non sprecare i doni della provvidenza e della natura”. Esordisce così Nino Mana, responsabile della sezione Caritas di Fossano nel raccontare i principi alla base del progetto “Raccolta alimentare contro lo spreco”, nato nel 2011 utilizzando i contributi dell’8xmille (qui le indicazioni su come firmare per la Chiesa cattolica).

Proprio grazie a questi fondi, tredici anni fa, la Caritas diocesana ha cominciato a coniugare il compito di aiutare persone e famiglie in situazioni di disagio con la lotta allo spreco alimentare. Nel tempo è riuscita a strutturarsi in modo sempre più dinamico e articolato per garantire l’efficienza e la continuità di un sistema piuttosto complesso da gestire.

C’era bisogno di innescare un circolo virtuoso per veicolare le eccedenze alimentari in capo a esercizi commerciali e grande distribuzione in favore di coloro che si trovano in difficoltà temporanea o di più lunga durata, evitando che queste preziose ‘risorse di giustizia sociale’ andassero sprecate. L’uomo investe energia, sfrutta la natura, produce scarto e inquinamento per esigenze di mercato; cercare di arginare questo fenomeno per trasformarlo in opportunità è un fine a cui abbiamo deciso di puntare con perseveranza”.

Una sfida non da poco che ha richiesto la messa a punto di un metodo capillare di raccolta e redistribuzione sul territorio. Il primo passo fu ‘andare a suonare il campanello’ presso i  punti vendita del Mercatò: “Fummo accolti cordialmente dalla dirigenza che, dopo le prime titubanze e anche grazie alla mediazione di Bartolo Bogliotti (allora ispettore Dimar), accolse il nostro invito” .

Di pari passo la gestione burocratica del progetto fu affidata al Banco alimentare, coordinato fino al 2023 da Silvio Vola e poi da Lino Grasso. La Caritas acquistò un Doblò di seconda mano, lo adattò eliminando i sedili posteriori (Nino sorride nel ricordarlo) e con l’ausilio di volontari cominciò ad effettuare le prime operazioni di raccolta e distribuzione di cibi prevalentemente confezionati. “A giorni alterni consegnavamo i viveri ai Centri d’ascolto delle sei parrocchie fossanesi. A loro spettava poi il compito di preparare le borse alimentari e destinarle ai nuclei in difficoltà di cui erano a conoscenza”.

Dopo pochi mesi, Mana riuscì a coinvolgere anche Dario Armando, titolare degli Orti del Casalito. “Fu il dialogo con un pediatra a farci riflettere sull’importanza di reperire anche frutta e verdura, poiché nel corso delle sue visite stava riscontrando numerosi casi con patologie che credeva ormai sconfitte, dovute a un’alimentazione povera, carente di sostanze e vitamine necessarie alla salute dei bambini. Anche in questo caso riuscimmo a vincere le resistenze iniziali dei commercianti avviando una sperimentazione di due settimane: non ci siamo più fermati”.

Ben presto il giro si allargò fino a coinvolgere quasi tutti i supermercati della città: Lidl, Eurospin, Aldi, Presto Fresco, alcuni negozi e rivendite, ma è stata la nascita dell’Emporio in via Matteotti, nel 2016, a creare una svolta decisiva. “Sollevando i Centri ascolto delle parrocchie da un impegno sempre più arduo e gravoso, abbiamo voluto offrire alle famiglie la possibilità di scegliere gli alimenti, secondo le diverse abitudini e tradizioni gastronomiche, favorendo anche un percorso consapevole contro la cultura dello spreco. Inizialmente siamo partiti con la registrazione di 170 nuclei familiari: oggi sono circa 230, circa un migliaio tra anziani, adulti, giovani e bambini che cerchiamo di sostenere”. Numeri che sono cresciuti negli anni anche in territori considerati a minor rischio di povertà come il nostro (la Caritas di Fossano opera anche su Genola e Levaldigi).

Nell’Emporio, aperto dal lunedì al venerdì, sono disponibili, oltre ai prodotti confezionati, alimenti freschi, frutta, verdura, pane e surgelati. L’attività è gestita da una dipendente, da cinque tra volontari e persone che svolgono lavori socialmente utili e da una ragazza titolare di un tirocinio per l’inserimento lavorativo promosso dal Consorzio Monviso solidale. Il gruppo riceve, seleziona e dispone sugli scaffali le eccedenze che quotidianamente altri tre incaricati ritirano da negozi e supermercati con una furgonetta che nel frattempo ha sostituito il Doblò.

In convenzione con il Comune ritiriamo, in media, una quarantina di pasti al giorno dalle scuole e li consegniamo al Condominio solidale Divina Provvidenza che, con un sistema ben collaudato di prenotazione a rotazione, riesce a recapitarli quotidianamente”.

Da diversi anni, inoltre, grazie ad un’altra convenzione con l’Amministrazione comunale, la Caritas fornisce quotidianamente 15 pasti preparati dalla mensa scolastica per il ristoro serale aperto presso il convento dei Francescani. Durante i fine settimana, le festività ed il periodo estivo è la mensa della Gesac a garantire la copertura del servizio. L’attività non ha subìto battute d’arresto neppure durante la pandemia.

La volontà dei cittadini che ogni anno scelgono di destinare l’8xmille a favore di enti del terzo settore – conclude Mana – ci dà la possibilità di sviluppare programmi di sostegno e di solidarietà per le fasce più fragili della società e per il bene comune. Sono soldi pubblici che possono essere indirizzati a chi opera sul territorio e consentono ai donatori di verificare sul campo la sostenibilità e il successo delle attività intraprese”.

Online il Rendiconto 2023 dell’8xmille

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È disponibile on line il “Rendiconto 2023 dell’8xmille alla Chiesa cattolica”, che spiega – in maniera organica, con dati e testimonianze – come stati utilizzati i fondi dell’8xmille, negli ambiti previsti dalla legge: culto e pastorale, interventi caritativi in Italia e nei Paesi in via di sviluppo e sostentamento dei sacerdoti.

Il Rendiconto, afferma Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI, è “uno strumento necessario e fondamentale ai fini della trasparenza”, ma è anche “un dovere di educazione dei fedeli e un impegno di testimonianza della Chiesa”. “È doveroso raccontare la bellezza di ciò che accade nelle grandi città, nei piccoli centri e nelle periferie più povere”, osserva il Segretario Generale precisando che sarebbe “riduttivo” accostarsi a quanto realizzato “con il piglio aritmetico”, in quanto “nelle tabelle riportate ci sono sicuramente dati e percentuali, ma c’è anche quel ‘di più’ che va ricercato dentro e oltre questi numeri”.

I fondi dell’8xmille, ricorda infatti Mons. Baturi, diventano un volano per incrementare le attività di welfare comunitario, contrastando il degrado sociale e costruendo reti di amicizia e solidarietà importantissime; attivano le energie locali in termini di volontariato e di corresponsabilità; sollecitano la creatività delle comunità ecclesiali a favore dei bambini, degli ultimi, dei migranti, di chi non ha un tetto o un lavoro, di chi è vittima della tratta e di chi, dall’oggi al domani, si ritrova in condizioni di disagio; salvano vite umane, laddove guerra, catastrofi naturali ed emergenze causano morte, danni e malattie”.

Per il Segretario Generale, il documento è anche “lo specchio della forza e della capacità di tessere relazioni delle nostre Diocesi e parrocchie, dell’impegno con cui i sacerdoti si prendono cura delle comunità a loro affidate e le accompagnano, di ciò che la Chiesa è e di ciò che la Chiesa fa”.

Città di Castello / Parrocchia San Donato in Trestina: con l’8xmille il nuovo oratorio è realtà

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La notizia sul sito della Diocesi che descrive l’evento come un bellissimo momento per tutta la comunità parrocchiale.

Un giorno speciale
Sabato 25 maggio alle ore 15.30 il Vescovo Mons. Luciano Paolucci Bedini benedirà gli spazi destinati all’oratorio nella parrocchia di Trestina. Con questo atto viene riconsegnato alla comunità parrocchiale uno spazio che negli ultimi anni ha subito importanti lavori di ristrutturazione resi possibili grazie al contributo della Conferenza Episcopale Italiani che ha erogato 485.200,00 euro dai fondi dell’8xmille.

Un sogno che diventa realtà
Costruire un grande Oratorio a Trestina è un sogno che risale al lontano 2019. È nato così, senza pensarci molto, quasi crescendo dentro i giovani ed i ragazzi che vivevano l’oratorio giorno per giorno. I giovani avevano bisogno di un luogo dove sentirsi a casa, un luogo dove vivere quotidianamente con una grande famiglia, un luogo più grande di quello esistente che si era fatto troppo piccolo. Due stanze ed un solo bagno erano troppo pochi per i tanti utenti del servizio fornito dalla parrocchia a tutta la frazione tifernate. Anche la struttura parrocchiale necessitava di un restyling, avendo più di 50 anni di vita.

I lavori finanziati dall’8xmille
Sono stati realizzati lavori di abbattimento delle barriere architettoniche, è stata ridefinita la divisione interna degli spazi e adeguato l’impianto igienico e sanitario in quanto non più rispondente alla normativa vigente in materia, sono stati realizzati lavori di consolidamento e risanamento di alcuni locali e di tutte le componenti travi e pilastri in cemento armato a vista. I lavori hanno subito numerosi intoppi, primo fra tutti quello causato dalla lunga emergenza sanitaria del Covid. Dopo 5 anni, possiamo affermare che il sogno si è realizzato.

8xmille / L’intervista a Monzio Compagnoni per Radio Vaticana

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Condividiamo l’intervista che Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio CEI Promozione Sostegno Economico alla Chiesa, ha rilasciato qualche giorno fa a Lavinia Sdoga per vaticannews.va dal titolo 8xmille, il motore portante dei progetti di carità.

Segue anche la testimonianza di Laura Ballerini, Fundraising and Communication Coordinator de “La Salle Foundation.

Condomini solidali, centri accoglienza, poliambulatori, stanziamenti in occasione di catastrofi naturali ed emergenze umanitarie. Sono solo alcuni dei progetti messi in campo dalla Chiesa Cattolica italiana per rispondere ai bisogni delle fasce più deboli in tutti i continenti. Progetti per i quali è imprescindibile il sostegno dell’8xmille che – dal 1990 – ha realizzato più di 8mila interventi in Italia e nel mondo. Massimo Monzio Compagnoni descrive le opere svolte e gli aiuti messi in campo.

Progetti e finanziamenti: i numeri
“La Chiesa Cattolica rappresenta un fortissimo welfare sussidiario a quello dello Stato, anche se spesso non ne siamo consapevoli”, spiega Monzio Compagnoni. In effetti, solo nel 2023, sono stati 243milioni i fondi raccolti dall’8×1000 per la realizzazione di interventi, di cui 80 sono stati destinati a progetti realizzati non in Italia. Gli interventi – tutti diversi tra loro ma con il fine ultimo di fare del bene e supportare la carità – sono andati a sostegno degli anziani, dell’educazione di minori, dell’accoglienza per le vittime di violenza, del supporto ad adolescenti in condizione di fragilità.

La necessità di trasparenza
Negli ultimi anni, sebbene le donazioni alla Chiesa Cattolica siano rimaste stabili, le firme dell’8xmille sono diminuite. “Specialmente nel 2020, a causa dell’emergenza pandemica, si è registrato un forte calo delle adesioni – prosegue Monzio Compagnoni – il che sta mettendo a rischio la realizzazione dei nostri progetti”. Per la soluzione di questo problema, dunque, diviene sempre più necessario garantire una trasparenza. Tutti i fondi dell’8xmille, infatti, devono essere rendicontati e controllati dallo Stato, affinché, come spiega Compagnoni, “tutti possano sapere come vengono impiegati i soldi e siano disposti a donare”.

Il nuovo progetto in Sri Lanka
Tra i vari interventi messi in campo, l’ultimo realizzato è stato il nuovo ostello costruito nel centro costiero di Mannar, una delle aree più fragili nel nord dello Sri Lanka. “Grazie agli oltre 650mila euro provenienti dall’8xmille, abbiamo potuto edificare un nuovo dormitorio per studenti e insegnanti, sostituendo quello preesistente, ormai cadente e insalubre”, spiega Laura Ballerini, Fundraising and Communication Coordinator de ‘La Salle Foundation’, dall’istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane La Salle. Gli ospiti della struttura – oggi cinquanta ma che saliranno a ottanta dal prossimo anno scolastico – sono tutti quei ragazzi ai quali le eccessive distanze e le difficoltà di spostamento, rendevano impossibile raggiungere la scuola. Il nuovo ostello potrà accoglierli, offrire loro un letto in cui dormire, un pasto caldo, una scrivania dove studiare, garantendo così la possibilità di proseguire gli studi.

“La Salle Foundation”
“La Salle Foundation”, organizzazione no profit fondata dall’istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane La Salle, porta avanti progetti caritatevoli per offrire opportunità educative a bambini e ragazzi nati in contesti di estrema fragilità. “Operiamo in Sri Lanka da ben settantacinque anni – conclude Laura Ballerini – abbiamo scuole e strutture d’accoglienza diffuse nell’intero territorio, in cui educhiamo e formiamo i giovani meno fortunati della comunità locale. Per portare avanti la nostra azione, il sostegno dell’8xmille è fondamentale”.

 

Myanmar: in un Dossier l’impegno della Chiesa italiana

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Restare accanto a quanti soffrono, sostenere le comunità locali, incoraggiare i giovani con iniziative nel campo educativo e professionale, promuovere un processo di riconciliazione. Sono queste le principali sfide che la Chiesa si trova ad affrontare in Myanmar, un Paese alle prese con una crisi politica prolungata, con scontri e violenze tra le truppe del governo militare e gruppi etnici armati, con milioni di sfollati e ingenti danni provocati dalle calamità naturali. A questo si aggiunge la drammatica situazione dei Rohingya, i musulmani del Rakhine, rifugiati nei campi profughi in Bangladesh da dove molti cercano di fuggire, spesso perdendo la vita.

Dopo quello su Haiti, il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in collaborazione con l’Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali, presenta il nuovo Dossier “Myanmar, abbracciare l’alba della pace” che racconta, attraverso dati e testimonianze, l’impegno della Chiesa in Italia. Sul campo operano religiose, sacerdoti e volontari che, con i Vescovi, cercano ogni giorno di ravvivare la speranza e lo spirito di solidarietà tra la popolazione cattolica e non. In Myanmar “viviamo una Via Crucis permanente, una realtà dolorosa e ferita”, denuncia Il Card. Charles Maung Bo, Arcivescovo di Yangon, Presidente della Conferenza episcopale del Myanmar e della Federazione della Conferenza episcopale asiatica, in un’intervista pubblicata sul Dossier.

Dal 1991, la Chiesa in Italia ha sostenuto interventi in Myanmar per circa 23 milioni di euro, inclusi i 4,5 milioni di euro provenienti direttamente da Caritas Italiana per attività in vari settori. Nello specifico, sono stati 238 i progetti approvati dalla CEI attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli. Grazie ai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, “con quasi 18,5 milioni di euro – spiega il Dossier – si è potuto intervenire in diversi settori, in particolare accoglienza, istruzione e accompagnamento principalmente di bambini e ragazzi, assistenza, formazione e sensibilizzazione in ambito sanitario, sviluppo integrato economico e sociale a favore delle comunità rurali, promozione della microimprenditorialità, agricoltura, riforestazione. Significativo l’impegno per percorsi di uscita dalla tossicodipendenza e per attività di sostegno e inclusione comunitaria dei disabili. Così come le risposte a situazioni di emergenza quali l’assistenza umanitaria ai più vulnerabili, interventi di aiuti d’urgenza per calamità naturali e di riduzione del rischio da fenomeni alluvionali”.

“Le testimonianze e i germi di speranza, fatti crescere e coltivati da uomini e donne consacrati e laici, sono lo spettacolo della gioia del Vangelo che vince le brutture della violenza, dell’odio e dell’inimicizia”, sottolinea Mons. Andrea Ferrante, Incaricato d’Affari presso la Nunziatura Apostolica in Myanmar, che, in un intervento a corredo del Dossier, ringrazia “la Conferenza Episcopale Italiana e tutti gli italiani che destinano l’8xmille alla Chiesa cattolica. Questi contributi – afferma – sono un segno di speranza sia per l’aspetto materiale, ma soprattutto perché segno dello spirito solidarietà, di fraternità e di comunione tra popoli e tra comunità ecclesiali”.

5 maggio: Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica / Una firma, migliaia di gesti d’amore

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Domenica 5 maggio torna la Giornata Nazionale dell’8xmille alla Chiesa cattolica. Nelle circa 25.500 parrocchie del Paese, infatti, ai fedeli sarà ricordato che il sostegno economico della Chiesa è affidato a loro e che la firma per la destinazione dell’8xmille del gettito Irpef è uno degli strumenti essenziali.
Anche quest’anno la Conferenza Episcopale Italiana ripropone lo slogan lanciato lo scorso anno: “Una firma che fa bene”. Un’affermazione declinata su una serie di piccoli o grandi gesti di altruismo, che non fanno sentire bene solo chi li riceve, ma anche chi li compie.

“Una comunità cresce ed è viva quando può contare sul contributo di ciascuno – osserva Mons. Ivan Maffeis, Presidente del Comitato per la promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica –: la corresponsabilità passa anche dalla firma sulla dichiarazione dei redditi, che esprime appartenenza, fraternità effettiva e condivisione”.

“Grazie ai fondi 8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica – aggiunge – i territori delle diocesi e delle parrocchie che sono in Italia possono far tesoro di risorse che vanno a beneficio di tutti, indistintamente. Gli interventi spaziano dalle iniziative di accoglienza e solidarietà delle Caritas alle strutture educative, sportive e formative dei nostri Oratori; dagli interventi di restauro e valorizzazione delle nostre chiese al sostegno della missione dei sacerdoti”.

Solamente nell’anno 2023 sono stati assegnati oltre 243 milioni di euro per interventi caritativi (di cui 150 destinati alle diocesi per la carità, 13 ad esigenze di rilievo nazionale di cui circa la metà destinati a Caritas Italiana e 80 ad interventi a favore dei Paesi più poveri). Accanto a queste voci figurano 403 milioni di euro per il sostentamento degli oltre 32 mila sacerdoti che si spendono a favore delle comunità e che sono spesso i primi motori delle opere a sostegno dei più fragili. E oltre 352 milioni di euro per esigenze di culto e pastorale, voce che comprende anche la tutela dei beni culturali ed ecclesiastici anche con interventi di restauro per continuare a tramandare arte e fede alle generazioni future oltreché sostenere l’indotto economico e turistico locale.

La firma non costa nulla al contribuente ed è un diritto di tutti coloro che percepiscono un reddito: chi presenta il 730, chi presenta il modello Redditi, ma anche chi possiede unicamente redditi di pensione, di lavoro dipendente o assimilati e non è obbligato a presentare alcuna dichiarazione. Anche questi ultimi, infatti, possono esprimere la propria preferenza per la destinazione dell’8xmille utilizzando il modulo messo a disposizione dall’Agenzia delle entrate e disponibile qui.

A breve, così come ogni anno, verrà pubblicato sui siti www.8xmille.it e https://rendiconto8xmille.chiesacattolica.it/ il rendiconto dettagliato di tutto il denaro utilizzato nell’anno precedente. Firmare è dunque una scelta di responsabilità per ogni credente, ma spesso lo è anche da parte di chi non crede, perché sa che quelle risorse vengono utilizzate per il bene di tutta la comunità, cattolica e non, e poi rendicontate. Solamente nel 2022 (secondo gli ultimi dati disponibili) sono stati oltre 11 milioni e mezzo i cittadini che lo hanno fatto. Potranno essere ancora molti di più, nella misura in cui le comunità cristiane faranno la propria parte attivamente affinché ciascuno eserciti responsabilmente questo diritto di scelta.

Per informazioni sulle modalità di firma: www.8xmille.it/come-firmare/

Dall’acqua e dalla terra vita e sviluppo grazie all’8xmille

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Solo nello scorso anno i progetti di accesso all’acqua e di sviluppo sostenibile per favorire l’agricoltura biologica e migliorare la sicurezza alimentare e nutrizionale che la CEI ha finanziato grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica sono stati 51 in 22 Paesi per 4,8 milioni di euro. Complessivamente dal 1996 ad oggi in tutto il mondo sono stati sostenuti 651 progetti in ambito agricolo per 47 milioni di euro.

Le testimonianze

“Prima avevamo un negozio nel villaggio di Pan Koy e l’attività agricola era scarsa. Dopo aver frequentato il corso di agricoltura ho iniziato io stesso a coltivare colture a lungo termine come il tè, le prugne damson, la mela selvatica, il caffè, le noci di macadamia e l’avocado. Ora ho piantato 5.000 piante di tè, 2.000 piante di caffè, 30 piante di prugne damson, numerose piante di noci di macadamia e avocado. Finalmente ho un reddito annuo”. Quasi si commuove U Ar Do, 56 anni, che vive con la moglie e i suoi quattro figli nel villaggio di Pan Koy, nella zona di Kyaing Tong in Myanmar. In quell’area è particolarmente forte la piaga della deforestazione. Nei villaggi rurali il legno è infatti utilizzato come combustibile per cucinare e per il riscaldamento; anche in città più grandi come Kyaing Tong il 90% delle famiglie ancora usa il legno per cucinare o per attività produttive come l’essiccazione del thè. A questo si aggiunge il traffico di thek, legno pregiato che cresce proprio in queste foreste. Non esiste alcun piano per la gestione delle foreste che regoli il disboscamento. Se da un lato è difficile agire a livello globale, è però indispensabile ridurre l’impatto della deforestazione attraverso semplici azioni all’interno dei villaggi. Proprio questo è lo scopo del progetto avviato nel 2014 in Myanmar da New Humanity International, fondata dal Pontificio Istituto Missioni Estere (Pime). Un intervento sostenuto anche dalla Chiesa italiana per offrire alla popolazione locale colture alternative efficaci e salvaguardare così il patrimonio forestale.

Sono stati avviati training agricoli – come quello frequentato da U Ar Do – per promuovere queste colture, oltre che buone prassi agricole, tecniche per la prevenzione dell’erosione del suolo, allevamento sostenibile.

I training sul possesso delle terre sono una componente fondamentale per permettere ai contadini di diventare i legali proprietari delle terre che coltivano e contrastare così anche il fenomeno del “land grabbing”. Parallelamente, il progetto prevede la gestione di vivai per la distribuzione di piante per la riforestazione, il rimboschimento di aree specifiche (precedentemente disboscate per la coltivazione e poi abbandonate) e la costituzione di gruppi di “Preservazione forestale” nei villaggi. Finora hanno beneficiato del progetto 42 villaggi, 386 agricoltori, sono state distribuite 151 mila piantine, 65.500 talee e sono stati piantati 7.860 alberi da frutto.

I dati globali, tuttavia, registrano un aumento dello sfruttamento delle materie prime e delle risorse a danno dei diritti umani e dell’ambiente. Secondo il VI Rapporto “I padroni della terra” curato dalla Focsiv, nel 2022 sono stati 26,1 milioni di ettari le terre accaparrate, pari a oltre 260 mila chilometri quadri. Quattrocentouno persone che lottavano in difesa delle comunità, dei popoli indigeni e della natura sono state uccise in 26 Paesi e altre 1.500 minacciate, violentate o detenute. È aumentato il tasso di deforestazione, il numero di incendi e la percentuale di terre destinate all’agribusiness e all’allevamento. Ciononostante, esistono, anche se fanno meno rumore, molte iniziative concrete in risposta al “grido della terra” – come quella realizzata in Myanmar – con cui si afferma la capacità di cambiare insieme, come comunità. Sono molteplici e spesso arrivano proprio dalle zone più povere. Da quello che Papa Francesco nel II Incontro mondiale dei movimenti popolari (2015) ha definito “popolo in movimento”, che ha saputo convertire la passione in azione comunitaria: “quel torrente di energia morale che nasce dal coinvolgimento degli esclusi nella costruzione del destino comune” (Fratelli tutti, 169).

Anche Jeanne – come U Ar Do – grida il suo “Finalmente!”. “Finalmente abbiamo acqua pulita!” Traspare soddisfazione dalle sue parole in occasione della consegna ufficiale della rete idrica realizzata in Burundi grazie al progetto “Acqua fonte di vita e sviluppo” portato avanti da Amu (Azione per un Mondo Unito) e Casobu (Cadre Associatif des Solidaires du Burundi), con il sostegno della CEI. Tra danze, canti e i discorsi di inaugurazione, è stata una giornata che ha segnato un punto di svolta per lo sviluppo delle comunità di Butezi e Ruyigi.

“Da quando abbiamo l’acqua potabile nel villaggio – prosegue – sono più serena. I miei figli non devono più svegliarsi presto al mattino per andare a prendere l’acqua al fiume, sia per la scuola che per casa e seguono le lezioni con più attenzione. E anche io non sono più costretta a trasportare grandi quantità di acqua sulle spalle. Senza acqua, inoltre, per fare il bucato dovevo portare gli abiti alla sorgente, lavarli e poi tornare a casa. Ci voleva molto tempo. Adesso, invece, anche cucinare e lavare i piatti è diventato più facile, mi basta fare un salto alla fontana, che è proprio vicina a casa mia”.  Con orgoglio aggiunge: “Grazie anche ai comitati di gestione siamo consapevoli che noi, donne e uomini della collina di Ruyigi, siamo ora i custodi di questo bene comune. L’acqua potabile ci appartiene e per questo dobbiamo proteggere questo patrimonio ricevuto”. Sta proprio qui il valore aggiunto del progetto: partecipazione, solidarietà e corresponsabilità, perché nessuno resti indietro. Un progetto che nel complesso riguarda l’ampliamento della rete idrica per raggiungere tutte le comunità della zona e nelle colline di Nombe, Nyarunazi e Kigamba/Rubaragaza, la ristrutturazione della rete di approvvigionamento di acqua potabile a Karaba-Misugi-Kigamba, la realizzazione di servizi igienici ecologici presso la scuola elementare di Nombe.

Il Burundi è uno dei Paesi più poveri al mondo, con quasi il 65% della popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà. L’accesso all’assistenza sanitaria è negato alla maggior parte della popolazione e solo l’1% può permettersi un’assicurazione privata. In questo quadro l’acqua potabile diventa fondamentale, così come l’utilizzo di servizi igienici. I punti di forza di questa azione sono il coinvolgimento della popolazione nei lavori e la formazione di comitati locali per la cura e conservazione delle sorgenti e per la manutenzione delle infrastrutture realizzate. Sono previste inoltre attività per sensibilizzare e aiutare i beneficiari a strutturarsi in una mutua sanitaria di comunità o unirsi a mutue sanitarie di comunità esistenti. Con questo progetto, quasi 8 mila persone sono state raggiunte dall’acqua potabile a Ruyigi e di queste oltre 3 mila sono studenti. Ad esempio, nella scuola di Nombe, grazie alla costruzione di un acquedotto di 25 km, sono state realizzate delle fontanelle. Ma l’esperienza davvero innovativa è stata l’attivazione di servizi igienici ecologici che, con adeguati trattamenti e la formazione di allievi e insegnanti sulla corretta gestione, consentono il riutilizzo del materiale organico in agricoltura. Un altro piccolo ma significativo contributo alla sostenibilità ambientale nella prospettiva di un’ecologia integrale. Perché, come ricorda Papa Francesco nella Laudate Deum, “le istanze che emergono dal basso in tutto il mondo, dove persone impegnate dei Paesi più diversi si aiutano e si accompagnano a vicenda, possono riuscire a fare pressione sui fattori di potere”. E aggiunge che occorre una visione più ampia, in un’ottica maggiormente inclusiva delle forze della società civile, “un multilateralismo dal basso e non semplicemente deciso dalle élite del potere” per reagire con meccanismi globali alle sfide “ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei diritti umani più elementari, dei diritti sociali e della cura della casa comune”.