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L’idea di un catechismo realizzato con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, è un segno di una nuova sensibilità della Chiesa verso la disabilità. Don Carlo Geraci, parroco di Santa Maria della Pietà a Prato e responsabile dell’Ufficio catechistico diocesano, ci racconta come è nata questa esperienza.
“Il nostro percorso di Caatechismo, noi lo chiamiamo così, non è pensato per i bambini e i ragazzi disabili, ma è rivolto a tutto il gruppo. Il suo obiettivo è includere, non escludere”. Don Carlo racconta così le radici del catechismo realizzato con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa (CAA), da qui il gioco di parole, che nel gennaio 2023 è arrivato al terzo volume, dedicato alla preparazione della Comunione. “L’idea è nata nel 2018 da un’esigenza riscontrata sul campo – ricorda il sacerdote – c’era un gruppo di genitori con bambini con bisogni comunicativi complessi che utilizzava la CAA per i loro figli e abbiamo pensato che fosse importante proporre qualcosa per tutti”.
Da questa esigenza e dallo sforzo di alcuni genitori e catechisti delle parrocchie della Resurrezione e di Sant’Ippolito in Piazzanese a Prato è nato il primo volume, dedicato all’iniziazione cristiana, pubblicato nell’ottobre 2018, a cui ne è seguito un secondo in preparazione del sacramento della Confessione. “Il percorso per la creazione del catechismo in CAA – spiega don Carlo – parte dai materiali della Conferenza Episcopale Italiana e da una riflessione sui contenuti, che sono gli stessi per tutti, ma con un linguaggio adattato all’età dei ragazzi e delle ragazze. Successivamente si passa alla trascrizione nella Comunicazione Aumentativa e Alternativa”. “La CAA – precisa don Geraci – è un linguaggio che viene utilizzato per persone con bisogni comunicativi complessi. Si basa su pittogrammi, che vengono creati con un programma, nel nostro caso AraWord, completamente gratuito e libero da copyright”.
Una nuova possibilità di comunicazione, sulla quale è importante formarsi. “Non abbiamo fatto formazione a tappeto – dice il parroco – ma abbiamo organizzato incontri per dare gli strumenti di base. Quando si usa la CAA si lavora in gruppo, con sacerdoti, catechisti e genitori”.
“La nostra catechesi – spiega don Carlo – è un’occasione di crescita per il gruppo. Aiuta a sperimentare l’accoglienza e dà vita spesso a dei percorsi bellissimi”. L’idea di un catechismo realizzato con la Comunicazione Aumentativa e Alternativa, è un altro segno di una nuova sensibilità della Chiesa verso la disabilità. “In passato– racconta il sacerdote toscano – qualcuno pensava che per ragioni diverse per le persone con disabilità non fosse necessaria una catechesi. Ora invece è stato creato un ufficio apposito per loro. In passato era come se ci fosse una sorta di gap, c’erano i ragazzi con disabilità a scuola, ma non erano in molti quelli che poi frequentavano l’oratorio. Ora si sta lavorando per colmare questo divario”.
La strada del catechismo in CAA realizzato dalla Diocesi di Prato, i cui materiali sono utilizzati in parrocchie di tutta Italia, però non è ancora completo. “In futuro – conclude don Carlo Geraci – vogliamo concludere il percorso, con un volume che porti fino alla Cresima”. Nel lavoro di don Carlo e dei catechisti sono coinvolti alcuni genitori di figli con bisogni comunicativi complessi, come Sara Meoni, 43 anni, mamma di Matteo, ragazzo di 13 anni e mezzo. “Ho cominciato – ricorda la donna, una delle componenti dell’équipe diocesana che si occupa di redigere il Caatechismo– perché mio figlio iniziava il catechismo e non esisteva nessun supporto in CAA per lui. Dato che già adattavo i materiali per la scuola, ho cominciato ad adattare i testi della catechesi. Un giorno don Carlo ha visto il nostro quaderno con i pittogrammi e mi ha detto, “perché lo devi fare tutto da sola?”. E ha proposto di fare qualcosa di più strutturato. Siamo partiti da qui”. “Io sono stata fortunata – aggiunge la contabile- perché ero già capace. Quando abbiamo scoperto il ritardo cognitivo di Matteo la logopedista mi ha parlato dell’esistenza della CAA e ho frequentato corsi e master. Ma ci sono tante persone che da sole non sono in grado o non hanno il tempo di fare questo lavoro, con i figli che magari non frequentano il catechismo anche per questa ragione”.
Trasporre un testo in Comunicazione Aumentativa e Alternativa infatti è un percorso lungo, a tratti faticoso. “L’aspetto più difficile – racconta Sara – è semplificare. È un linguaggio simbolico, dunque è per forza riduttivo e poi non si può tradurre tutto, anche per ragioni di comodità e spazio”.
“Personalmente lui ne ha beneficiato, ma non appieno– dice Sara che è mamma anche di Anna, 8 anni – Matteo ha ricevuto la Cresima quest’anno e i materiali del catechismo in CAA su quella parte del percorso non esistevano ancora, così come avevo già fatto, li ho tradotti anche io. La Comunicazione Aumentativa e Alternativa di certo per lui è stata fondamentale per capire e farsi capire, soprattutto perché i suoi compagni del catechismo non sono gli stessi della scuola, dove tutti lo conoscono”. Un uso, quella della CAA, che ha contribuito ad aiutare Matteo anche in altri momenti. “Conosce e segue ogni momento della Messa – spiega la 43enne – e ultimamente per le celebrazioni non stiamo più usando il nostro quaderno con i pittogrammi”. Il successo dei materiali in CAA sono una soddisfazione anche per Sara e per chi con lei collabora alla creazione del Caatechismo. “I riconoscimenti che ci stanno arrivando – conclude la donna – sono una gratificazione. Ci chiamano per fare incontri, sia parrocchie ma anche associazioni che si occupano di autismo. E per me è bello dare una mano, perché so cosa si prova a riuscire ad aiutare proprio figlio”. Un cammino, quella della Diocesi di Prato, dove catechismo fa rima con inclusione.
(di Roberto Brambilla / foto gentilmente concesse dalla diocesi di Prato per unitineldono.it)