Category Archives: Formazione

Monzio Compagnoni all’Amico del Clero / “Cambiare la testa”

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La Quaresima è il tempo giusto per cambiare sguardo sulle cose. Lo è per ciascuno di noi e per le nostre comunità, nelle piccole cose di ogni giorno come sulle questioni importanti. “Convertitevi”, vi ho sentito spiegare più volte in qualche omelia, nel greco dei vangeli si dice “meta-noèite”, cioè, letteralmente: “cambiate mente”, trasformate il vostro modo di pensare.

È proprio in questa direzione che già da qualche tempo stanno andando i nostri sforzi di fronte alle principali sfide che il Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa si trova ad affrontare. Non è questo il luogo giusto per perdermi in disamine articolate o in lunghe ricognizioni tematiche. A mo’ di esempio voglio soffermarmi, visto che proprio in questi giorni state ricevendo il primo numero del 2023 della rivista “Sovvenire”, proprio su quelle pagine e sul sito Unitineldono.it.

Queste espressioni della nostra comunicazione cercano di tradurre lo sforzo che stiamo facendo, in questi ultimi tempi, per modificare il nostro modo di pensare le offerte per i sacerdoti e la loro urgenza. Tanto il sito quanto la rivista, fino a qualche tempo fa, erano decisamente centrati sulla figura del sacerdote e sul tentativo di esaltarne i meriti, per chiedere ai laici di fare offerte. Tutto giusto e tutto, naturalmente, lecito. Ora però vorremmo puntare maggiormente l’attenzione sul coinvolgimento della comunità nel far fronte alla gestione delle spese, comprese quelle per il sostentamento dei sacerdoti, uomini che a tempo pieno si dedicano ad essa. Le offerte per il clero, per la loro natura e finalità, sono un termometro che misura quanto le comunità ecclesiali stiano oggi crescendo nel loro sentirsi Chiesa-comunione. E promuovere le offerte significa anche promuovere la diffusione di una cultura della comunione ecclesiale, come il Concilio Vaticano Il ci ha indicato.

Ecco, quindi, come è nata l’idea del nuovo nome “uniti del dono”, ed ecco lo sforzo che stiamo facendo per cambiare la prospettiva delle storie che raccontiamo. Non vogliamo più narrare l’epopea del prete-eroe, che da solo salva il mondo e merita di essere sostenuto. Vorremmo invece raccontare la vita delle nostre comunità, di cui voi sacerdoti siete parte, dando voce a tutti. Naturalmente queste comunità si reggono sul servizio pastorale che voi sacerdoti offrite, ma il cambio di prospettiva è significativo.

Ultimamente lo sforzo di apertura sta assumendo una ulteriore nuova connotazione. Con quel che raccontiamo, specialmente sul web, vorremmo andare incontro anche a chi ha minore famigliarità con i nostri ambienti ma magari ha un’apertura di cuore verso il bene comune e un’apertura di mente che gli permette di riconoscere che dove c’è una comunità cristiana, e quindi dove c’è un sacerdote che può essere sostenuto, lì c’è una visione della vita e del mondo positiva, inclusiva e solidale. Cercheremo, quindi, di evitare un linguaggio per addetti ai lavori, spesso comprensibile solamente a chi è già dentro.

Il Papa stesso nel suo Messaggio per la prossima Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali ci esorta a “parlare con il cuore”. “È il cuore – scrive Francesco – che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una comunicazione aperta e accogliente”. Non vogliamo chiuderci nelle nostre chiese ma uscire e coinvolgere la comunità. Che ne pensate?

Massimo Monzio Compagnoni

Il messaggio del Papa / A febbraio preghiamo per parrocchie aperte a tutti

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Guarda alle comunità parrocchiali l’intenzione di preghiera di Francesco affidata a tutta la Chiesa per il mese di febbraio. Nel video diffuso dalla Rete mondiale di preghiera del Papa l’invito a ripensare con coraggio lo stile delle parrocchie per farle diventare veri luoghi di comunione tra le persone e di accoglienza, senza esclusioni

Dal servizio di Adriana Masotti per la Radio Vaticana si apprende che la parrocchia non è un “club” riservato a pochi, ma un luogo dove per entrare non sono richiesti particolari requisiti e alla cui porta d’entrata si dovrebbe leggere: “ingresso libero”. È per questa intenzione che Francesco invita a pregare la Chiesa nel Video diffuso dalla Rete mondiale di preghiera del Papa per il mese di febbraio. Un modo per chiedere che le parrocchie siano davvero comunità, centri di ascolto e di accoglienza “con le porte sempre aperte”.

Il messaggio del Papa
“A volte penso che dovremmo affiggere nelle parrocchie, alla porta, un cartello che dica: ‘Ingresso libero’ – afferma Papa Francesco nel Video del Papa -. Le parrocchie devono essere comunità vicine, senza burocrazia, centrate sulle persone e in cui trovare il dono dei sacramenti. Devono tornare ad essere scuole di servizio e generosità, con le porte sempre aperte agli esclusi. E agli inclusi. A tutti”. Il messaggio di Francesco è che “le parrocchie non sono un club per pochi, che garantisce una certa appartenenza sociale”. E prosegue con l’esortazione: “Per favore, siamo audaci! Ripensiamo tutti allo stile delle nostre comunità parrocchiali”. L’intenzione di preghiera del Papa per febbraio è dunque “perché le parrocchie, mettendo la comunione – la comunione delle persone, la comunione ecclesiale – al centro, siano sempre più comunità di fede, di fraternità e di accoglienza verso i più bisognosi”.

La ricchezza della Chiesa sono le persone
L’esterno di una parrocchia bellissima, ma vuota. Poi la stessa parrocchia, piena di persone, che diventa dunque ancora più bella. Il Video del Papa di questo mese si apre così – si legge nel comunicato stampa che lo accompagna – ricordando che la ricchezza della Chiesa non sono gli edifici, ma le persone che li abitano. Le immagini, provenienti da parrocchie di tutto il mondo, descrivono incontri conviviali, conferenze, distribuzione di aiuti ai più bisognosi, visite agli anziani e ai malati, spettacoli. È un video, dunque, pieno di vita, quella vita che scorre nelle parrocchie e le rende ancora punti di riferimento per molti, dove si impara l’arte dell’incontro.

La parrocchia è presenza della Chiesa tra le case
Il comunicato ricorda che già nell’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, Papa Francesco aveva evidenziato la centralità della parrocchia: “sebbene non sia l’unica istituzione evangelizzatrice”, aveva scritto citando un’espressione di Giovanni Paolo II nella Christifideles laici, la parrocchia ha la particolare caratteristica di essere “la Chiesa stessa che vive in mezzo alle case dei suoi figli e delle sue figlie”. Per questo deve stare “in contatto con le famiglie e con la vita del popolo” e non diventare “una struttura prolissa separata dalla gente o un gruppo di eletti che guardano a se stessi”. Ma questo “appello alla revisione e al rinnovamento delle parrocchie”, aggiungeva, “non ha ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più vicine alla gente”. Il Pontefice, dunque, insiste sull’idea che le parrocchie debbano portare avanti questo cammino di trasformazione per essere sempre aperte e a disposizione di tutti senza esclusioni, per questo parla di audacia e di ripensamento dello stile attuale delle comunità.

Le persone al centro della vita parrocchiale
Commentando l’intenzione di preghiera di febbraio, padre Frédéric Fornos S.J., direttore Internazionale della Rete Mondiale di Preghiera del Papa, ha ricordato che “qualche anno fa, Francesco ha detto alla diocesi di Isernia-Venafro: ‘Ogni comunità parrocchiale è chiamata ad essere luogo privilegiato dell’ascolto e dell’annuncio del Vangelo; casa di preghiera raccolta intorno all’Eucaristia; vera scuola della comunione’. Ascolto, preghiera e comunione – prosegue padre Fornos – sono indicazioni sinodali essenziali per la vita delle parrocchie. Per far questo, però, devono essere davvero comunità, con le persone al centro, perché siamo realmente comunità quando conosciamo l’altro, conosciamo il suo nome, le sue necessità, la sua voce”.

Ripensare allo stile delle nostre comunità
Si tratta di una sfida molto grande, dice ancora il direttore della Rete, infatti “quante volte accade che la parrocchia si trasformi in un raggruppamento di persone più o meno sconosciute che si ritrova per la Messa della domenica ma senza vita comunitaria?” “Essere una comunità cristiana – sottolinea – è una grazia, nasce dalla fede condivisa, dalla fraternità vissuta e dall’accoglienza ai più bisognosi; nasce da un’esperienza spirituale comune, dall’incontro con Cristo Risorto. Come dice Francesco nel Video del Papa – conclude padre Fornos -, dobbiamo essere ‘audaci’ nell’ascolto dello Spirito Santo e ripensare tutti ‘allo stile delle nostre comunità parrocchiali’”.

Il Papa ai sacerdoti / No al carrierismo

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Paolo Ondarza ci racconta, nel suo servizio per vaticannews.va di sabato 28 gennaio (Città del Vaticano), il senso del discorso di Francesco consegnato ai 70 sacerdoti dell’arcidiocesi di Barcellona impegnati nella pastorale giovanile e ricevuti la mattina in Sala Clementina.

È stato un appello a rispondere alla chiamata di Gesù a partire dalla propria povertà e fragilità, rifiutando la doppia vita e le soddisfazioni mondane e testimoniando la misericordia del Signore, senza dare lezioni. Testimoniare l’esperienza della misericordia di Dio senza mettersi in cattedra e cercare la fratellanza in tutti gli ambiti sociali. Secondo Francesco infatti “l’esperienza degli apostoli ha sempre un duplice aspetto”: personale e comunitario.

Rossano Cariati / Incontro formativo con gli IRC

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All’interno della consueta formazione permanente degli insegnanti di religione cattolica (IRC) si è tenuto lo scorso 14 gennaio a Corigliano Rossano (presso le Suore Madre Isabella de Rosis), un incontro formativo nel quale sono state affrontate e approfondite le seguenti tematiche:

  • sovvenire alle necessità della Chiesa: condivisione, comunicazione, relazione. Dinamiche d’intervento;
  • le relazioni interpersonali: esame degli strumenti d’intervento.

Si è partiti dal principio che fondamento della Chiesa, in tutte le sue manifestazioni è:

  • l’attenzione al bene comune, la carità con particolare attenzione ai più fragili e poveri
  • la relazione come elemento centrale e distintivo del nostro essere cristiani credibili
  • la comunione, la condivisione, la corresponsabilità, la perequazione sono le modalità operative che definiscono e danno un senso compiuto alla relazione
  • il “sovvenire” (8xmille/Offerte) ha rappresentato l’intuizione di applicare detti principi anche all’aspetto economico come naturale conseguenza ecclesiale e pastorale.

Si è poi esaminato nello specifico le modalità per rendere efficace una relazione d’aiuto che deve essere fatta necessariamente di: ascolto, accoglienza, comprensione, accompagnamento e cura.

Notevole è stata sia la partecipazione degli insegnanti (90 su 120) che il gradimento dell’evento stesso. Con i docenti si sono potute gettare le basi per migliorare il loro ruolo di “educatori”.

A prossimi incontri l’onere di approfondire specifiche tematiche di comune interesse.

Stefano Maria Gasseri

Rivista del Clero Italiano / A gennaio I preti e i soldi

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La Rivista del Clero Italiano, mensile fondato nel 1920, è uno strumento di aggiornamento pastorale attento a interpretare il cambiamento in atto, sia nel contesto religioso sia in quello socio-culturale. Pensata per coloro che hanno ruoli di responsabilità nella Chiesa italiana, vi compaiono contributi sui diversi ambiti del lavoro pastorale: liturgia, aggiornamento teologico, Bibbia, catechesi, spiritualità e morale, ministero del prete, dibatti culturali e recensioni. La Rivista propone ogni anno alcuni dossier monografici e diverse rubriche tematiche distribuite negli undici fascicoli annui.

A tal proposito a gennaio vi segnaliamo un interessante dossier sul rapporto fra condizioni economiche e lavoro pastorale, centrato in modo particolare sulla ricaduta che questo rapporto ha sulla figura del prete. Si intitola I preti e i soldi. Economia del ministero, con i contributi di:

Luca Bressan, Il ministero del prete. Tra gestione dei servizi religiosi e testimonianza dell’amore evangelico

Claudio Margaria, Preti, vangelo e denaro. L’ambiguità del ‘mio’

Mauro Rivella, Remunerare il clero. Riflessioni sul clero italiano

Giacomo Incitti, L’onere dell’amministrazione. Vincoli canonici e forme del ministero

Donato Negro, Solidarietà e sussidiarietà. I frutti buoni del sovvenire.

“Dio è amore” / Chiave del pontificato di Benedetto XVI

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Il Papa emerito, morto lo scorso 31 dicembre in Vaticano, durante il suo pontificato aveva parlato in continuazione della “gioia dell’essere cristiani”, dedicando la sua prima enciclica all’amore di Dio, “Deus caritas est”. Era il 2005 e di fronte agli scandali e al carrierismo ecclesiastico, Egli aveva continuato a far richiami alla conversione, alla penitenza e all’umiltà, proponendo un’immagine di Chiesa liberata dai privilegi materiali e politici per essere veramente aperta al mondo.

Nel 2006 il Servizio Promozione pubblica a firma di Luigi Mistò un Quaderno del Sovvenire dal titolo “Il cuore che vede“, che presenta un approfondimento del “sovvenire” alla luce dell’enciclica del Papa.

Il grande principio che Benedetto XVI enunciava nella sua enciclica era nel contempo meraviglioso e semplice: tutte le volte che si vive l’amore, che si mette in atto un gesto d’amore – e noi sappiamo bene nel profondo del nostro cuore quando stiamo amando per davvero o stiamo “barando” all’amore – lì si fa presente Dio e, quindi, la salvezza dell’uomo.

Mons. Mistò proponeva a chiusura del suo bel Quaderno del Sovvenire il Decalogo degli incaricati”, ovvero dieci indicazioni per gli operatori della carità affinché il loro lavoro possa essere efficace. Ve le riproponiamo, invitando a rileggere per intero la bella e utile pubblicazione.

Primo: gli incaricati devono essere persone mosse dall’amore di Cristo, persone il cui cuore Cristo ha conquistato con il suo amore, risvegliando l’amore per il prossimo (qui il Papa riprende la bellissima frase di Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi 5, 14: “L’amore del Cristo ci spinge, caritas Christi urget nos”). Bisogna essere conquistati dall’amore di Cristo per poter davvero amare gli altri.

Secondo: si comprende, allora, che non si vive più per se stessi, ma per Lui; e appunto perché si vive per Lui e con Lui, per gli altri. L’amore di Cristo mi spinge al punto che, parafrasando ancora San Paolo, “per me vivere è Cristo”.

Terzo: chi ama Cristo ama la Chiesa, lavora per la Chiesa, ha passione per la Chiesa, per questa Chiesa insieme santa e fatta di peccatori, “casta meretrix”. Dobbiamo però renderla sempre più bella e capace di presentarsi al mondo nella sua vera immagine. Si ama la Chiesa non in modo supino, ma ricordando che “Ecclesia semper reformanda est”: l’attività pastorale degli incaricati deve promuovere un’immagine di Chiesa bella e attraente, coerente con l’incontro con un Dio che altro non è se non Amore.

Quarto: amare la Chiesa significa essere completamente dentro la Chiesa, lavorando in modo particolare attraverso la comunione con il vescovo. Il riferimento al vescovo per il ministero degli incaricati, per il loro servizio, è decisivo, e va tenuto come punto fermo. Pensiamo al vescovo diocesano, ma anche la figura del vescovo delegato regionale è importante. Il Servizio CEI ben lo sa. E finalmente si è riusciti a completare la “squadra”, “allenatore” compreso.

Quinto: tutto questo comporta una testimonianza. Testimonianza e missione nascono qui, dentro questo quadro teologico. Troppi appelli alla missione – ammettiamolo – risultano sganciati dal “cuore”, con la conseguenza di rimanere privi di risultato. Il nostro stesso operare, pur encomiabile, ne resta frustrato. La testimonianza vera, invece, racchiude dentro di sé una sua efficacia e il suo risultato.

Sesto: la gratuità. Il Papa lo dice, o lo suggerisce, lungo quasi tutta la sua lettera. La caratteristica – forse la prima – dell’amore di Dio è la gratuità, e si celebra nel modo più vero nel perdono. Se l’amore non fosse gratuito, non potrebbe raggiungere il vertice del perdono. E l’amore di Dio è la misura dell’amore dell’uomo.

Settimo: l’amore gratuito, che diventa la testimonianza più grande, trova una sua massima espressione in quel testo stupendo che è l’“inno alla carità” della prima lettera ai Corinzi al capitolo 13. Questo inno rappresenta per il “sovvenire” ed i suoi incaricati un’ulteriore “magna carta”. In esso sono riassunte tutte le riflessioni qui svolte sull’amore, a partire dall’enciclica.

Ottavo: condizione perché i primi sette punti possano realizzarsi, è che occorre essere coinvolti al punto da donare se stessi. L’amore comporta il dono della stessa vita: “partecipi all’altro te stesso”! Sono affermazioni che obbligano all’esame di coscienza, per comprendere quanta distanza ancora ci separi da questo ideale.

Nono: tutte queste modalità si devono accompagnare con quella virtù, per qualche verso sintetica dell’agire cristiano, che è l’umiltà. Facendoci capire che siamo servi inutili, Benedetto XVI da un lato ci preserva dallo scoraggiamento, dall’altro ci spinge alla costanza insieme paziente e direi quasi caparbia. Chi è umile sa di non essere lui, alla fine, ad operare, lui semplice strumento “inutile”; e questo preserva dal rischio della frustrazione infondendo invece grande speranza.

Decimo e ultimo: la preghiera. È il mezzo per attingere sempre nuova forza da Cristo e quindi efficacia nell’azione. Ed è bello rilevare che, proprio parlando di preghiera, il Papa porti l’esempio preclaro della Beata Madre Teresa di Calcutta.

Questo decalogo aiuti il ministero del “sovvenire” e degli incaricati e lo renda, alla fine, un servizio autentico a misura di carità, cioè un servizio d’amore.

Nola / Diario di una condivisione

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La Diocesi di Nola e la parrocchia del Sacro Cuore, Marigliano, località Pontecitra (NA) nei giorni 2-3 dicembre 2022 hanno promosso due incontri di formazione per volontari (diocesani e parrocchiali) dal titolo:

  • sovvenire alle necessità della Chiesa: la relazione d’aiuto come strumento di servizio nel lavoro sul territorio
  • le relazioni interpersonali: strumento d’intervento con abilità di counseling per operatori nel territorio.

Nel primo incontro, rivolto al Gruppo di lavoro diocesano e ad alcune realtà territoriali, si è sottolineata la profonda sinergia tra il “sovvenire” e il lavoro di educazione svolto nel territorio per promuoverne al meglio i valori di: comunione, condivisione, corresponsabilità, perequazione. Al secondo hanno partecipato tutti quei volontari che ogni giorno si rivolgono e prestano servizio nel territorio della parrocchia. La fascia d’età è partita dai 16 anni sino ai 70 e tutti si sono mostrati attenti e partecipativi per l’intera durata degli incontri.
L’affluenza è stata superiore ad ogni più rosea aspettativa, circa 250 persone distribuite in 3 sessioni.

Sono state affrontate abilità di counseling e simulate relazioni d’aiuto, utili per aiutare a sviluppare competenze di base specifiche da applicare nel territorio.

Nei due incontri sono stati affrontati i diversi approcci ad una corretta relazione di aiuto, di cura nel senso più profondo del “mi sta a cuore”:

  • aiutare l’altro a soddisfare i bisogni e le aspettative
  • una cura educativa tesa a mettere l’altro nelle condizioni di provvedere da sé ai propri bisogni e promuovendo la capacità di aver cura di sé per essere in grado in seguito di fare lo stesso con gli altri.

Per questo ogni volontario che nel proprio territorio vuole “prendersi cura” degli altri, non può non affrontare in modo profondo e consapevole le relazioni interpersonali; esse danno un cuore ad ogni forma di comunicazione efficace, vera e attenta all’altro.

Il nostro essere cristiani c’impone di essere testimoni credibili dell’Amore di Dio. Dice San Paolo in (Fil 2, 6-8):

«Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini.
Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce

Per far questo, a imitazione di Cristo, l’altro (il fragile, l’anziano, il povero, l’emarginato e chiunque necessità di aiuto) deve trovare in noi una persona disposta a prendersi cura di loro, delle proprie difficoltà e dei propri bisogni. Dobbiamo essere balsamo per la solitudine che opprime il desiderio di vivere, naturale aspirazione di ciascuna persona.

Diceva Viktor Frankl: «Ho trovato il senso della mia vita aiutando gli altri a trovare il significato della propria».

Questa frase riassume al meglio il servizio di volontariato di chi si prende cura dell’altro.

Stefano Maria Gasseri

Il Papa ai seminaristi / La vostra sia vita di preghiera che nasce dal ringraziamento

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Nel discorso non pronunciato ma consegnato alla comunità del Seminario di Barcellona, il Papa sottolinea che la missione dei presbiteri è quella di rendere Cristo “presente nell’Eucaristia, nei sacramenti, nella parola, affinché nasca nel cuore degli uomini”.

Qui il servizio di Amedeo Lomonaco per Radio Vaticana.

Nel cammino della formazione, avverte il Pontefice, ci sono due tentazioni. La prima consiste nel “concentrarsi sulle cose brutte, tenendo conto solo delle esperienze negative”. L’altra è “quella di presentare un mondo idilliaco e irreale”.

Ricordate che, quando sarete sacerdoti, il vostro primo obbligo sarà una vita di preghiera che nasca dal ringraziamento per questo amore di predilezione che Dio vi ha dimostrato nel chiamarvi al suo servizio. Questo è il primo mistero gioioso dal quale tutto nasce.

Dallo Spirito Santo, spiega il Pontefice, arriva il dono che accompagna il cammino dopo la vocazione: quello di essere sacerdoti di Cristo.

Non smettete mai di assaporare e rievocare questo amore di predilezione che si riversa e si riverserà abbondantemente nel vostro cuore, nella vostra ordinazione e nel resto dei vostri giorni. Non spegnete mai quel fuoco che vi renderà intrepidi predicatori del Vangelo, dispensatori dei tesori divini. Unite la vostra carne a quella di Gesù, come Maria, per immolarvi con Lui nel sacrificio eucaristico, e anche nella gloria del suo trionfo.

Il Papa esorta infine i seminaristi a prendere il rosario, a chiedere a Maria, Regina e Madre della Misericordia, di aiutarli “a scoprire i misteri del sacerdozio”. E a contemplare i misteri di suo Figlio, “accettando che la gioia della sequela e la perfetta identificazione sulla croce sono l’unico cammino per la gloria”.

 

Il Papa ai preti / Vicinanza, tenerezza e misericordia, le tre caratteristiche del sacerdote

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Il Papa, parlando a “braccio” ai partecipanti al corso per rettori e formatori dei seminari dell’America Latina, ha definito le tre caratteristiche che deve avere un sacerdote: “Vicinanza, tenerezza e misericordia“. Ha inoltre raccomandato di “discernere bene” durante la formazione: “Se un formatore non ha la capacità di discernere, dovrebbe dire al Vescovo ‘mandami da un’altra parte’”. Ha anche  lanciato un monito contro i pettegolezzi: “Attenti, facciamo la pelle dei nostri compagni…. Siamo fratelli”.

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano – 11 novembre 2022

Vicinanza, perché è triste avere preti “alla guida di una parrocchia che gridano a squarciagola” o “che vivono semplicemente di tre o quattro cose e non sanno dialogare”. Tenerezza, perché è brutto vedere sacerdoti “incapaci di accarezzare un bambino, di baciare un anziano” o che sono “rigidi” verso chi viene a chiedere perdono in confessione. E soprattutto preghiera, perché “un sacerdote che non prega finisce nella discarica”.

Qui il suo intervento.

Rapporto Caritas Italiana 2022 / L’anello debole

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In occasione della Giornata internazionale di lotta alla povertà, Caritas Italiana ha presentato, lunedì 17 ottobre a Roma il suo 21° Rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”.

Dal Rapporto emerge che non esiste una sola povertà: ce ne sono tante, acuite dai disastrosi effetti della pandemia, ancora in corso, e dalle ripercussioni della vicina guerra in Ucraina. Nel 2021 i poveri assoluti nel nostro Paese sono stati circa 5,6 milioni, di cui 1,4 milioni di bambini.

Tra gli “anelli deboli”, i giovani, colpiti da molte forme di povertà: dalla povertà ereditaria, che si trasmette “di padre in figlio” per cui occorrono almeno cinque generazioni a una persona che nasce in una famiglia povera per raggiungere un livello medio di reddito; alla povertà educativa, tanto che solo l’8% dei giovani con genitori senza titolo superiore riesce a ottenere un diploma universitario.

Solo nel 2021 quasi 2.800 Centri di Ascolto Caritas hanno effettuato oltre 1,5 milioni di interventi, per poco meno di 15 milioni di euro, con un aumento del 7,7% delle persone che hanno chiesto aiuto rispetto all’anno precedente. Anche nel 2022 i dati raccolti fino a oggi confermano questa tendenza.

Non si tratta sempre di nuovi poveri ma anche di persone che oscillano tra il dentro e fuori dallo stato di bisogno. Il 23,6% di quanti si rivolgono ai Centri di Ascolto sono lavoratori poveri. Tale condizione tocca il suo massimo tra gli assistiti stranieri: il 29,4% di loro è un lavoratore povero.

Il Rapporto si conclude con una valutazione delle politiche di contrasto alla povertà, con particolare attenzione alle prospettive di riforma e investimento derivanti dal PNRR e dal programma europeo Next generation EU.

Qui il Rapporto completo e la sintesi.