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Amico del Clero / Il Campus Comunidare: una scommessa formativa

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Anche a marzo il mensile della FACI ha ospitato un articolo sull’importanza della formazione dei seminaristi ai temi del “sovvenire” a firma di don Graziano Donà, membro del Comitato per la promozione del sostegno economico della CEI.

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Il Campus “Comunidare” è stata l’espressione più concreta dell’impegno di “educare al sovvenire” da parte dei Vescovi Italiani nei confronti dei seminaristi. Infatti, nel documento Sostenere la Chiesa per servire tutti è presente un’importante esortazione nella quale si chiede ai seminaristi di accogliere la formazione riguardante le motivazioni teologiche e pastorali che stanno alla base del sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia e i concreti meccanismi del suo funzionamento, definiti in seguito alla revisione del Concordato tra Stato italiano e Chiesa Cattolica avvenuta nel 1984.
Il primo Campus si è tenne a Roma nel 2009 e i successivi appuntamenti annuali sono proseguiti ininterrottamente fino al 2019, quando la pandemia ha costretto a restrizioni importanti gli incontri in presenza; l’organizzazione è sempre stata affidata al Servizio Promozione per il Sostegno Economico alla Chiesa Cattolica che ha operato in stretta collaborazione con la Segreteria generale della CEI.
Nel definire il programma e gli interventi per “educare i seminaristi al sovvenire”, i responsabili del Servizio Promozione, scelsero inizialmente di seguire tre criteri che poi nel tempo sono divenuti il riferimento per tutti gli altri Campus. Vediamoli nel dettaglio.

Il primo criterio consiste nella “presunzione” che i temi del “sovvenire” non sono marginali o appartenenti solo a coloro che sono a conoscenza di un certo linguaggio economico o giuridico, ma sono temi centrali perché nascono e richiamano una precisa idea di Chiesa, radicata nel messaggio evangelico e fedele agli insegnamenti del concilio Vaticano II: un’esperienza di comunione, che riconosce a tutti i battezzati che la compongono una vera uguaglianza nella dignità e chiede loro l’impegno alla corresponsabilità e alla condivisione delle risorse (Sostenere la Chiesa per servire tutti, 4).

Il secondo criterio si basa nel desiderio di dare fondamento al “sovvenire” e quindi, da un lato, fornire una formazione concreta ed esperienziale, dall’altro fare riflessioni e approfondimenti teologici e pastorali. Concretamente questo equilibrio si è sempre avuto attraverso delle lezioni in aula in piccoli gruppi che hanno permesso fattualmente una interazione ideale tra seminaristi e docenti qualificati.

Il terzo criterio si fonda nella condivisione della fraternità e nella conoscenza di sacerdoti e Vescovi responsabili di vari ambiti e uffici della Conferenza Episcopale Italiana.

Nel corso degli anni, il criterio motivo di confronto e revisione è sempre stato il secondo. I temi di attualità ecclesiale e civile e le caratteristiche dei seminaristi, han portato sempre ad interrogarsi al fine di trovare il giusto equilibrio tra la parte formativa e quella partica o progettuale. E proprio in quest’ottica, la sospensione dovuta alla pandemia, ha portato ad una revisione del metodo del Campus che nelle prossime settimane verrà ufficialmente presentato nella sua nuova veste.

Ad oggi però ciò che emerge è un senso di gratitudine per il lavoro svolto e per la formazione avuta e condivisa. Ogni anno oltre cento seminaristi hanno dato vita ad un laboratorio di idee e di vita che nel tempo ha dato frutti e che ha permesso, a molti giovani sacerdoti, di avere gli strumenti, per essere in grado un giorno di accompagnare con convinzione e con lealtà le comunità loro affidate (Sostenere la Chiesa per Servire tutti, 16).

Il Papa ai sacerdoti / Il prete non è uno “scapolo” ma un buon pastore dal cuore sempre aperto

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Non “discorsi interminabili” e teorie “su ciò che dovrebbe essere” la teologia del sacerdozio, ma quattro “vicinanze”, a Dio, al Vescovo, tra i presbiteri e al popolo, che “possono aiutare in modo pratico, concreto e speranzoso a ravvivare il dono e la fecondità che un giorno ci sono stati promessi” come presbiteri. L’intervento di Papa Francesco che ha aperto il Simposio “Per una teologia fondamentale del sacerdozio”, promosso dalla Congregazione per i Vescovi in Aula Paolo VI (17-19 febbraio 2022), ha avuto lo scopo di “condividere gli atteggiamenti che danno solidità alla persona del sacerdote, le quattro colonne costitutive della nostra vita sacerdotale” e che chiama le “quattro vicinanze”, “perché seguono lo stile di Dio, che fondamentalmente è uno stile di vicinanza”. (Ascolta il servizio con la voce del Papa).

Il servizio di Alessandro di Bussolo per Radio Vaticana.

Amico del Clero / Sul mensile FACI il Campus Comunidare

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Confermando lo spirito di piena collaborazione che contraddistingue ormai da anni il Servizio Promozione della CEI e la FACI, è stata ha rinnovata anche quest’anno la disponibilità della Federazione ad ospitare sul mensile L’Amico del Clero argomenti inerenti il “sovvenire”. A febbraio il primo appuntamento, nel quale è stato affrontato un argomento molto importante: la formazione dei seminaristi. Il contributo porta la firma di un membro del Comitato CEI per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, don Graziano Donà.

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Educare al “sovvenire”: una sfida dei nostri giorni

I Vescovi italiani nel documento Sostenere la Chiesa per servire tutti del 2008, fecero proprio un impegno educativo sui temi e i meccanismi del “sovvenire”. Dopo vent’anni dall’introduzione in Italia del nuovo sistema di sostegno economico alla Chiesa cattolica, il bilancio era stato giudicato infatti molto positivo e alla doverosa gratitudine, i Vescovi avevano inoltre voluto esplicitare la necessità di proseguire il cammino curando soprattutto l’aspetto comunicativo e qualificando sempre più l’aspetto formativo.

Diventava così importante e prioritario sentirsi coinvolti nell’educare al “sovvenire”. Interessante è a tal proposito l’affermazione che ritroviamo al n. 11: Educare al sovvenire è una via assai concreta per accrescere il senso di appartenenza ecclesiale, la partecipazione e la corresponsabilità.

Tra i destinatari della formazione venivano indicati anche i Seminaristi. Nel documento ad essi è rivolta un’esplicita raccomandazione: Negli anni della formazione al ministero ordinato vi saranno presentate le motivazioni teologiche e pastorali che sono alla base del sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia e i concreti meccanismi del suo funzionamento. È importante che li conosciate e li facciate vostri, per essere in grado un giorno di accompagnare con convinzione e con lealtà le comunità che vi saranno affidate. Così facendo, crescerete anche nel senso di solidarietà e nello spirito di condivisione (16).

I Vescovi affidarono al Servizio Promozione della CEI il compito di organizzare un Campus “integrativo” dedicato ai Seminaristi sia a supporto dei piani di studio dei Seminari ma anche per raggiungere una maggiore grado di approfondimento e di uniformità sui temi del “sovvenire”.

Questo Campus si è sempre tenuto in strutture poco distanti da Roma nella prima settimana di settembre. La particolarità è stata la scelta del titolo: “Comunidare”. Ad intuito sembra una banale fusione di più parole, ma in realtà c’è un contenuto che si vuol trasmettere e cioè che non si può comunicare se non quello che si dà e il cuore della Chiesa è la comunione. Il sistema del “sovvenire”, prima di essere la soluzione al problema tecnico del sostentamento del clero e dei bisogni pastorali, è un’idea-forza: condividere il dono che è la Chiesa stessa.

Il Campus Comunidare, dopo un primo periodo di sperimentazione, è proseguito ininterrottamente fino al 2019 e ha sempre visto ogni anno la partecipazione di un centinaio di Seminaristi, prevalentemente dei seminari del sud Italia. Alla guida dei Seminaristi ci sono stati docenti qualificati a cui si è aggiunta la preziosa partecipazione sia del Segretario Generale che di vari responsabili di Uffici della CEI. L’arrivo della pandemia ha costretto alla sospensione ma per il 2022 si preannunciano importanti novità che avremo modo di comunicare molto presto.

Da sottolineare comunque che il tema legato all’educare al “sovvenire” non ha come destinatari solo i Seminaristi ma tutta la comunità ecclesiale. Le proposte rivolte ai sacerdoti, ai consigli pastorali, ad alcune categorie professionali, ai fedeli in termini di modalità sono diversificate. Ad ogni modo per tutti rimane lo stesso obiettivo: educare ed educarsi al “sovvenire” e ai suoi valori evangelici per maturare e possibilmente accrescere il senso di appartenenza ecclesiale, la partecipazione e la corresponsabilità.

Don Graziano Donà
Membro del Comitato CEI per la Promozione del Sostegno Economico alla Chiesa

Donare vale quanto fare / La comunità cristiana e i suoi preti

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Uscirà nel numero di marzo di Catechisti Parrocchiali questo articolo di don Roberto Laurita dedicato ai sacerdoti e al loro sostentamento.

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Dopo un rapido viaggio, nell’inverno dell’anno 49-50, Paolo e i suoi compagni raggiungono la città di Filippi, nella regione della Macedonia. Si tratta di una colonia romana, luogo di residenza di ex-legionari. Gli ebrei sono poco numerosi e non hanno neppure una sinagoga. Per pregare si radunano fuori delle mura della città. La loro situazione è delicata. Qualche mese prima l’imperatore Claudio ha cacciato gli ebrei da Roma. Ogni propaganda ebraica è proibita. Ecco dunque Paolo, cittadino romano, che entra in una città romana. È la prima città dell’attuale Europa in cui viene predicato il Vangelo.

L’OSPITALITÀ DI LIDIA
Lidia, commerciante di porpora, originaria della città pagana di Tiatira, risiede a Filippi. Colpita dalle parole di Paolo, si fa battezzare e spinge i missionari a andare ad abitare nella sua casa. Il racconto di Luca, negli Atti degli Apostoli, è semplice e bello: «C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia… e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata assieme alla sua famiglia, ci invitò: “Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa. E ci costrinse ad accettare”» (At 16,14-15).

A Filippi Paolo e Sila sono ingiustamente accusati di fare propaganda ebraica. Vengono battuti, imprigionati e poi liberati. Ma devono abbandonare la città. Paolo vi ritornerà ancora due volte in occasione del suo terzo viaggio: all’andata, nell’autunno del 57, e al ritorno, a Pasqua del 58. Nel frattempo scrive ai filippesi una lettera in cui esprime la relazione privilegiata che egli ha conservato con questa prima comunità della Macedonia.

UNA COMUNITÀ CHE SOSTIENE L’APOSTOLO
I cristiani di Filippi si sono dimostrati sempre generosi e attenti alle necessità di Paolo. Ed è solo da loro che egli accetta denaro per vivere. L’apostolo lo ricorda con gratitudine: «Voi di Filippi, lo sapete bene: quando lasciai la Macedonia e cominciai a diffondere altrove il messaggio del Vangelo, soltanto voi, e nessun’altra comunità, avete voluto prendervi cura di me. E anche a Tessalonica mi avete mandato, più di una volta, il necessario di cui avevo bisogno» (Fil 4,15-16). Al momento in cui scrive Paolo è in prigione, a Efeso, a causa del Vangelo e lì lo raggiunge Epafrodito, inviato dai Filippesi per portare gli aiuti. L’apostolo non può fare a meno di dire la sua riconoscenza: «Ancora una volta mi avete aiutato concretamente. Me ne sono molto rallegrato, come di un dono che viene dal Signore. È vero che vi siete sempre occupàti di me … Ora che Epafrodito mi ha portato quel che voi mi avete mandato, non ho più bisogno di nulla. Anzi, ho più del necessario. Il vostro dono è un’offerta gradita, è come il profumo di un sacrificio che Dio accoglie volentieri» (4,10.18).

E OGGI? LE COMUNITÀ CRISTIANE E I LORO PRETI
L’esempio dei cristiani di Filippi, i primi discepoli di Gesù in Europa, non è andato perduto. Lungo i secoli e anche oggi, nelle comunità i fedeli prendono a cuore la vita dei loro preti. Qualche volta lo fanno direttamente: un biglietto di auguri, un piccolo dono, una bottiglia di vino, accompagnata da un dolce, una visita sono un segno di vicinanza, di stima, di incoraggiamento di amicizia. Ma c’è un modo «organizzato» per sostenere tutti i preti, anche quelli che non conosciamo e che, forse, hanno maggiormente bisogno di aiuto. A questo proposito uno strumento prezioso è l’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, che raccoglie le offerte dall’Italia e, attraverso di esse, assicura a tutti i preti che operano nel nostro Paese, e anche a quelli che svolgono un servizio all’estero, la possibilità di affrontare serenamente le spese necessarie per vivere decorosamente.

DONI IN DENARO
Una comunità cristiana non può sviluppare le sue attività senza ricorrere al denaro. Alcuni pensano, talvolta in modo piuttosto idealizzato e irreale, che una comunità cristiana non ha bisogno né di denaro, né di beni materiali. La fede in Dio e la buona volontà dovrebbero essere sufficienti…

Ma è possibile curare l’edificio della chiesa, formare responsabili competenti, organizzare incontri, aiutare i bisognosi, annunciare la Buona Novella per mezzo di libri, film, giornali…, senza disporre di denaro?

È importante che i cristiani partecipino allo sviluppo delle loro comunità attraverso doni in denaro e questo per renderla maggiormente capace e dotata delle risorse necessarie per annunciare il Vangelo nel mondo d’oggi.

DIFFIDENZA
Coloro che sognano una Chiesa «senza denaro» hanno, in un certo senso, ragione. Sanno bene che il denaro non è cattivo, ma che tutto dipende dall’uso che se ne fa. Hanno semplicemente paura del potere che il denaro esercita anche sui cuori più puri. Temono che riesca a sporcare anche le migliori intenzioni… Francesco d’Assisi diceva: «Il denaro è un buon servitore, ma può diventare un padrone tirannico». Ecco perché tocca a tutti, e soprattutto ai responsabili, vegliare con saggezza evangelica perché nella Chiesa i doni in denaro servano unicamente all’annuncio del Vangelo e alla condivisione con i più poveri.

Proprio per questo è nato «il servizio nazionale», l’Istituto Centrale di Sostentamento del Clero, perché chi vuole donare possa essere sicuro di offrire un sostegno a tutti i preti, in qualunque zona si trovino a operare. I preti non sono superuomini, ma persone in carne e ossa, con le necessità e i bisogni di ognuno di noi. Sono a servizio delle parrocchie e ne costituiscono il cuore pulsante. Prendersi cura della loro esistenza significa consentire loro di agire a favore degli altri senza troppi ostacoli ed eccessive difficoltà. «Donare a loro» equivale a fare attraverso di loro, a compiere per mezzo loro tutto il bene di cui sono capaci. Uniamoci dunque nel dono con i nostri sacerdoti.

PROVA A SCOPRIRE…

attraverso una breve intervista al tuo parroco:

  • i tanti impegni che riesce a realizzare, dal mattino alla sera, di un giorno qualsiasi;
  • le diverse persone che incontra e perché;
  • i problemi piccoli e grandi che deve affrontare…

C’è qualcuno che lo aiuta? Chi sono i suoi collaboratori?

E c’è chi si prende cura di lui?

Le storie di tanti sacerdoti possono essere viste su www.unitineldono.it dove è possibile anche donare per loro.

FISC / Ancora un mese per partecipare al bando giornalistico

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Si concluderà il prossimo 28 febbraio il bando giornalistico fatto in collaborazione con la Federazione Italiana Settimanali Cattolici (Fisc) dedicato alla Offerte per il sostentamento dei sacerdoti. La selezione, chiamata “Pubbliredazionale Offerte”, è dunque ancora aperta a redattori e collaboratori dei settimanali cattolici italiani aderenti alla Fisc, che abbiano compiuto il 18° anno di età.

Ogni testata partecipante ha tempo un mese per pubblicare la seconda storia di sacerdote e non solo: l’articolo sarà infatti un’occasione importante per far conoscere delle belle storie sulle nostre comunità parrocchiali che, insieme ai propri preti, sono testimoni di fede vissuta e operosa carità.

In allegato il regolamento.  Per ulteriori informazioni contattare la segreteria della Fisc scrivendo a fisc@fisc.it.

Un nuovo passo / Intervista all’autore Alberto Campoleoni

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Al Convegno presidenti e assistenti unitari diocesani di Azione Cattolica (29-31 ottobre) erano state distribuite ai presenti due copie di un nuovo libro del giornalista e scrittore Alberto Campoleoni dal titolo Un nuovo passo. Appunti sulla corresponsabilità nella Chiesa con un duplice obiettivo: dare ai presidenti diocesani della storica Associazione l’opportunità di incontrare l’incaricato del “sovvenire”, al quale offrire la seconda copia della pubblicazione, e avviare una riflessione su cosa significhi oggi vivere la corresponsabilità della Chiesa anche dal punto di vista economico.

Siamo lieti di proporvi un’intervista all’autore a cura di Fabio Colagrande per Radio Vaticana in cui si approfondiscono alcuni contenuti, come il ruolo dei laici, il senso di corresponsabilità e la collaborazione con i preti nella Chiesa di oggi.

In allegato anche altri approfondimenti all’autore pubblicate su Eco di Bergamo e Avvenire.

Nola / L’essenziale per comunicare l’Essenziale

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Si è svolto lo scorso 4 dicembre presso l’Istituto superiore di scienze religiose Duns Scoto di Nola, la seconda tappa dell’itinerario di formazione per potenziali animatori della cultura e della comunicazione L’essenziale per comunicare l’Essenziale, promosso dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della diocesi di Nola, in collaborazione con il “sovvenire”, Ucsi Campania, l’associazione Webcattolici italiani, Avvenire e l’Ufficio comunicazioni sociali della CEI. Qui il programma completo.

Non si può morire di like. Ritornare a pensare, leggendo e scrivendo il tema all’ordine del giorno, scelto per puntare l’attenzione sull’importanza di formarsi per poter comunicare, e sulla necessità di farlo soprattutto attraverso la lettura dei quotidiani e della stampa periodica.

I partecipanti si sono confrontati sul tema con Guido Pocobelli Ragosta, giornalista Rai e presidente di Ucsi Campania e Matteo Liut, giornalista di Avvenire. Due invece i laboratori previsti, curati dalla redazione: Le cinque W per scrivere per inDialogo e Scrivere per il blog, tra grammatica e Seo. 

Ha concluso la mattinata l’intervento di Stefano Gasseri, del Servizio Promozione della CEI, che ha presentato ai partecipanti i valori che caratterizzano il sostegno economico alla Chiesa cattolica e quanto essi contribuiscano ad alimentare la fonte della comunione, origine anche di ogni forma di comunicazione e di relazione.

Quello proposto dall’Ucs diocesano è un cammino per imparare a comunicare la Chiesa, in questo tempo.
Il percorso è rivolto a quanti seguono o si accingono a seguire la comunicazione per la parrocchia, il gruppo associativo, la congrega, la famiglia religiosa, ma anche ai direttori di uffici e servizi diocesani, ai responsabili delle aggregazioni laicali diocesane e ai parroci.

 

Papa Francesco / Il suo dono ai Vescovi italiani

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Papa Francesco, intervenendo in forma privata all’apertura della 75.ma Assemblea della CEI, ha regalato ad ogni presule presente un cartoncino nel quale sono scritte le otto beatitudini del Vescovo indicate in una recente omelia da Monsignor Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli.

Ne riportiamo il testo pubblicato su Vatican News del 23 novembre a cura di Benedetta Capelli.

Testimoni
Beato il Vescovo che fa della povertà e della condivisione il suo stile di vita, perché con la sua testimonianza sta costruendo il regno dei cieli”.

“Il vescovo – ha detto il Papa l’8 settembre 2018 ai vescovi dei territori di missione – non vive in ufficio, come un amministratore di azienda, ma tra la gente, sulle strade del mondo, come Gesù. Porta il suo Signore dove non è conosciuto, dove è sfigurato e perseguitato. E uscendo da sé ritrova sé stesso”.

Le lacrime del Vescovo
“Beato il Vescovo che non teme di rigare il suo volto con le lacrime, affinché in esse possano specchiarsi i dolori della gente, le fatiche dei presbiteri, trovando nell’abbraccio con chi soffre la consolazione di Dio”.

Francesco più volte ha parlato della “grazia delle lacrime”; una grazia che vale soprattutto per chi è investito di un servizio come l’episcopato. Nella veglia di preghiera “Per asciugare le lacrime”, nella Basilica Vaticana, il 5 maggio 2016, ha affermato: “Se Dio ha pianto, anch’io posso piangere sapendo di essere compreso. Il pianto di Gesù è l’antidoto contro l’indifferenza per la sofferenza dei miei fratelli. Quel pianto insegna a fare mio il dolore degli altri, a rendermi partecipe del disagio e della sofferenza di quanti vivono nelle situazioni più dolorose”.

Servire e non dominare
“Beato il Vescovo che considera il suo ministero un servizio e non un potere, facendo della mitezza la sua forza, dando a tutti diritto di cittadinanza nel proprio cuore, per abitare la terra promessa ai miti”.

“Non è vero episcopato senza servizio – ha detto il Papa nella messa di ordinazione episcopale lo scorso 17 ottobre – non di un onore, come volevano i discepoli, uno alla destra, uno alla sinistra, poiché al Vescovo compete più il servire che il dominare, secondo il comandamento del Maestro: ‘Chi è il più grande tra voi, diventi come il più piccolo. E chi governa, come colui che serve’. Servire. E con questo servizio, voi custodirete la vostra vocazione e sarete autentici pastori nel servire, non negli onori, nella potestà, nella potenza… No, servire, sempre servire”.

Non principi
“Beato il Vescovo che non si chiude nei palazzi del governo, che non diventa un burocrate attento più alle statistiche che ai volti, alle procedure che alle storie, cercando di lottare al fianco dell’uomo per il sogno di giustizia di Dio perché il Signore, incontrato nel silenzio della preghiera quotidiana, sarà il suo nutrimento”.

Nell’omelia della Messa a Santa Marta il 12 novembre 2018, il Papa ricordando che Paolo lascia Tito a Creta per mettere ordine nella Chiesa, indica dei criteri e delle istruzioni. “La definizione che dà del Vescovo è un ‘amministratore di Dio’, non dei beni, del potere, delle cordate, no: di Dio. Sempre deve correggere se stesso e domandarsi: ‘Io sono amministratore di Dio o sono un affarista?’ Il vescovo è amministratore di Dio. Deve essere irreprensibile: questa parola è la stessa che Dio ha chiesto ad Abramo: ‘Cammina nella mia presenza e sii irreprensibile’. È parola fondante, di un capo”.

Camminare con il gregge
“Beato il Vescovo che ha cuore per la miseria del mondo, che non teme di sporcarsi le mani con il fango dell’animo umano per trovarvi l’oro di Dio, che non si scandalizza del peccato e della fragilità altrui perché consapevole della propria miseria, perché lo sguardo del Crocifisso Risorto sarà per lui sigillo di infinito perdono”.

Incontrando il 19 settembre 2013 i vescovi di missione, Francesco ha ricordato che i Vescovi sono “sposi della vostra comunità, legati profondamente ad essa! Vi chiedo, per favore, di rimanere in mezzo al vostro popolo. Rimanere, rimanere… Evitate lo scandalo di essere ‘Vescovi di aeroporto’! Siate Pastori accoglienti, in cammino con il vostro popolo, con affetto, con misericordia, con dolcezza del tratto e fermezza paterna, con umiltà e discrezione, capaci di guardare anche ai vostri limiti e di avere una dose di buon umorismo”.

La preghiera
“Beato il Vescovo che allontana la doppiezza del cuore, che evita ogni dinamica ambigua, che sogna il bene anche in mezzo al male, perché sarà capace di gioire del volto di Dio, scovandone il riflesso in ogni pozzanghera della città degli uomini”.

La doppiezza si vince con la verità che arriva guardando Gesù. Francesco, più volte, ha indicato come prioritaria la preghiera. “Il primo compito del Vescovo – ha detto nell’omelia della Messa a Santa Marta il 22 gennaio 2016, è stare con Gesù nella preghiera”, “non è fare piani pastorali” mentre “il secondo compito è essere testimone, cioè predicare: predicare la salvezza che il Signore Gesù ci ha portato”. Due compiti non facili ma che sono colonne della Chiesa. “Se queste colonne si indeboliscono, perché il vescovo non prega o prega poco, si dimentica di pregare; o perché il vescovo non annuncia il Vangelo, si occupa di altre cose, la Chiesa anche si indebolisce; soffre. Il popolo di Dio soffre”.

Essere “uno”
“Beato il Vescovo che opera la pace, che accompagna i cammini di riconciliazione, che semina nel cuore del presbiterio il germe della comunione, che accompagna una società divisa sul sentiero della riconciliazione, che prende per mano ogni uomo e ogni donna di buona volontà per costruire fraternità: Dio lo riconoscerà come suo figlio”.

Nell’udienza ai vescovi del Movimento dei Focolari, 25 settembre 2021, Francesco ha spiegato che Papa e Vescovi sono “al servizio non di un’unità esteriore, di una ‘uniformità’, ma del mistero di comunione che è la Chiesa in Cristo e nello Spirito Santo, la Chiesa come Corpo vivo, come popolo in cammino nella storia e nello stesso tempo oltre la storia”. Davanti alle “ombre di un mondo chiuso” – ha aggiunto – dove tanti sogni di unità “vanno in frantumi”, dove manca “un progetto per tutti” e la globalizzazione naviga “senza una rotta comune”, dove il flagello della pandemia rischia di esasperare le disuguaglianze, lo Spirito ci chiama ad “avere l’audacia di essere uno”.

Dio, in Lui la fiducia
“Beato il Vescovo che per il Vangelo non teme di andare controcorrente, rendendo la sua faccia ‘dura’ come quella del Cristo diretto a Gerusalemme, senza lasciarsi frenare dalle incomprensioni e dagli ostacoli perché sa che il Regno di Dio avanza nella contraddizione del mondo”.

Francesco più volte ha esortato a riporre in Dio la fiducia quando si ha paura, senza cercare rifugio nel mondo, nelle sue gratificazioni perché solo in Lui si “allontana ogni paura”, si è liberi “da ogni schiavitù e da ogni tentazione mondana”. Nella Messa celebrata il 29 giugno 2014 aveva concluso la sua omelia con una preghiera intensa:
Il Signore oggi ripete a me, a voi, e a tutti i Pastori: Seguimi! Non perdere tempo in domande o in chiacchiere inutili; non soffermarti sulle cose secondarie, ma guarda all’essenziale e seguimi. Seguimi nonostante le difficoltà. Seguimi nella predicazione del Vangelo. Seguimi nella testimonianza di una vita corrispondente al dono di grazia del Battesimo e dell’Ordinazione. Seguimi nel parlare di me a coloro con i quali vivi, giorno dopo giorno, nella fatica del lavoro, del dialogo e dell’amicizia. Seguimi nell’annuncio del Vangelo a tutti, specialmente agli ultimi, perché a nessuno manchi la Parola di vita, che libera da ogni paura e dona la fiducia nella fedeltà di Dio. Tu seguimi!

Alberto Campoleoni / Un nuovo passo. Appunti sulla corresponsabilità nella Chiesa

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Un nuovo passo. Lo cerchiamo tutti, nella Chiesa di oggi che intraprende un importante cammino sinodale. A questo passo, che chiama in particolare alla corresponsabilità dei laici, rimanda il libro di Alberto Campoleoni, edito da Ave e promosso da Sovvenire.

“Raccoglie una serie di ‘appunti’ molto personali – dichiara l’autore – sui temi della comunità cristiana, riflessioni e provocazioni da mettere in comune che mi piacerebbe poter discutere con chi condivide la passione e l’impegno per la Chiesa. Per questo non solo ringrazio l’editore ed il Servizio Promozione Sostegno Economico alla Chiesa per la distribuzione del libretto ai presidenti diocesani di Ac e agli incaricati del “sovvenire”, ma resto a disposizione per partecipare, dove vi fosse la necessità, a incontri e dibattiti. Per camminare insieme, cercare e trovare strade nuove”.

Azione Cattolica / In arrivo un regalo per gli incaricati del “sovvenire”

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Al Convegno presidenti e assistenti unitari diocesani di Azione Cattolica (29-31 ottobre) uno spazio sarà riservato anche al responsabile del Servizio Promozione della CEI Massimo Monzio Compagnoni. Un’occasione preziosa per rilanciare l’importanza della collaborazione territoriale tra gli incaricati del “sovvenire” e i presidenti diocesani di Azione Cattolica.

Per questo saranno distribuite ai presenti due copie di un nuovo libro di Alberto Campoleoni* dal titolo UN NUOVO PASSO Appunti sulla corresponsabilità nella Chiesa con un duplice obiettivo: dare ai presidenti diocesani della storica Associazione l’opportunità di incontrare l’incaricato del “sovvenire”, al quale offrire la seconda copia della pubblicazione, e avviare una riflessione su cosa significhi oggi vivere la corresponsabilità della Chiesa anche dal punto di vista economico.

Invitiamo a loro volta gli incaricati del “sovvenire” ad incontrare il presidente diocesano di AC che ha in serbo una copia del libro a lui riservata.

Nel breve messaggio “Facciamo rete” che accompagna il libro di Campoleoni, l’invito è infatti proprio quello di rinsaldare o avviare un cammino comune nella propria diocesi con la pastorale del “sovvenire” ed il suo incaricato, per favorire la costruzione di una robusta rete. Così, lavorando insieme al fine di organizzare le prossime attività promozionali o formative, si costituirà un’opportunità importante affinché cresca sempre più tra i fedeli l’attenzione alle necessità della Chiesa.

Siamo operai nella vigna, con un fine che è sempre lo stesso: parole ed opere per raccontare la fede e renderla tangibile.

*Alberto Campoleoni, giornalista e scrittore, è da sempre impegnato sui temi educativi ed ecclesiali. Ha al suo attivo numerose pubblicazioni, in particolare dedicate all’insegnamento della religione cattolica nelle scuole. Per l’Ave, ha pubblicato un libro intervista sull’impegno del prete (Un parroco si confessa, 2011), un saggio sulla figura di Gesù (Piacere di conoscerti, 2013) e due raccolte di racconti (Ve lo racconto io, 2012 e Il segreto della Maddalena, 2016), letti tra l’altro da Radio Vaticana e ripresi in ambito teatrale.