Archivi della categoria: Offerte

Uniti nel Dono / A scuola di accoglienza per uscire dalle dipendenze

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“Chi si trova a frequentare, per qualsiasi ragione, le mura di questa struttura, ne esce assolutamente arricchito, non solo dal calore umano e dall’ospitalità, ma anche dal ritrovarsi in maniera semplice in una famiglia, accarezzato dall’entusiasmo e dalla forza, in primis, di don Mimmo Dicarlo, che da sempre lavora a favore degli ultimi”.

Così il sindaco di Mileto (VV), Salvatore Fortunato Giordano, dipinge il Centro Maranathà, onlus ma anche fondazione, che costituisce in Calabria un esempio di accoglienza delle persone più fragili.

Don Mimmo, 64 anni, è un figlio di questa terra (è nato a Scaliti, frazione di Filandari) e oggi è parroco della basilica cattedrale di Mileto, intitolata a S. Nicola di Bari. È lui il fondatore dell’Associazione Maranathà e presiede il Centro di recupero omonimo, che assiste chi ha problemi di dipendenza da alcool, stupefacenti o psicofarmaci; una realtà che ha alle spalle più di 30 anni di storia.

Vi invitiamo a leggere tutta la storia su unitinldono.it.

Uniti nel Dono / Simone Cristicchi: “Siamo mendicanti di luce”

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Cantautore raffinato e artista poliedrico, il 46enne romano ci racconta su unitineldono.it la sua amicizia con don Luigi Verdi e il suo legame con la pieve di Romena, ma pure il suo amore per San Francesco e il Paradiso di Dante. Nella sua ricerca appassionata e sincera si sente “a metà tra la tempesta e l’approdo”. Il dubbio e l’umiltà, il silenzio e la responsabilità segnano l’orizzonte dei suoi valori. L’intervista a cura di Stefano Proietti, foto di Gianluca Gasbarri.

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A don Gigi Verdi e alla fraternità di Romena ti lega una lunga amicizia, che negli scorsi anni ha prodotto anche un programma televisivo per Tv2000 e una pubblicazione dal titolo “Le poche cose che contano”. Come è nato questo rapporto speciale e quale ricchezza hai ricevuto dall’incontro con don Gigi?
Ho incontrato prima di tutto un poeta, un uomo di parola, di concetto, un filosofo che ha condiviso con me la sua visione del cristianesimo: un cristianesimo che ritorna alla sua unicità, ai suoi esordi. Ecco perché, quando si va a Romena, ci si sente accolti prima di tutto dalla bellezza del luogo e dalla spiritualità che lì si respira. Qualcosa che arriva anche ai non credenti. Una fede proiettata verso il futuro ma dal sapore antico, come direbbe Carlo Levi. Io ho frequentato anche altri luoghi di spiritualità (induista, buddista e del cristianesimo ortodosso) ma devo dire che a Romena ho lasciato un pezzo di cuore. E anche loro mi vogliono molto bene: le mie canzoni sono diventate quasi la colonna sonora della comunità.

Come ha influito questa amicizia sul rapporto hai con la fede?
Sia io che Gigi siamo, come ama dire lui, due “mendicanti di luce” e giriamo in cerca di sorgenti di spiritualità, che possano nutrire questo vuoto che abbiamo. Anche i sacerdoti a volte possono avvertire dei momenti di buio interiore e quel che mi accomuna a don Gigi è che ognuno di noi, ciascuno col proprio strumento, cerca di condividere con gli altri la luce che abbiamo trovato sul nostro cammino.

Il tuo impegno di artista è sempre stato caratterizzato dall’attenzione alla fragilità. Dalla malattia mentale raccontata in “Ti regalerò una rosa”, che vinse il festival di Sanremo nel 2007, fino ad “Abbi cura di me”, con cui nel 2019 a Sanremo hai vinto il premio Endrigo e il premio Bigazzi.
Da una parte, in “Ti regalerò una rosa”, c’era la ricerca di una memoria storica, quella del manicomio, entrando in empatia con chi aveva vissuto e sofferto quei veri e propri lager, raccogliendo le loro testimonianze. Dall’altra, con “Abbi cura di me”, c’è una attenzione verso il mondo interiore, in un percorso legato a doppio filo con quello della memoria ma che va oltre il tempo e lo spazio: qualcuno l’ha definita una preghiera d’amore universale, e credo sia uno dei pochi casi in cui a una canzone succede qualcosa del genere.

Stai andando in scena con “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”: chi è per te San Francesco?
La caratteristica peculiare di Francesco è che ognuno di noi ne ha una propria immagine, e può essere raffigurato come tutto e il contrario di tutto: gli sono state affibbiate definizioni di ogni genere. La cosa importante, a mio avviso, è concentrarci su ciò che da 800 anni questa persona straordinaria ci provoca. Studiando le fonti emerge il profilo di un uomo molto determinato e che non faceva sconti a nessuno, molto diverso da quello un po’ oleografico dell’amante della natura, remissivo e che parlava agli uccelli e agli animali.

A quest’ultimo riguardo, pensando al tuo brano Lo chiederemo agli alberi: come si fa nella nostra quotidianità così frenetica, a sentirci davvero parte di un disegno più grande?
È fondamentale ritagliarci, dovunque noi siamo, uno spazio di silenzio per la meditazione, la preghiera, il raccoglimento o anche solo per la contemplazione della natura. È chiaro che chi vive in una palazzina di periferia può avere una maggiore difficoltà, ma in fondo resta una questione di volontà. Deve scegliere di farlo, con disciplina, anche chi ha la fortuna di vivere immerso nel verde, come me, che abito in un casolare tra le colline. La natura è un grandissimo libro di sapienza che aspetta di essere decifrato e interpretato correttamente.

Ispirandoti a Dante, anche tu proponi in “Paradiso – Dalle tenebre alla luce” un viaggio dell’anima, dall’oscurità angosciosa del non senso alla luce della pace interiore: quali sono gli strumenti di cui è necessario armarsi?
Io ritengo fondamentali due elementi. Il primo è l’umiltà, che nella sua radice ha la parola terra (humus, in latino): dobbiamo essere, come un campo, aperti ad accogliere i semi che tutti ci possono donare. E poi ci vuole un sano dubbio, che mi caratterizza in modo particolare: il dubbio ti mette in discussione e ti apre nuove prospettive, anche se porta con sé la tempesta. Avere fede è un punto d’arrivo, un dono che arriva dall’alto e ti pone in uno stato di tranquillità. Io mi sento a metà tra la tempesta e l’approdo.

La tua vena artistica ha fatto un gran bene al cuore di tante persone che ascoltano la tua musica o vedono i tuoi spettacoli. Vivi questa dimensione come una vocazione?
Più che come una vocazione io vivo questa dimensione come una responsabilità. La responsabilità di condividere quello che sentiamo e produciamo; non per il successo ma perché è il compito dell’artista, all’interno della comunità. Abbiamo dei fari luminosi che ce lo hanno mostrato: da De André a Fossati, da De Gregori a Battiato. Artisti che con la loro musica non solo sono compagni di cammino, ma hanno la forza di aiutarti a cambiare prospettiva. È quello che anch’io vorrei fare.

Uniti nel Dono / Alle porte di Napoli, dove la Chiesa è tra la gente

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Don Ciro Tufo, parroco di san Giacomo a Calvizzano (NA), è il cuore di una comunità dove le relazioni tra le persone sono al primo posto.

“Sono stato farmacista – racconta di sé – e ho insegnato chimica a scuola, facendo una vita bella, che mi piaceva. Per ben undici anni sono stato anche fidanzato e stavo per sposarmi, ma in fondo al cuore sentivo una chiamata diversa: solo quando ho trovato il coraggio di seguirla sono stato pienamente felice. Sì, posso dire di essere un prete felice, ma soprattutto gioioso. La mia gioia è essere quel che vivo e faccio tutti i giorni”. E cosa fa, tutti i giorni, il parroco di Calvizzano? Basta seguirlo per qualche ora per rendersene conto.

Il rapporto che ha con la gente affidata alle sue cure è difficile da descrivere solo a parole.

Scopri di più su unitineldono.it, oppure segui il filmato di Giovanni Panozzo.

Monzio Compagnoni / Offerte per i sacerdoti: “Una scelta che va oltre i numeri”

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La terza domenica di settembre si celebra in tutta Italia la Giornata Nazionale di sensibilizzazione alle Offerte per i sacerdoti. Uno strumento, quello delle Offerte, ancora poco diffuso ma dal grande valore pastorale, come ci spiega il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, Massimo Monzio Compagnoni.

“Le Offerte per i sacerdoti sono un pilastro fondamentale del sostentamento del clero, molto più di quello che si potrebbe immaginare limitandosi a guardare solamente i numeri”.

Entra subito nel vivo della questione Massimo Monzio Compagnoni, al quale da poco più di tre anni la CEI ha affidato la guida del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. Le cifre, nude e crude, potrebbero far nascere qualche dubbio. Nel 2022 per mantenere gli oltre 32.000 sacerdoti a servizio delle Chiese che sono in Italia sono stati necessari poco più di 500 milioni di euro, una somma che le offerte deducibili raccolte nell’anno (8 milioni e mezzo di euro) sono riuscite a coprire solamente per l’1,6%. Quasi il 70% di quel fabbisogno, invece, è stato soddisfatto dai fondi derivanti dall’8xmille. Perché allora non concentrare gli sforzi della comunicazione solo su quel fronte e lasciar stare la promozione delle offerte?

“Sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto da un punto di vista pastorale. È vero che il nostro Servizio deve misurarsi con i numeri, saper leggere i segni dei tempi, valorizzare la comunicazione e far tesoro dei dati e delle ricerche. Ma la Chiesa non è un’azienda! È innanzitutto comunione di fratelli, è la famiglia dei figli di Dio. E come ogni famiglia che si rispetti deve saper condividere tutto: la fede, le motivazioni, le riflessioni… ma anche i conti e le necessità materiali”.

E cosa c’entrano le Offerte con questo discorso?

“Le Offerte sono uno strumento importantissimo per alimentare la consapevolezza del reciproco affidamento in cui vivono i sacerdoti e le comunità ecclesiali, sia a livello parrocchiale che diocesano. I sacerdoti sono chiamati a spendersi interamente per le comunità loro affidate, e lo fanno ogni giorno in modo silenzioso e bellissimo. E quale è la nostra parte? Qual è il ruolo della comunità dei fedeli? La risposta più chiara e incisiva, secondo me, ce l’ha lasciata il Card. Nicora, uno dei padri fondatori del sistema di sostentamento, nato quasi 40 anni fa. Secondo lui siamo davvero corresponsabili quando la disponibilità a sentirci parte della vita della Chiesa arriva a tal punto che parlare di aspetti economici diventa normale.”

È per questo che ogni anno viene celebrata la Giornata Nazionale?

“Esattamente. Questa disponibilità non è scontata, o acquisita una volta per tutte. Negli ultimi anni stiamo cercando di non limitare questa attenzione alla sola domenica della Giornata Nazionale (quest’anno il 17 settembre), ma di estenderla almeno ai due mesi e mezzo successivi, fino alla fine di novembre, il periodo in cui diffonderemo anche attraverso i mezzi di comunicazione l’annuale campagna di sensibilizzazione.”

Quale sforzo chiedete alle comunità cristiane, soprattutto in questo periodo?

“L’obiettivo è che tutti coloro che si sentono parte viva della comunità si sentano coinvolti anche economicamente nel suo sostentamento. Ciascuno, ovviamente, per quanto può dare. È il gesto del fare un’offerta che è importante, perché testimonia la consapevolezza della propria corresponsabilità. Ed è verso questo obiettivo che chiediamo l’indispensabile contributo della rete di incaricati territoriali (parrocchiali e diocesani) con cui collaboriamo, realizzando anche progetti specifici come Uniti possiamo”.

Cosa chiedete, invece, ai sacerdoti?

“Di non avere paura di chiedere alla comunità. Non vuol dire essere inopportuni, ma piuttosto aiutarla a vivere con responsabilità il proprio ruolo da protagonista. Anche nel sostegno economico”.

(A cura di Stefano Proietti)

L’oratorio di Agropoli: casa per tutti, a partire dai più fragili

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“Appena arrivato pensai che la parrocchia doveva essere la casa di tutti, a partire da chi ha più bisogno”. Don Bruno Lancuba, classe 1966, è il parroco della Madonna delle Grazie ad Agropoli, una cittadina della provincia salernitana. La sua comunità dai quasi 7mila parrocchiani in inverno, passa ai circa 20 mila in estate.

Ordinato nel 1990, il sacerdote riceve, insieme con don Carlo Pisani, la sua ultima nomina a parroco ad Agropoli nel 2015, in una realtà in cui aveva già operato. “Sapevo della presenza dei gruppi giovanili e immediatamente mi sono messo in dialogo con loro” – ricorda don Bruno.

“Sono partito con l’ascolto del territorio: scoprire i bisogni e le ricchezze della gente. Poi bisognava offrire uno spazio per la catechesi, gli incontri e anche per lo sport. Accanto alla chiesa c’era l’oratorio, un edificio insufficiente e in cattive condizioni”, spiega il parroco.

L’ascolto ha fatto scoprire al sacerdote i diversi volti della città, tra cui la povertà.

Scopri tutta la sua storia, e quella della sua comunità,  su www.unitineldono.it, di Nicola Nicoletti.

 

Fidei donum / Dal Vesuvio al Tacanà: l’uomo di Dio che asciuga le lacrime

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Testimone di una sofferenza difficile perfino da raccontare, don Angelo Esposito, 50enne fidei donum dell’arcidiocesi di Napoli nel lontano Guatemala, ha condiviso con noi alcuni struggenti racconti di quel che ha vissuto (e sta vivendo) in questi anni di missione. Situazioni che si possono leggere con occhi di speranza solo alla luce della fede.

Nato a San Sebastiano al Vesuvio nel 1973, don Esposito è stato inviato dalla diocesi di Napoli a quella di San Marcos, prima a Tajumulco dal 2009 al 2011 e poi a Tacanà, una cittadina vicina al confine col Messico, dove è impegnato nella pastorale della prima infanzia.

Il Guatemala è un Paese piuttosto piccolo, con una superficie pari a circa un terzo di quella dell’Italia, con 16 milioni di abitanti e ben 37 vulcani sul suo territorio. «Mi sono sentito chiamato alla missione ancora prima di entrare in Seminario – spiega don Angelo, con l’accento partenopeo mescolato a parole di spagnolo -. In pratica ero missionario già a Napoli». Poi nel 2009 è iniziata la missione in Guatemala, in un’area rurale lontana dalla capitale Città del Guatemala, nel contesto della cultura indigena dei Mam, discendenti del popolo Maya.

La parrocchia di don Angelo a Tacanà si estende su un territorio di 300 chilometri quadrati con 135mila abitanti, e per raggiungere alcune comunità ci vogliono due ore di macchina. Gli abitanti sono all’80% cattolici e «la povertà è la piaga di tante famiglie che vivono con meno di tre euro al giorno – spiega -. In questa regione si tocca con mano l’abissale differenza tra i pochi ricchi del Guatemala (che dispongono di 500 euro al giorno) e l’80% della popolazione che riesce a sopravvivere con pochi centesimi. L’80% delle terre fertili del Guatemala è in mano ai latifondisti, solo il 20% è della popolazione. Quando sono arrivato sono rimasto colpito dalla miseria in cui vivono tanti bambini, i più indifesi e semplici».

Per tanti bambini arrivare a 10 anni è già un traguardo, come racconta il missionario: «Tante mamme che venivano a bussarmi alla porta portavano in braccio un fagotto di stracci: “Padre me lo benedica, prima che io lo seppellisca”. Dentro gli stracci il piccolo cadavere. Davanti a questo immenso dolore mi sono chiesto: cosa deve fare un missionario? Certo, pregare, ma anche mettere in pratica la Parola di Dio.

Ho compreso l’importanza dell’ascolto dei poveri: sono loro che ti fanno capire che Gesù si incarna in loro e attraverso loro ci interpella, ci fanno capire qual è il lavoro da fare. È nata così la onlus Hermana Tierra, con cui cerchiamo di dare riposte concrete attraverso tre linee di intervento: salute (soprattutto per i bambini malnutriti), progetti per risorse sostenibili, educazione e istruzione». Nel 2012 un ambulatorio abbandonato è stato rimesso in funzione, prima con tre volontari insieme a padre Angelo, e poi è cresciuto fino a diventare l’ospedale Los Angelitos dove oggi, grazie al lavoro di 53 persone – volontari, psicologi, infermieri e medici –, vengono curati 12mila bambini l’anno. «Sono stato un contenitore di lacrime e disperazione, ma essere vicino a questa gente mi ha permesso di vincere ogni stanchezza.

Scoprite di più su unitineldono.it.

Uniti nel dono / Puglia: quando l’ecologia fiorisce in parrocchia

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Sono tanti i modi in cui ci si può prendere cura del Creato e, come ci ricorda l’enciclica Laudato si’ di Papa Francesco, bisogna farlo insieme. Due metodi per prendersi a cuore la cura del Creato facendolo insieme, in comunità, sono nati in Puglia.

Si tratta di due progetti premiati – con mille euro ciascuno – al “Contest Parrocchie Ecologiche 2023”, sostenuto dall’Azione Cattolica italiana: un nuovo giardino a Cutrofiano (LE) nel nome di don Bosco e un laboratorio di riuso creativo a Taranto. Entrambe le idee vincitrici (due tra le nove premiate in tutta Italia) «ci mostrano – dice la delegazione pugliese di Ac – come la grande vivacità presente nei territori delle nostre parrocchie sia davvero quel fuoco vivo che permette il vero cambiamento nelle comunità, a partire anche dai piccoli segni presentati, che prenderanno vita».

Tutti i particolari e approfondimenti su unitineldono.it.

Raccolta Offerte 2022 / Un grazie a tutti gli incaricati: #UNITIPOSSIAMO

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Dopo la pandemia, il 2022 ci ha messo di fronte ad altre inattese crisi umanitarie importanti, tra queste una guerra, quella in Ucraina, che ha destato paure che mai avremmo pensato di provare. Le sue conseguenze si sono presto fatte sentire e, dopo poche settimane dallo scoppio, gli effetti bussavano già alla nostra porta; fra tutti l’aumento del costo dell’energia che ha portato le bollette alle stelle. E se già prima c’erano persone che arrivavano a fine mese con difficoltà, esse sono diventate, nei primi mesi dello scorso anno, molte di più.

In questo clima di crisi generale, come sarà andata la raccolta delle Offerte per il sostentamento del clero?

Finalmente possiamo fare un bilancio, che però non vuole essere solo un mero elenco di cose positive e negative da calare in una storia difficile, ma soprattutto una seria riflessione su cosa è stato fatto e su cosa si potrà mettere in campo per migliorare.

Sappiamo bene che gli effetti della crisi non hanno risparmiato neanche i nostri instancabili sacerdoti. E così, il nostro lavoro per coinvolgere quanti più sostenitori possibili, non si è mai fermato. Non ci siamo mai scoraggiati anche grazie al Territorio. A tal proposito, tra le tante iniziative realizzate dal Servizio Promozione CEI, vogliamo citarne una in particolare: il progetto Uniti Possiamo, che ha visto un nuovo e più vitale coinvolgimento delle parrocchie e degli Istituti Diocesani Sostentamento Clero (IDSC).

Attraverso l’impegno degli incaricati del “sovvenire” possiamo affermare che, nonostante le avversità del 2022, e oltre le aspettative, il brutto momento è stato superato. Infatti, lo scorso anno il totale dell’importo delle Offerte è stato pari a 8.472.555 euro, con un più 0,41% rispetto agli 8.437.746 euro raccolti nel 2021.

Anche l’Offerta media mantiene una tendenza positiva e dai 79,46 euro del 2021 è passata a 81,24 euro del 2022.

Nonostante le sfide il risultato ottenuto, dunque, è un successo da celebrare.

Da sottolineare, inoltre, che l’incremento maggiore è stato raggiunto proprio dalla raccolta attraverso gli IDSC che, grazie al progetto Uniti Possiamo, hanno dato un’importante spinta alle Offerte. Questo ha dimostrato che il Territorio è linfa vitale per raggiungere un numero sempre più alto di potenziali donatori grazie al coinvolgimento delle parrocchie, e per far aumentare, in questo modo, le erogazioni liberali.

Continuando la panoramica sulle attività messe in campo, si è continuato ad integrare nel programma lo strumento digital, quale supporto alle Offerte e si sta lavorando perché la sua crescita sia sempre più rilevante. Il 2022 ha fatto registrare, anche in questo caso, un incremento positivo. Da un totale di 187.939 euro del 2021, siamo saliti a 242.620 euro nel 2022 per un numero di donazioni pari a 2.918, più 32% rispetto al 2021.

Da segnalare che il 45% di tutti i nostri donatori sostiene i sacerdoti e condivide i nostri valori da oltre 10 anni, fedeltà che va riconosciuta e mai data per scontata.

Tutto questo ci dà una carica positiva, siamo sulla buona strada, ma è ancora lunga e richiederà tanto lavoro e impegno. Però siamo consapevoli che il potenziale per migliorare e ingrandire la famiglia di Uniti nel Dono, soprattutto quella digital, è notevole e insieme possiamo raggiungere obiettivi ambiziosi.

Adele Marzetta

Emilia-Romagna / A Solarolo, uniti nella tragedia e nella solidarietà

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Prima che l’acqua e il fango si riversassero nelle strade, Solarolo, nella diocesi di Faenza, contava circa 4.500 abitanti. Ieri c’erano invece almeno ottomila persone.

“Siamo stati sommersi dall’acqua, ma ancor di più dalla solidarietà”. Si incrina la voce di don Tiziano Zoli, parroco di Santa Maria Assunta, che da giorni gira tra le case dei parrocchiani, dando coraggio, aiuto, conforto. “I volontari sono arrivati per aiutarci dalle altre zone della Romagna, dall’Emilia, ma anche dal resto d’Italia – racconta –. Gli alpini, la Protezione Civile, le amministrazioni….”. Impossibile elencare tutti i gruppi e i singoli che, armati di vanghe e scopettoni, stanno riportando la normalità nelle strade del paese. “Il problema adesso è il fango, che si sta asciugando e diventando come cemento e polvere”, spiega il sacerdote per unitineldono.it.

Ora che l’acqua si è ritirata, bisogna ripulire tutto e ricominciare. “Negli spazi della scuola dell’infanzia parrocchiale – illustra il parroco – abbiamo sistemato due stanze, che non erano state coinvolte dall’alluvione, per accogliere i bambini dai 3 ai 6 anni, mentre quelli della primaria vanno in biblioteca, dove con i volontari passano 2 ore al mattino e 3 al pomeriggio. Almeno si distraggono, stanno insieme e non pensano tutto il tempo a quello che è successo nel paese.Metà della chiesa l’abbiamo adibita a deposito per gli alimenti e i vestiti che sono arrivati. Con l’aiuto delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida, e sempre insieme a Protezione Civile e Comune, stiamo provvedendo alla distribuzione”.

Ci sono le macchine ferme ai bordi delle strade, che chissà se riusciranno mai a riaccendersi. Ci sono i mucchi di oggetti rotti, ormai inutilizzabili. Ma ancor più che dentro alle case, si contano i danni nelle campagne circostanti. “Questa è una zona ad alta vocazione agricola e vinicola – spiega don Tiziano –, ci sono tanti frutteti oltre al grano e alle orticole. Le piante, dopo 36 ore sommerse dall’acqua, rischiano di morire per asfissia radicale. I raccolti di quest’anno totalmente compromessi e per i frutteti anche per i prossimi due o tre anni. Però i nostri contadini si sono messi a disposizione degli altri con i propri trattori, veri carri armati della solidarietà, che vanno per le strade a tirare fuori di tutto, a dare una mano per lo spurgo delle case. Come siamo uniti nella tragedia, così siamo uniti nella solidarietà. Ieri abbiamo celebrato due Messe, e abbiamo pregato non solo per Solarolo ma per tutta la Romagna”.

Si sente un po’ “come don Camillo”, don Tiziano, in questi giorni. Ripensa a quando è rientrato nella sua parrocchia, e l’ha trovata sommersa da cinquanta centimetri di acqua. Appena sotto al mobile dove è custodita l’immagine in ceramica della Madonna della Salute, venerata nella cittadina romagnola.

“Romagna che si sveglia col sorriso ogni mattina”, cantava Raoul Casadei. “In questi giorni è più difficile sorridere – ammette il sacerdote – ma ci proviamo lo stesso. Mi basta, come è successo l’altro giorno, una bambina che si avvicina e mi dice: Don, perché sei triste? La vuoi una caramella? E ringrazio il Signore per avermi fatto scoprire davvero l’odore delle mie pecore… Odore di terra, di acqua, di fango”.

(di Giulia Rocchi – foto gentilmente concesse da don Tiziano Zoli per unitineldono.it)

Uniti nel dono / La storia di don Fabio e la sua “cooperativa di comunità”

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“Camminare insieme è la cosa più semplice, a volte la più complicata… certamente la più bella”. Parola di don Fabio Fiori, parroco di Danta di Cadore e San Nicolò di Comelico (BL). È lui l’anima di una cooperativa di comunità che sta aiutando la gente a rimanere nel proprio paese e questo territorio meraviglioso a non morire.

Nel 2019, ispirato da una esperienza di “cooperativa di comunità” di cui ha letto qualcosa, chiama a raccolta i suoi parrocchiani, chiede il permesso al suo Vescovo e si lancia in questa avventura.

Un’impresa che poco a poco restituisce anche alle persone più sole e demotivate il gusto dello spendersi per gli altri e che comincia a porre un freno a quel processo, che sembrava irreversibile, di spopolamento e abbandono di questo angolo di paradiso.

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