Category Archives: Offerte

Pasqua: il grazie e gli auguri del card. Zuppi ai nostri donatori

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La lettera di ringraziamento e di auguri che il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il card. Matteo Zuppi, ha indirizzato a tutti i donatori, a quanti cioè sostengono con le loro offerte il lavoro dei sacerdoti in Italia e nei paesi del mondo in cui operano come ‘fidei donum’.

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Carissimi donatori,

busso alla porta della vostra casa per condividere la gioia della Resurrezione. È un annuncio che apre alla gioia e alla condivisione. E, come per i discepoli, suscita trepidazione e mette in movimento per portare la bella notizia ai fratelli e alle sorelle. Tutti insieme celebriamo la vita che vince la morte. È proprio quando le ombre scure sembrano soffocare gli sprazzi di luce che si aprono orizzonti inimmaginabili. La Pasqua è la festa di chi sa osare, di chi persiste nella fede, di chi vive ogni giorno e s’impegna per rendere vivo il saluto del Risorto: “Pace a voi!”.

Entro nella vostra casa per uscire insieme a voi e bussare ai vicini: abbiamo bisogno di essere comunità viva, che celebra e fa festa, alimentando il lume della speranza contro le logiche della violenza e del non senso. Purtroppo, in diversi luoghi del mondo, come in Ucraina e in Terra Santa, la fiammella della speranza è continuamente minacciata dal vento della guerra. Quanti crocifissi, quanti corpi feriti, quanto dolore! «Non possiamo chiudere l’orecchio al grido di questi fratelli e sorelle che soffrono per la guerra», ripete continuamente Papa Francesco.

Usciamo, allora, e corriamo insieme per costruire la pace.

La Pasqua ci aiuta a comprendere che per i cristiani non si tratta di un ideale, ma del primo dono del Risorto. È un impegno che non accetta deroghe. Nel contesto internazionale quello della pace è certamente un dovere dei “grandi” della Terra, ma chiama in causa ciascuno di noi. Ognuno deve essere operatore di pace, artigiano di pace. Dobbiamo trasformare la sofferenza causata dalla guerra nella nostra sofferenza. Chiedere la pace vuol dire fare nostre le lacrime di tutti i fratelli e le sorelle che soffrono e che vengono privati del loro futuro; vuol dire coinvolgersi personalmente perché solo da cuori pacificati può sgorgare il desiderio di pace; vuol dire – come ricorda il Papa – sentire «la responsabilità di pregare e di costruire la pace» per i bambini, per i più piccoli, per i più deboli. L’ansia della pace è un grido che diventa preghiera. Non stanchiamoci di invocare il dono della pace, di educarci alla pace, a partire dalle nostre case, dalle nostre famiglie, dalle nostre comunità.

Tanti fratelli sacerdoti ascoltano e consolano, asciugano lacrime ed abbracciano, sostengono e accompagnano, confortano e benedicono.

Accade ogni giorno lungo le strade delle nostre comunità, in tante case sparse nelle nostre città, come in tutti gli angoli del pianeta. Anche così la pace germoglia e cresce, nel silenzio e nel nascondimento, contro ogni apparente evidenza. A nome di ciascuno di loro, permettetemi di dirvi il mio grazie per essere loro vicino.

Entriamo ora nella casa dei vicini e auguriamo insieme: “Buona Pasqua”. Diamo linfa ai germogli di bene, accoglienza e mitezza che già abitano nel nostro intimo, ma che sono a volte soffocati da egoismi e chiusure. Il Signore è risorto per ciascuno di noi: affrettiamoci verso i fratelli e le sorelle, tendiamo le mani per accarezzare i loro volti, doniamo il sorriso della speranza.

Non cediamo alla rassegnazione e allo sconforto, ma rendiamo possibile la solidarietà, generando legami di fraternità e prendendoci cura degli ultimi, di chi è piccolo e di chi soffre per la guerra senza nemmeno sapere il perché.

Auguri di Buona Pasqua!

Matteo Card. Zuppi
Presidente della Conferenza Episcopale Italiana

Uniti nel Dono / San Marco Argentano, dove la solidarietà è di casa

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La parrocchia di San Giovanni Battista è il cuore di mille iniziative nella cittadina calabrese, dalla mensa al banco alimentare, dall’emporio solidale fino alla scuola di italiano: attività dirette a coinvolgere tutta la comunità, stranieri inclusi, perché nessuno si senta tagliato fuori.

Situata nel centro, la parrocchia è guidata da don Angelo Longo, un sacerdote nato in provincia di Cosenza, a Praia a Mare, il quale, dopo gli studi a Roma, si è tuffato in mille iniziative in Calabria.

Rettore del seminario minore di San Marco, don Angelo guida ben 5 chiese tutte appartenenti alla medesima parrocchia. Una di queste, “Maria Stella della nuova evangelizzazione”, è stata costruita anche con il contributo dell’8xmille. “A volte non c’è il tempo di mangiare” – ammette con un sorriso don Angelo che, in una comunità di circa 5 mila fedeli, cerca di coinvolgere tutti, dagli anziani ai ragazzi.

Tra le numerose attività, una più delle altre raccoglie volontari di tutte le età: l’attenzione particolare agli ultimi. Il Banco di San Lorenzo, l’emporio dove si distribuiscono gli alimenti intitolato al diacono martire della prima epoca del cristianesimo, è stato aperto quattro anni fa e svolge un servizio puntuale di ascolto e vicinanza a chi vive momenti di difficoltà. I volontari della Caritas parrocchiale hanno creato il “Banco mobiliare”, uno spazio dove si raccolgono mobili usati ma ancora in buone condizioni, utili per le giovani famiglie o per chi non può permettersi di spendere troppo per la casa.

Un altro aspetto importante – prosegue il parroco – è l’integrazione tra le diverse culture presenti nel comune. Il primo passo comincia dal comprendere la lingua italiana. Per questo le volontarie del Cif hanno aperto una scuola di italiano per gli stranieri arrivati nel comune, un servizio per capire e comunicare, a partire dalle frasi più semplici”.

L’articolo integrale di Nicola Nicoletti su unitineldono.it.

(In foto il Vescovo Mons. Stefano Rega in visita alla mensa Caritas).

Uniti nel Dono / Un futuro buono, come la pasta di questi ragazzi

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Fusilli, casarecce, mezze maniche, rigatoni. Gli scaffali del Pastificio Futuro sono pieni di pacchi di pasta, pronti per essere spediti a quanti li hanno ordinati. Ma si può anche acquistare di persona nel punto vendita del laboratorio, in via Giuseppe Barellai 140, all’interno del complesso del carcere minorile di Casal del Marmo di Roma, ma con entrata autonoma. Nel Pastificio lavorano infatti detenuti ed ex detenuti, che provano così, come dice il nome, a costruire il proprio futuro.

Una superficie di circa 500 metri quadri, una pressa e quattro essiccatori, l’idea del laboratorio è nata dopo la prima visita di Papa Francesco alla struttura detentiva, nel 2013, quando scelse di lavare i piedi, nel Giovedì Santo, ai minori reclusi. «Non lasciatevi rubare la speranza», aveva detto loro. Parole che non sono cadute nel vuoto e che hanno portato alla costruzione del Pastificio nei locali di un edificio da anni in disuso. A realizzarlo la Gustolibero Società Cooperativa Sociale Onlus, con il sostegno della Conferenza episcopale italiana e di Caritas Italiana e in sinergia con la Direzione dell’Istituto Penale Minorile Casal del Marmo, il Centro della Giustizia Minorile Lazio-Abruzzo-Molise, il Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità, le diocesi di Roma e di Porto – Santa Rufina.

Inaugurato il 10 novembre 2023, nel Pastificio «al momento ci sono una ragazza in articolo 21, quindi che entra ed esce dal carcere, e tre ragazzi in misura penale ma all’esterno del carcere», spiega don Nicolò Ceccolini, cappellano di Casal del Marmo. «Ancora viviamo sull’onda dell’inaugurazione – prosegue –; durante il periodo di Natale abbiamo ricevuto tantissimi ordini, sia da aziende per i regali di Natale ai propri dipendenti, come Caritas italiana o la diocesi di Roma, sia di privati. Si sono affacciati anche singoli, famiglie, associazioni. Abbiamo avuto così tanti ordini che non si riusciva a star dietro a tutti, i ragazzi hanno dovuto fare anche dei turni più lunghi». Se lavorasse a pieno regime «il laboratorio potrebbe produrre 2 tonnellate di pasta al giorno, circa 4.000 pacchetti da 500 grammi ogni giorno», sottolinea Alberto Mochi Onori, responsabile di Gustolibero Società Cooperativa Sociale Onlus.

All’inaugurazione era presente anche monsignor Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Cei: «Crediamo nell’uomo – aveva detto –. L’uomo può cambiare: ci vuole cura, ci vuole l’educazione che, come ricorda il Papa, è la forza più radicale per la trasformazione del mondo. E tanto più il mondo è infiammato tanto più abbiamo bisogno di offrire esempi di educazione perché il diamante che è nel cuore di ciascuno possa risplendere».

Lo sanno bene don Nicolò, che spende quasi ogni giorno accanto ai ragazzi di Casal del Marmo; suor Aurora, salesiana, che presta servizio al Pastificio Futuro; i volontari che danno una mano. «Un ragazzo che arriva in carcere – riflette il cappellano – è come una nave alla deriva, che avanza senza più timoniere, senza più controllo, sballottata di qua e di là dalle onde fino a impattarsi contro la parete rocciosa della scogliera che la distrugge in mille pezzi. E gli operatori del carcere devono rimettere a posto i diversi pezzi. È un lento e paziente lavoro di ri-assemblaggio». Il carcere «è sempre un luogo di sofferenza, di privazione e di solitudine, che rischia di cambiarti in peggio – prosegue –. Sappiamo tutti fin troppo bene quanto sia alto il rischio che gli effetti negativi della detenzione siano maggiori rispetto a quelli positivi. Ma l’impatto con il carcere può anche avere effetti positivi. Il Pastificio Futuro nasce da qui, dal desiderio che abbiamo nel cuore del bene vero e autentico per i nostri ragazzi. Vuole essere un segno concreto di fiducia e di speranza».

Ai ragazzi, conclude, «non basta trovargli un posto dove stare, non basta trovargli un lavoro ma li devi seguire, accompagnare da vicino, perché loro muoiono di solitudine. Ci vogliono delle relazioni altrimenti non se ne viene fuori e questa è la sfida più alta e più difficile. Sono molto fragili. Il nostro è un impegno significativo ed è anche molto bello».

(Su unitineldono.it: di Giulia Rocchi – foto di Cristian Gennari)

Diocesi di Firenze/ Uniti Possiamo in “Camper”

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Il 10 dicembre il progetto Uniti Possiamo, dedicato alle Offerte per il sostentamento dei sacerdoti, è stato messo in pratica grazie ad un “Camper” presso la parrocchia di Santa Caterina da Siena a Coverciano in Firenze (parroco don Sergio Merlini, in foto).

L’incaricato diocesano di Firenze, diacono Alessandro Cuzzola, ha dichiarato:

“È stato un successo di partecipazione. Abbiamo anche distribuito i quadernini, le penne e le borse! È stato tutto molto apprezzato, divertente e allegro. In seguito, verificherò con il nostro Istituto diocesano come sono andati gli importi. Rispetto alle attività che ho ‘seminato’ spero che la raccolta sia buona, anche se non sono riuscito a far fronte a tutte le richieste di intervento che ho avuto dai parroci. Non potevo essere in tanti posti nello stesso momento, in quanto mi hanno chiesto sempre di partecipare alle liturgie. Comunque, sto già pensando a nuove iniziate per il prossimo anno per arrivarci preparato.

Molto aiuto l’ho avuto non solo dai referenti parrocchiali, ma anche dal mio Arcivescovo, il cardinale Giuseppe Betori, che in occasione delle visite pastorali ha sempre parlato dell’importanza del sovvenire e mi ha facilitato il compito.

Ho inviato anche un articolo da pubblicare nel nostro settimanale Toscana Oggi che viene distribuito in tutte le diocesi toscane”.

Uniti nel Dono / Torna lo spot CEI sulla vita e la missione dei sacerdoti

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“Uniti nel dono” è il messaggio al centro della nuova campagna di comunicazione della Conferenza Episcopale Italiana per le Offerte destinate al sostentamento dei sacerdoti.
On air dal 13 novembre, intende sensibilizzare sulla corresponsabilità economica e sul valore della donazione a favore dei tanti preti che ogni giorno offrono il loro tempo, sono accanto ai più fragili, sono in prima linea per dare risposte a chi è in difficoltà, incoraggiano percorsi di ripresa, affidandosi alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti.

“Ogni offerta destinata al sostentamento dei sacerdoti – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni – è il segno tangibile della vicinanza dei fedeli, un mezzo per ringraziare tutti i sacerdoti, dal più lontano fino al nostro parroco. Basta una piccola offerta ma donata in tanti”.

Ideata e prodotta da Casta Diva Group, la campagna si snoda tra spot tv, radio, web, social e racconta la “missione” dei sacerdoti, ripresi nella loro quotidianità all’interno delle comunità, nei luoghi in cui tutti possono sentirsi a casa. Protagonisti dei sei spot, on air fino a Natale, tre sacerdoti, testimoni di un impegno che da nord a sud, fa la differenza per tanti. Come don Stefano Cascio, parroco di San Bonaventura da Bagnoregio, nel quartiere periferico di Torre Spaccata a Roma, che guida la comunità dal 2016 ed accoglie tutti con un sorriso: anziani soli, ragazzi di strada, rifugiati in fuga dalla guerra. Nella sua parrocchia c’è sempre posto e ciascuno è il benvenuto. Nel bellunese, don Fabio Fiori, parroco di Danta di Cadore e San Nicolò di Comelico (BL), è l’anima di una cooperativa di comunità che combatte lo spopolamento delle vallate, aiutando le persone a rimanere nel proprio paese e a non abbandonare un angolo di paradiso. A Milano don Domenico Storri, parroco di San Pietro in Sala, da oltre vent’anni coordina una web radio, i SempreVivi, che coinvolge alcuni adolescenti con disagio psichico. Un progetto che dimostra come, grazie a un microfono e a tanta passione, si possa di dare voce a chi abitualmente non ce l’ha.

Oltre agli spot, sul web e sui social, sono previste delle pillole video, brevi interviste ad alcuni parrocchiani che raccontano i “don” dal loro punto di vista.
Accanto al digital, anche la carta stampata. La campagna, pianificata su testate cattoliche e generaliste, ricorda i valori dell’unione e della condivisione con alcuni slogan incisivi: “Ci sono posti che esistono perché sei tu a farli insieme ai sacerdoti” o “Ci sono posti che non appartengono a nessuno perché sono di tutti”.

Nonostante siano state istituite nel 1984, a seguito della revisione concordataria, le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale; in molte parrocchie, però, questo non basta a garantire al parroco il necessario per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di un sistema che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani.

“In questo tempo di Cammino sinodale – sottolinea Monzio Compagnonil’offerta per il sostentamento del clero diventa un gesto concreto, un dono per ‘camminare insieme’. Una scelta valoriale che si traduce in un sostegno reale alla missione dei nostri preti”.

Diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, le offerte per i sacerdoti sono espressamente destinate al sostentamento dei preti al servizio delle 226 diocesi italiane; tra questi figurano anche 300 sacerdoti diocesani impegnati in missioni nei Paesi più poveri del mondo e 2.500 sacerdoti ormai anziani o malati dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo. L’importo complessivo delle offerte nel 2022 si è attestato appena sopra gli 8,4 milioni di euro in linea con il 2021. È una cifra ancora lontana dal fabbisogno complessivo annuo, che ammonta a 514,7 milioni di euro lordi, necessario a garantire a tutti i sacerdoti una remunerazione pari a circa mille euro mensili per 12 mesi.
Nel sito www.unitineldono.it è possibile effettuare una donazione ed iscriversi alla newsletter mensile per essere sempre informati sulle numerose storie di sacerdoti e comunità.
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In allegato il comunicato stampa con altre informazioni sulla raccolta, il fabbisogno annuale e le modalità per donare.

Offerte liberali: a chi spetta la deduzione?

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Informiamo che riguardo la deducibilità fiscale relativa alle quietanze secondo la Circolare n.15 E /E dell’Agenzia delle Entrate del 19.06.2023, con richiamo alla Risoluzione 19.06.2017 n. 72/E, le erogazioni liberali in favore dell’ICSC possono essere effettuate anche in contanti presso gli Istituti Diocesani Sostentamento Clero con il rilascio della necessaria quietanza predisposta dall’Istituto Centrale Sostentamento del Clero.

In riferimento alle quietanze, la suddetta Circolare definisce che “detti stampati devono contenere il numero progressivo dell’attestazione o certificazione, cognome, nome e comune di residenza del donante, l’importo dell’erogazione liberale e la relativa causale.”

In allegato lo stralcio della Circolare in questione, in cui sono state evidenziate le parti di interesse.

Si ricorda che, riguardo al progetto Uniti Possiamo, il termine ultimo per consegnare le scatole con le Offerte liberali agli Istituti Diocesani Sostentamento Clero scadrà il prossimo 15 dicembre. È importante farlo entro questa data anche per dare la possibilità agli Istituti Diocesani di rilasciare le relative ricevute a coloro che hanno effettuato le Offerte liberali rilasciando le proprie anagrafiche sulle buste inserite nella scatola.

Per questo si chiede la massima collaborazione a tutti gli incaricati diocesani affinchè supportino le parrocchie e i loro collaboratori.

Uniti nel Dono / Nella “Casa della Misericordia”, il cuore generoso di Molfetta

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Laboratori ed estate ragazzi, mercatino parrocchiale e attenzione al creato, presepe vivente e corteo storico di Santa Rita… ma il vero cuore della parrocchia di don Silvio Bruno, a Molfetta, è la “Casa della misericordia”, nata 17 anni fa con il precedente parroco. Un punto di riferimento per chi è in difficoltà e un segno di speranza per tutto il territorio.

Questo luogo, pensato soprattutto come una risposta concreta all’esortazione di Papa Francesco, “Misericordia et misera”, è anche una scommessa per tutti, quella di abitare la misericordia, perché sia un esercizio di vita improntato alla cura dell’altro. Una sfida, questa, che don Silvio Bruno ha accolto volentieri quando ha assunto il servizio di parroco in questa comunità, nel 2017. Grazie a questo servizio comunitario si è creata una collaborazione costante tra la parrocchia, i commercianti e altre associazioni di volontariato: la “Casa della Misericordia” oggi non è più solo un bene della parrocchia ma dell’intera comunità, un bene di cui andare fieri. È bello infatti percepire la vicinanza e l’interessamento dei parrocchiani e di coloro che, pur non essendolo, domandano: “Don Silvio c’è bisogno di qualcosa per la mensa?”.

Per saperne di più collegarsi al sito unitineldono.it.

Uniti nel dono / Parla l’incaricata della diocesi reggina: «Accanto a chi si dona per realizzare grandi cose»

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«Il contributo alla Chiesa cattolica e il sostentamento del clero rappresentano un unicum necessario per provare a concretizzare un servizio di accompagnamento alle comunità cattoliche da parte della nostra Chiesa, anche a livello locale».

È quanto afferma Giuseppina Tripodi, incaricata diocesana del Servizio per la promozione del sostegno economico della Chiesa cattolica dell’arcidiocesi di Reggio Calabria Bova. Ci spiega come grazie al contributo di tanti sia possibile portare avanti diverse iniziative (su avveniredicalabria.it, articolo di Francesco Chindemi).

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Perché dunque aiutare la Chiesa e i suoi parroci? «Almeno due – aggiunge – sono i motivi che rendono urgente quest’azione». Innanzitutto, perché «spesso la parrocchia diviene presidio di relazione e socialità, nonché faro per le fasce più fragili della popolazione. Basti pensare solo a quanto viene fatto nelle aree periferiche».

«Guardiamo ai nostri contesti territoriali spesso impoveriti dal disagio economico. La figura del sacerdote, quale prezioso punto di riferimento, dovrebbe essere messo nelle condizioni di non doversi occupare di svolgere attività lavorativa per sopperire alle incombenze quotidiane, ma piuttosto perseguire la sua vocazione che culmina nella cura delle anime», spiega ancora l’incaricata diocesana del Servizio per la promozione del sostegno economico della Chiesa.

«Il sacerdote quale guida della comunità dentro la tempesta delle difficoltà che sempre più frequentemente vive l’uomo del nostro tempo – ha motivo di ritenere Tripodi – deve comunque poter contare su una comunità che si fa carico di qualcosa per garantire allo stesso la libertà di agire». Cos’altro c’è da fare? «Nella nostra arcidiocesi ancora la sua testimonianza – molto è stato fatto e molto altro sarà realizzato grazie alla generosità dei tanti benefattori che non fanno mancare il proprio contributo».

L’elenco è davvero lungo, basti pensare alle tante iniziative di prossimità portate avanti grazie all’intraprendenza dei parroci in unione con le rispettive comunità parrocchiali. Gli esempi non mancano. «Per restare in tema di aiuto alla comunità ad esempio – ricorda l’incaricata Spse della diocesi reggina non si possono non menzionare gli empori solidali nati con il contributo dell’8xmille e con donazioni di privati e le tante opere segno che a livello centrale e periferico sono state attivate. Tra queste – conclude – vorrei ricordare anche il servizio svolto presso il Museo diocesano “Aurelio Sorrentino” che, potendo anche contare sulla dedizione della sua direttrice, promuove la cultura religiosa, valorizzando i nostri tesori con delle pregevoli attività mirate alla crescita emotiva e culturale di bambini, ragazzi e delle loro famiglie».

Qui l’articolo completo del 24 ottobre 2023

 

Uniti nel Dono / A scuola di accoglienza per uscire dalle dipendenze

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“Chi si trova a frequentare, per qualsiasi ragione, le mura di questa struttura, ne esce assolutamente arricchito, non solo dal calore umano e dall’ospitalità, ma anche dal ritrovarsi in maniera semplice in una famiglia, accarezzato dall’entusiasmo e dalla forza, in primis, di don Mimmo Dicarlo, che da sempre lavora a favore degli ultimi”.

Così il sindaco di Mileto (VV), Salvatore Fortunato Giordano, dipinge il Centro Maranathà, onlus ma anche fondazione, che costituisce in Calabria un esempio di accoglienza delle persone più fragili.

Don Mimmo, 64 anni, è un figlio di questa terra (è nato a Scaliti, frazione di Filandari) e oggi è parroco della basilica cattedrale di Mileto, intitolata a S. Nicola di Bari. È lui il fondatore dell’Associazione Maranathà e presiede il Centro di recupero omonimo, che assiste chi ha problemi di dipendenza da alcool, stupefacenti o psicofarmaci; una realtà che ha alle spalle più di 30 anni di storia.

Vi invitiamo a leggere tutta la storia su unitinldono.it.

Uniti nel Dono / Simone Cristicchi: “Siamo mendicanti di luce”

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Cantautore raffinato e artista poliedrico, il 46enne romano ci racconta su unitineldono.it la sua amicizia con don Luigi Verdi e il suo legame con la pieve di Romena, ma pure il suo amore per San Francesco e il Paradiso di Dante. Nella sua ricerca appassionata e sincera si sente “a metà tra la tempesta e l’approdo”. Il dubbio e l’umiltà, il silenzio e la responsabilità segnano l’orizzonte dei suoi valori. L’intervista a cura di Stefano Proietti, foto di Gianluca Gasbarri.

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A don Gigi Verdi e alla fraternità di Romena ti lega una lunga amicizia, che negli scorsi anni ha prodotto anche un programma televisivo per Tv2000 e una pubblicazione dal titolo “Le poche cose che contano”. Come è nato questo rapporto speciale e quale ricchezza hai ricevuto dall’incontro con don Gigi?
Ho incontrato prima di tutto un poeta, un uomo di parola, di concetto, un filosofo che ha condiviso con me la sua visione del cristianesimo: un cristianesimo che ritorna alla sua unicità, ai suoi esordi. Ecco perché, quando si va a Romena, ci si sente accolti prima di tutto dalla bellezza del luogo e dalla spiritualità che lì si respira. Qualcosa che arriva anche ai non credenti. Una fede proiettata verso il futuro ma dal sapore antico, come direbbe Carlo Levi. Io ho frequentato anche altri luoghi di spiritualità (induista, buddista e del cristianesimo ortodosso) ma devo dire che a Romena ho lasciato un pezzo di cuore. E anche loro mi vogliono molto bene: le mie canzoni sono diventate quasi la colonna sonora della comunità.

Come ha influito questa amicizia sul rapporto hai con la fede?
Sia io che Gigi siamo, come ama dire lui, due “mendicanti di luce” e giriamo in cerca di sorgenti di spiritualità, che possano nutrire questo vuoto che abbiamo. Anche i sacerdoti a volte possono avvertire dei momenti di buio interiore e quel che mi accomuna a don Gigi è che ognuno di noi, ciascuno col proprio strumento, cerca di condividere con gli altri la luce che abbiamo trovato sul nostro cammino.

Il tuo impegno di artista è sempre stato caratterizzato dall’attenzione alla fragilità. Dalla malattia mentale raccontata in “Ti regalerò una rosa”, che vinse il festival di Sanremo nel 2007, fino ad “Abbi cura di me”, con cui nel 2019 a Sanremo hai vinto il premio Endrigo e il premio Bigazzi.
Da una parte, in “Ti regalerò una rosa”, c’era la ricerca di una memoria storica, quella del manicomio, entrando in empatia con chi aveva vissuto e sofferto quei veri e propri lager, raccogliendo le loro testimonianze. Dall’altra, con “Abbi cura di me”, c’è una attenzione verso il mondo interiore, in un percorso legato a doppio filo con quello della memoria ma che va oltre il tempo e lo spazio: qualcuno l’ha definita una preghiera d’amore universale, e credo sia uno dei pochi casi in cui a una canzone succede qualcosa del genere.

Stai andando in scena con “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”: chi è per te San Francesco?
La caratteristica peculiare di Francesco è che ognuno di noi ne ha una propria immagine, e può essere raffigurato come tutto e il contrario di tutto: gli sono state affibbiate definizioni di ogni genere. La cosa importante, a mio avviso, è concentrarci su ciò che da 800 anni questa persona straordinaria ci provoca. Studiando le fonti emerge il profilo di un uomo molto determinato e che non faceva sconti a nessuno, molto diverso da quello un po’ oleografico dell’amante della natura, remissivo e che parlava agli uccelli e agli animali.

A quest’ultimo riguardo, pensando al tuo brano Lo chiederemo agli alberi: come si fa nella nostra quotidianità così frenetica, a sentirci davvero parte di un disegno più grande?
È fondamentale ritagliarci, dovunque noi siamo, uno spazio di silenzio per la meditazione, la preghiera, il raccoglimento o anche solo per la contemplazione della natura. È chiaro che chi vive in una palazzina di periferia può avere una maggiore difficoltà, ma in fondo resta una questione di volontà. Deve scegliere di farlo, con disciplina, anche chi ha la fortuna di vivere immerso nel verde, come me, che abito in un casolare tra le colline. La natura è un grandissimo libro di sapienza che aspetta di essere decifrato e interpretato correttamente.

Ispirandoti a Dante, anche tu proponi in “Paradiso – Dalle tenebre alla luce” un viaggio dell’anima, dall’oscurità angosciosa del non senso alla luce della pace interiore: quali sono gli strumenti di cui è necessario armarsi?
Io ritengo fondamentali due elementi. Il primo è l’umiltà, che nella sua radice ha la parola terra (humus, in latino): dobbiamo essere, come un campo, aperti ad accogliere i semi che tutti ci possono donare. E poi ci vuole un sano dubbio, che mi caratterizza in modo particolare: il dubbio ti mette in discussione e ti apre nuove prospettive, anche se porta con sé la tempesta. Avere fede è un punto d’arrivo, un dono che arriva dall’alto e ti pone in uno stato di tranquillità. Io mi sento a metà tra la tempesta e l’approdo.

La tua vena artistica ha fatto un gran bene al cuore di tante persone che ascoltano la tua musica o vedono i tuoi spettacoli. Vivi questa dimensione come una vocazione?
Più che come una vocazione io vivo questa dimensione come una responsabilità. La responsabilità di condividere quello che sentiamo e produciamo; non per il successo ma perché è il compito dell’artista, all’interno della comunità. Abbiamo dei fari luminosi che ce lo hanno mostrato: da De André a Fossati, da De Gregori a Battiato. Artisti che con la loro musica non solo sono compagni di cammino, ma hanno la forza di aiutarti a cambiare prospettiva. È quello che anch’io vorrei fare.