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Card. Zuppi / Il resoconto dell’incontro a Bologna su «Sacerdoti e comunità»

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Venerdì 3 novembre si è svolto nell’Aula Magna del Seminario Arcivescovile di Bologna (Piazzale Bacchelli, 4) il convegno «Sacerdoti e comunità. Portatori di aiuto e speranza senza dimenticare nessuno», promosso dal Servizio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa Cattolica «Sovvenire» insieme all’Istituto diocesano sostentamento clero.

All’incontro, organizzato dall’incaricato diocesano del «Sovvenire» Giacomo Varone, hanno partecipato il direttore responsabile di Rai Vaticano Stefano Ziantoni che ha dialogato con il cardinale Matteo Zuppi.

Proponiamo la registrazione dell’evento a cura del canale youtube 12Porte.

 

Qui anche un articolo realtivo all’incontro pubblicato da ilrestodelcarlino.it.

Ricordiamo che l’evento è stato realizzato in collaborazione con l’Unione Cristiana Imprenditori Dirigenti, Federmanager Bologna – Ferrara – Ravenna, Associazione Italiana per la Direzione del Personale e Manageriali Emilia-Romagna.

Uniti nel dono / Parla l’incaricata della diocesi reggina: «Accanto a chi si dona per realizzare grandi cose»

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«Il contributo alla Chiesa cattolica e il sostentamento del clero rappresentano un unicum necessario per provare a concretizzare un servizio di accompagnamento alle comunità cattoliche da parte della nostra Chiesa, anche a livello locale».

È quanto afferma Giuseppina Tripodi, incaricata diocesana del Servizio per la promozione del sostegno economico della Chiesa cattolica dell’arcidiocesi di Reggio Calabria Bova. Ci spiega come grazie al contributo di tanti sia possibile portare avanti diverse iniziative (su avveniredicalabria.it, articolo di Francesco Chindemi).

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Perché dunque aiutare la Chiesa e i suoi parroci? «Almeno due – aggiunge – sono i motivi che rendono urgente quest’azione». Innanzitutto, perché «spesso la parrocchia diviene presidio di relazione e socialità, nonché faro per le fasce più fragili della popolazione. Basti pensare solo a quanto viene fatto nelle aree periferiche».

«Guardiamo ai nostri contesti territoriali spesso impoveriti dal disagio economico. La figura del sacerdote, quale prezioso punto di riferimento, dovrebbe essere messo nelle condizioni di non doversi occupare di svolgere attività lavorativa per sopperire alle incombenze quotidiane, ma piuttosto perseguire la sua vocazione che culmina nella cura delle anime», spiega ancora l’incaricata diocesana del Servizio per la promozione del sostegno economico della Chiesa.

«Il sacerdote quale guida della comunità dentro la tempesta delle difficoltà che sempre più frequentemente vive l’uomo del nostro tempo – ha motivo di ritenere Tripodi – deve comunque poter contare su una comunità che si fa carico di qualcosa per garantire allo stesso la libertà di agire». Cos’altro c’è da fare? «Nella nostra arcidiocesi ancora la sua testimonianza – molto è stato fatto e molto altro sarà realizzato grazie alla generosità dei tanti benefattori che non fanno mancare il proprio contributo».

L’elenco è davvero lungo, basti pensare alle tante iniziative di prossimità portate avanti grazie all’intraprendenza dei parroci in unione con le rispettive comunità parrocchiali. Gli esempi non mancano. «Per restare in tema di aiuto alla comunità ad esempio – ricorda l’incaricata Spse della diocesi reggina non si possono non menzionare gli empori solidali nati con il contributo dell’8xmille e con donazioni di privati e le tante opere segno che a livello centrale e periferico sono state attivate. Tra queste – conclude – vorrei ricordare anche il servizio svolto presso il Museo diocesano “Aurelio Sorrentino” che, potendo anche contare sulla dedizione della sua direttrice, promuove la cultura religiosa, valorizzando i nostri tesori con delle pregevoli attività mirate alla crescita emotiva e culturale di bambini, ragazzi e delle loro famiglie».

Qui l’articolo completo del 24 ottobre 2023

 

Triveneto / Insieme per il “sovvenire”: incaricati diocesani, economi e Istituti diocesani

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Nei giorni 5 e 6 ottobre scorsi si è tenuto presso la Casa Marina delle Suore Dimesse sul litorale del Cavallino l’incontro regionale del Triveneto degli incaricati diocesani del “sovvenire”. Data l’importanza dei temi trattati, l’evento ha visto coinvolti pure i presidenti degli IDSC (Istituti Diocesani del Sostentamento Clero) e gli economi diocesani. Oltre al dott. Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio Promozione della CEI, sono intervenuti Mons. Luigi Testore, presidente dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero, Mons. Luigi Bressan, Vescovo delegato regionale del “sovvenire” e don Claudio Francesconi, economo generale della CEI.

L’incontro si colloca nell’obiettivo più generale di invertire la costante tendenza al ribasso che ormai da anni caratterizza sia le scelte dell’8xmille a favore della Chiesa cattolica sia le Offerte deducibili per il sostentamento del clero, fonte, quest’ultima, che purtroppo non è mai decollata.

Si è voluto estendere l’invito ad IDSC ed economi al fine di mobilitare tutti i principali organismi che operano nell’ambito economico delle diocesi e così coinvolgerli in un piano nazionale più incisivo, volto a recuperare il terreno perduto.

In particolare, si è voluto interessare il Triveneto in quanto, tra tutte le Regioni ecclesiastiche, è una di quelle che hanno manifestato una certa inerzia nell’attivare le iniziative volte a promuovere il sostegno alla nostra Chiesa. Infatti, nella nostra Regione le Offerte sono in controtendenza rispetto al dato nazionale registrando un calo del 3,0% rispetto una certa stabilità del +0,4%.

Per poter dare nuovo slancio al sistema di sostentamento della Chiesa è di fondamentale importanza il coinvolgimento del maggior numero di attori possibile; è stato rilevato infatti che, senza un’attiva collaborazione da parte di tutto il corpo sacerdotale, qualsiasi progetto, qualsiasi iniziativa sono destinati all’insuccesso.

Lo strumento ideato a questo fine, utile oltretutto per portare avanti in maniera coordinata i progetti, è stato individuato nella rete internet. È stato così avviato il sito unitiinrete.it che verrà messo a disposizione non solo degli incaricati diocesani del “sovvenire” ma pure di parroci, referenti parrocchiali e naturalmente di economi diocesani e IDSC. Pur non essendo ancora completato il suo sviluppo, questo sito costituisce già un ottimo punto di riferimento in quanto, oltre ad offrire un’informazione aggiornata sulle iniziative sia nazionali che sul territorio, è in grado di fornire una copiosa mole di dati e statistiche sull’andamento delle firme e delle Offerte.

Naturalmente, nel suo processo di crescita, questo sito darà la possibilità di interazione tra quanti operano nel settore e di condividere le esperienze in modo da agevolare la diffusione di idee e suggerimenti atti a migliorare l’azione promozionale su tutto il territorio.

Diego Righetti
Referente regionale del Triveneto

Uniti nel Dono / A scuola di accoglienza per uscire dalle dipendenze

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“Chi si trova a frequentare, per qualsiasi ragione, le mura di questa struttura, ne esce assolutamente arricchito, non solo dal calore umano e dall’ospitalità, ma anche dal ritrovarsi in maniera semplice in una famiglia, accarezzato dall’entusiasmo e dalla forza, in primis, di don Mimmo Dicarlo, che da sempre lavora a favore degli ultimi”.

Così il sindaco di Mileto (VV), Salvatore Fortunato Giordano, dipinge il Centro Maranathà, onlus ma anche fondazione, che costituisce in Calabria un esempio di accoglienza delle persone più fragili.

Don Mimmo, 64 anni, è un figlio di questa terra (è nato a Scaliti, frazione di Filandari) e oggi è parroco della basilica cattedrale di Mileto, intitolata a S. Nicola di Bari. È lui il fondatore dell’Associazione Maranathà e presiede il Centro di recupero omonimo, che assiste chi ha problemi di dipendenza da alcool, stupefacenti o psicofarmaci; una realtà che ha alle spalle più di 30 anni di storia.

Vi invitiamo a leggere tutta la storia su unitinldono.it.

Uniti nel Dono / Simone Cristicchi: “Siamo mendicanti di luce”

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Cantautore raffinato e artista poliedrico, il 46enne romano ci racconta su unitineldono.it la sua amicizia con don Luigi Verdi e il suo legame con la pieve di Romena, ma pure il suo amore per San Francesco e il Paradiso di Dante. Nella sua ricerca appassionata e sincera si sente “a metà tra la tempesta e l’approdo”. Il dubbio e l’umiltà, il silenzio e la responsabilità segnano l’orizzonte dei suoi valori. L’intervista a cura di Stefano Proietti, foto di Gianluca Gasbarri.

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A don Gigi Verdi e alla fraternità di Romena ti lega una lunga amicizia, che negli scorsi anni ha prodotto anche un programma televisivo per Tv2000 e una pubblicazione dal titolo “Le poche cose che contano”. Come è nato questo rapporto speciale e quale ricchezza hai ricevuto dall’incontro con don Gigi?
Ho incontrato prima di tutto un poeta, un uomo di parola, di concetto, un filosofo che ha condiviso con me la sua visione del cristianesimo: un cristianesimo che ritorna alla sua unicità, ai suoi esordi. Ecco perché, quando si va a Romena, ci si sente accolti prima di tutto dalla bellezza del luogo e dalla spiritualità che lì si respira. Qualcosa che arriva anche ai non credenti. Una fede proiettata verso il futuro ma dal sapore antico, come direbbe Carlo Levi. Io ho frequentato anche altri luoghi di spiritualità (induista, buddista e del cristianesimo ortodosso) ma devo dire che a Romena ho lasciato un pezzo di cuore. E anche loro mi vogliono molto bene: le mie canzoni sono diventate quasi la colonna sonora della comunità.

Come ha influito questa amicizia sul rapporto hai con la fede?
Sia io che Gigi siamo, come ama dire lui, due “mendicanti di luce” e giriamo in cerca di sorgenti di spiritualità, che possano nutrire questo vuoto che abbiamo. Anche i sacerdoti a volte possono avvertire dei momenti di buio interiore e quel che mi accomuna a don Gigi è che ognuno di noi, ciascuno col proprio strumento, cerca di condividere con gli altri la luce che abbiamo trovato sul nostro cammino.

Il tuo impegno di artista è sempre stato caratterizzato dall’attenzione alla fragilità. Dalla malattia mentale raccontata in “Ti regalerò una rosa”, che vinse il festival di Sanremo nel 2007, fino ad “Abbi cura di me”, con cui nel 2019 a Sanremo hai vinto il premio Endrigo e il premio Bigazzi.
Da una parte, in “Ti regalerò una rosa”, c’era la ricerca di una memoria storica, quella del manicomio, entrando in empatia con chi aveva vissuto e sofferto quei veri e propri lager, raccogliendo le loro testimonianze. Dall’altra, con “Abbi cura di me”, c’è una attenzione verso il mondo interiore, in un percorso legato a doppio filo con quello della memoria ma che va oltre il tempo e lo spazio: qualcuno l’ha definita una preghiera d’amore universale, e credo sia uno dei pochi casi in cui a una canzone succede qualcosa del genere.

Stai andando in scena con “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”: chi è per te San Francesco?
La caratteristica peculiare di Francesco è che ognuno di noi ne ha una propria immagine, e può essere raffigurato come tutto e il contrario di tutto: gli sono state affibbiate definizioni di ogni genere. La cosa importante, a mio avviso, è concentrarci su ciò che da 800 anni questa persona straordinaria ci provoca. Studiando le fonti emerge il profilo di un uomo molto determinato e che non faceva sconti a nessuno, molto diverso da quello un po’ oleografico dell’amante della natura, remissivo e che parlava agli uccelli e agli animali.

A quest’ultimo riguardo, pensando al tuo brano Lo chiederemo agli alberi: come si fa nella nostra quotidianità così frenetica, a sentirci davvero parte di un disegno più grande?
È fondamentale ritagliarci, dovunque noi siamo, uno spazio di silenzio per la meditazione, la preghiera, il raccoglimento o anche solo per la contemplazione della natura. È chiaro che chi vive in una palazzina di periferia può avere una maggiore difficoltà, ma in fondo resta una questione di volontà. Deve scegliere di farlo, con disciplina, anche chi ha la fortuna di vivere immerso nel verde, come me, che abito in un casolare tra le colline. La natura è un grandissimo libro di sapienza che aspetta di essere decifrato e interpretato correttamente.

Ispirandoti a Dante, anche tu proponi in “Paradiso – Dalle tenebre alla luce” un viaggio dell’anima, dall’oscurità angosciosa del non senso alla luce della pace interiore: quali sono gli strumenti di cui è necessario armarsi?
Io ritengo fondamentali due elementi. Il primo è l’umiltà, che nella sua radice ha la parola terra (humus, in latino): dobbiamo essere, come un campo, aperti ad accogliere i semi che tutti ci possono donare. E poi ci vuole un sano dubbio, che mi caratterizza in modo particolare: il dubbio ti mette in discussione e ti apre nuove prospettive, anche se porta con sé la tempesta. Avere fede è un punto d’arrivo, un dono che arriva dall’alto e ti pone in uno stato di tranquillità. Io mi sento a metà tra la tempesta e l’approdo.

La tua vena artistica ha fatto un gran bene al cuore di tante persone che ascoltano la tua musica o vedono i tuoi spettacoli. Vivi questa dimensione come una vocazione?
Più che come una vocazione io vivo questa dimensione come una responsabilità. La responsabilità di condividere quello che sentiamo e produciamo; non per il successo ma perché è il compito dell’artista, all’interno della comunità. Abbiamo dei fari luminosi che ce lo hanno mostrato: da De André a Fossati, da De Gregori a Battiato. Artisti che con la loro musica non solo sono compagni di cammino, ma hanno la forza di aiutarti a cambiare prospettiva. È quello che anch’io vorrei fare.

Uniti nel Dono / Alle porte di Napoli, dove la Chiesa è tra la gente

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Don Ciro Tufo, parroco di san Giacomo a Calvizzano (NA), è il cuore di una comunità dove le relazioni tra le persone sono al primo posto.

“Sono stato farmacista – racconta di sé – e ho insegnato chimica a scuola, facendo una vita bella, che mi piaceva. Per ben undici anni sono stato anche fidanzato e stavo per sposarmi, ma in fondo al cuore sentivo una chiamata diversa: solo quando ho trovato il coraggio di seguirla sono stato pienamente felice. Sì, posso dire di essere un prete felice, ma soprattutto gioioso. La mia gioia è essere quel che vivo e faccio tutti i giorni”. E cosa fa, tutti i giorni, il parroco di Calvizzano? Basta seguirlo per qualche ora per rendersene conto.

Il rapporto che ha con la gente affidata alle sue cure è difficile da descrivere solo a parole.

Scopri di più su unitineldono.it, oppure segui il filmato di Giovanni Panozzo.

Lombardia / Mons. Delpini: “Sostentamento del clero, occorre una rinnovata formazione”

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Nell’incontro regionale della Lombardia dedicato al sostegno economico alla Chiesa (Seveso, 21-22 settembre) l’Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini ha pronunciato una relazione su “come immagino il portafoglio dei preti”. Ecco la sintesi della due giorni a cura di Annamaria Braccini e le parole pronunciate dall’Arcivescovo (su chiesadimilano.it).

Il rapporto del prete con il denaro può essere motivo di riflessione e occasione di formazione”. Ne è convinto l’Arcivescovo che, nella sua veste di Metropolita lombardo, interviene alla seconda giornata dell’incontro regionale del Sovvenire, che si svolge al Centro pastorale ambrosiano di Seveso con il titolo «Corresponsabilità Partecipazione Comunione. Il Sovvenire nel cammino sinodale».

In apertura dei lavori il referente regionale Attilio Marazzi (nella foto a destra) rileva la portata dell’iniziativa, che mette insieme i tre soggetti interessati al tema del sostentamento del clero: economi, incaricati del Sovvenire e Istituti diocesani, secondo quanto prevede il progetto della CEI per tutte le regioni ecclesiastiche italiane. E l’importanza dell’evento si comprende dalla partecipazione di alto livello: sono presenti, infatti, monsignor Luigi Testore (Vescovo di Acqui e Presidente dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero), il responsabile del Servizio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica Massimo Monzio Compagnoni e l’economo della CEI don Claudio Francesconi. Per la Lombardia, Monsignor Luca Raimondi (Vescovo delegato CEI per il Sovvenire), il Vescovo emerito Monsignor Giuseppe Merisi, Monsignor Bruno Marinoni (Vicario episcopale per gli Affari economici), don Roberto Davanzo (presidente dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero) e don Massimo Pavanello (incaricato diocesano del Sovvenire).

Insomma, un modo non solo per confrontarsi sulla diminuzione (innegabile) dei cespiti dell’8xmille, ma per immaginare il futuro. Particolarmente intrigante il titolo della comunicazione dell’Arcivescovo: Come immagino il portafoglio dei preti.

Si può parlare di soldi?

Si può parlare di tutto, si condividono le esperienze e i problemi, le gioie e le preoccupazioni per sé, per la parrocchia, per la famiglia; si mormora dei superiori e dei confratelli, ma non si parla, non si può parlare, non sembra educato parlare di come si usano i soldi, di come ciascuno amministra i suoi beni, di come gestisce le spese proprie, dei familiari, della parrocchia”. Ma perché questo tabù, si chiede. Diversi i fattori evidenziati: una certa sfiducia nell’istituzione, l’imbarazzo per scelte non giustificabili o non coerenti – “quanto si spende per il cane, per gli hobbies, per i viaggi?” – e anche, talvolta, l’incertezza sul proprio futuro, scarso realismo e poca fiducia proprio nel sostentamento.

E, forse, anche perché “l’uso del denaro, come tanti altri aspetti, deve molto alla consuetudine della famiglia di origine del sacerdote, al suo stile di vita. Anche il prete può rischiare di diventare avido, di ritenere che ogni spesa sia legittima, magari a costo di fare debiti, se è stato educato così. L’uso del denaro si impara con il latte materno e, forse, dovremmo interrogarci sul perché l’educazione seminaristica non incida su questo aspetto”.

Una terza osservazione dell’Arcivescovo è quella che sintetizza nell’immagine simbolica: “Il portafoglio del prete è pieno di pezzi da 5 euro”. “La cifra che immagino il prete abbia deciso di dare, come elemosina, a coloro che mendicano un aiuto. Non è raro il caso di preti ‘assediati’ da ‘clienti cronici’ che pretendono un aiuto regolare e non è raro il caso di sacerdoti vittime di truffe, ricatti, imbrogli: non ne parlano perché si vergognano, perché temono minacce e scandali. Non ne parlano e intanto sperperano fortune. Certo, il prete deve fare la carità, ma forse è meglio non lasciarsi coinvolgere direttamente, vista la vulnerabilità di fronte a storie strappalacrime, rivolgendosi a chi sa valutare meglio le situazioni, come la Caritas, per esempio”.

Poi l’affondo, per una presa di coscienza più chiara da parte degli stessi presbiteri su questo tema.

Il privilegio dei sacerdoti e l’8xmille

Il prete è privilegiato, ma non lo sa, non se ne rende conto. Fin dal primo giorno riceve casa, riscaldamento, sostentamento e talvolta offerte anche significative. Non gli manca mai niente, almeno qui da noi. Non ha l’idea di come possa essere stentata la vita di un prete in un altro paese, sotto altri cieli, dove non c’è il sostentamento. Quest’abitudine a stare bene, insinua l’idea che il trattamento che il prete riceve sia dovuto e, talora, può nascerne una rivendicazione puntigliosa”.

Il riferimento è all’8xmille che “si pensa sia un toccasana, ma che può anche essere messo in discussione, oggetto di ripensamento, forse radicalmente cambiato e persino abolito. Questa potrebbe essere un’occasione per sensibilizzare la comunità”. Anche perché mediamente “i sacerdoti sembrano imbarazzati nel promuovere una sensibilizzazione dei fedeli sull’argomento. Si fraintende l’aspetto implicito necessario di una sana educazione cristiana al ‘sovvenire’ con una sorta di richiesta di soldi per sé, invece che di un aiuto alla comunità”.

Da qui qualche correttivo suggerito da Monsignor Delpini, con l’indicazione della necessità che i Consigli per gli affari Economici stilino una rendicontazione precisa (nella Chiesa ambrosiana lo fanno 1050 parrocchie su 1107) e di poter contare su strumenti promettenti come il Bilancio di Missione, stilato per la prima volta a livello diocesano per l’anno pastorale 2021-2022.

I contesti propizi

La vita comune dei presbiteri può essere un contesto propizio per confronti, correzioni, assunzione di nuovi stili, eventualmente più coerenti con le scelte evangeliche e con l’esemplarità. Ciò che deve cambiare è il senso di appartenenza del prete al presbiterio che collabora con il Vescovo per la missione. La disponibilità di spazi ha fatto sì che le forme comunitarie come l’abitare, in parrocchia, nella stessa casa, mangiare insieme, siano venute meno. La fraternità presbiterale può essere, invece, un luogo adeguato per mettere in discussione anche la propria vita privata e quindi l’utilizzo dei soldi e dei beni”, considerando che vivere insieme e la correzione fraterna «possono essere contesti educativi più incisivi di altri interventi formativi, come convegni o corsi”. In questo orizzonte, bisogna intendere, per esempio, anche la Fondazione Opera Aiuto Fraterno, quale casa comune, anche se, come è ovvio, di dimensione diocesana.

Altro correttivo, non meno importante, è non dimenticare i poveri, laddove “la rete di protezione che circonda il prete e la siepe che sta intorno agli ambienti ecclesiastici possono dare una visione troppo filtrata della vita e delle sue esigenze. La frequentazione di persone segnate da un disagio economico, abitativo, relazionale può essere provvidenziale per prendere coscienza del proprio privilegio e stimolare a correggersi, riconoscendo il pericolo di una vita borghese, condotta senza domandarsi se sia coerente con il ministero, così come della simmetrica tentazione del ‘pauperismo’. Il ‘pauperismo’ non è, infatti, la scelta virtuosa della povertà, ma una forma di ideologia che diventa trascuratezza di sé e dei beni della comunità, oltre che principio di polemica verso l’istituzione”.

I gruppi di lavoro

Poi, l’avvio dei tre gruppi di lavoro, uno per ciascuno dei soggetti coinvolti, con l’immediata restituzione da parte dei delegati di qualche strada percorribile a breve termine.

Occorre creare – viene sottolineato – un’équipe tra economato, Sovvenire e Istituto diocesano per affrontare insieme le realtà da declinare, poi, nei territori specifici, superando così il non sapere gli uni degli altri che ci condanna a essere assolutamente inefficaci. Serve che venga codificato, almeno a livello lombardo, un gruppo specifico ed esecutivo, capace di connettere le parrocchie, che coinvolga anche i vicari generali, le cancellerie delle diocesi, i revisori dei conti, l’ufficio delle Comunicazioni sociali, i referenti delle zone e le Caritas mettendo in rete la comunità”.

Quello che, come Chiesa, possiamo fare è lavorare sulla comunicazione, facendo per esempio capire che la Caritas è una realtà della Chiesa cattolica, non qualcosa a sé stante – conclude monsignor Raimondi -. L’8xmille significa riconoscenza verso il clero, verso noi preti che agiamo la carità ascoltando la gente, celebrando funerali, accogliendo bambini, curando le ferite degli uomini tutti i giorni. Il ministero presbiterale è e fa carità perché annuncia il Vangelo. La Lombardia, a livello di regione ecclesiastica, per il suo peso di ampiezza territoriale e di popolazione, può fare scuola in questo con una logica comunionale”. Quella, appunto, di Uniti possiamo, titolo del progetto di raccolta delle offerte per il sostentamento Clero, al quale sono iscritte 437 parrocchie di 9 delle 10 diocesi lombarde”.

Insieme all’Azione Cattolica per sostenere la Chiesa e costruire una rete di solidarietà

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Caro Incaricato Diocesano,

come anticipato nella sezione delle notizie sul Portale Uniti in Rete (www.unitiinrete.it) il Servizio Promozione CEI ha partecipato all’Incontro Nazionale delle Presidenze diocesane di Azione Cattolica Italiana, tenutosi a Castel Gandolfo lo scorso 24-27 agosto, con un breve intervento e uno stand dedicato.

È stata l’occasione per consegnare ai Presidenti diocesani di Azione Cattolica, presenti all’incontro, una cartellina con alcuni materiali, tra cui:

  • un volantino collaborazione Servizio Promozione CEI e Azione Cattolica (vedi allegato);
  • un elenco completo delle parrocchie della diocesi con la segnalazione di quelle iscritte ai progetti nel territorio;
  • il tuo nominativo, indirizzo e-mail e recapito telefonico.

Abbiamo quindi chiesto ai responsabili diocesani dei vari settori di Azione Cattolica di mettersi in contatto con te, per iniziare un’efficace collaborazione al fine di:

  1. costruire una rete “capillare” di Referenti Parrocchiali e/o Promotori Parrocchiali del Sovvenire

In che modo?

  • nelle parrocchie dove manca il Referente del Sovvenire, i responsabili dei settori dell’Azione Cattolica parrocchiale si impegnano a trovare, in sinergia con il parroco, una persona disponibile per l’incarico di “Referente Parrocchiale del Sovvenire”;
  • nelle parrocchie in cui è già presente il Referente del Sovvenire, il socio di Azione Cattolica si rende disponibile a diventare “Promotore Parrocchiale del Sovvenire” per contribuire ad aumentare la capillarità della nostra rete.
  1. Iscrivere nuove parrocchie ai progetti nel territorio “unafirmaXunire” e “Uniti Possiamo”

In che modo?

  • nelle parrocchie NON ISCRITTE, in cui è presente l’Associazione, verificare con i responsabili parrocchiali di Azione Cattolica la possibilità di aderire, iscrivendo le proprie parrocchie, dopo averne parlato con il proprio parroco;
  • nelle parrocchie GIÀ ISCRITTE ai progetti, pianificare e promuovere l’informazione, la formazione e la raccolta previste per i due Progetti del Territorio sopra citati.

L’obiettivo che ci siamo prefissati con Azione Cattolica, a livello nazionale, è coinvolgere e far iscrivere ai Progetti nel Territorio almeno 500 nuove parrocchie entro il 2024.

L’auspicio è di poter avere, prima dell’apertura del progetto di raccolta “unafirmaXunire2024”, un Referente Parrocchiale del Sovvenire – nominato dal parroco – per ogni parrocchia iscritta al progetto e un consistente gruppo di Promotori Parrocchiali del Sovvenire che possa supportarlo. Infatti, abbiamo bisogno che la nostra Chiesa venga sostenuta da tutta la sua comunità!

Monzio Compagnoni / Offerte per i sacerdoti: “Una scelta che va oltre i numeri”

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La terza domenica di settembre si celebra in tutta Italia la Giornata Nazionale di sensibilizzazione alle Offerte per i sacerdoti. Uno strumento, quello delle Offerte, ancora poco diffuso ma dal grande valore pastorale, come ci spiega il responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa, Massimo Monzio Compagnoni.

“Le Offerte per i sacerdoti sono un pilastro fondamentale del sostentamento del clero, molto più di quello che si potrebbe immaginare limitandosi a guardare solamente i numeri”.

Entra subito nel vivo della questione Massimo Monzio Compagnoni, al quale da poco più di tre anni la CEI ha affidato la guida del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica. Le cifre, nude e crude, potrebbero far nascere qualche dubbio. Nel 2022 per mantenere gli oltre 32.000 sacerdoti a servizio delle Chiese che sono in Italia sono stati necessari poco più di 500 milioni di euro, una somma che le offerte deducibili raccolte nell’anno (8 milioni e mezzo di euro) sono riuscite a coprire solamente per l’1,6%. Quasi il 70% di quel fabbisogno, invece, è stato soddisfatto dai fondi derivanti dall’8xmille. Perché allora non concentrare gli sforzi della comunicazione solo su quel fronte e lasciar stare la promozione delle offerte?

“Sarebbe un errore imperdonabile, soprattutto da un punto di vista pastorale. È vero che il nostro Servizio deve misurarsi con i numeri, saper leggere i segni dei tempi, valorizzare la comunicazione e far tesoro dei dati e delle ricerche. Ma la Chiesa non è un’azienda! È innanzitutto comunione di fratelli, è la famiglia dei figli di Dio. E come ogni famiglia che si rispetti deve saper condividere tutto: la fede, le motivazioni, le riflessioni… ma anche i conti e le necessità materiali”.

E cosa c’entrano le Offerte con questo discorso?

“Le Offerte sono uno strumento importantissimo per alimentare la consapevolezza del reciproco affidamento in cui vivono i sacerdoti e le comunità ecclesiali, sia a livello parrocchiale che diocesano. I sacerdoti sono chiamati a spendersi interamente per le comunità loro affidate, e lo fanno ogni giorno in modo silenzioso e bellissimo. E quale è la nostra parte? Qual è il ruolo della comunità dei fedeli? La risposta più chiara e incisiva, secondo me, ce l’ha lasciata il Card. Nicora, uno dei padri fondatori del sistema di sostentamento, nato quasi 40 anni fa. Secondo lui siamo davvero corresponsabili quando la disponibilità a sentirci parte della vita della Chiesa arriva a tal punto che parlare di aspetti economici diventa normale.”

È per questo che ogni anno viene celebrata la Giornata Nazionale?

“Esattamente. Questa disponibilità non è scontata, o acquisita una volta per tutte. Negli ultimi anni stiamo cercando di non limitare questa attenzione alla sola domenica della Giornata Nazionale (quest’anno il 17 settembre), ma di estenderla almeno ai due mesi e mezzo successivi, fino alla fine di novembre, il periodo in cui diffonderemo anche attraverso i mezzi di comunicazione l’annuale campagna di sensibilizzazione.”

Quale sforzo chiedete alle comunità cristiane, soprattutto in questo periodo?

“L’obiettivo è che tutti coloro che si sentono parte viva della comunità si sentano coinvolti anche economicamente nel suo sostentamento. Ciascuno, ovviamente, per quanto può dare. È il gesto del fare un’offerta che è importante, perché testimonia la consapevolezza della propria corresponsabilità. Ed è verso questo obiettivo che chiediamo l’indispensabile contributo della rete di incaricati territoriali (parrocchiali e diocesani) con cui collaboriamo, realizzando anche progetti specifici come Uniti possiamo”.

Cosa chiedete, invece, ai sacerdoti?

“Di non avere paura di chiedere alla comunità. Non vuol dire essere inopportuni, ma piuttosto aiutarla a vivere con responsabilità il proprio ruolo da protagonista. Anche nel sostegno economico”.

(A cura di Stefano Proietti)

Arcidiocesi Bologna / 8xmille: un piccolo gesto, una grande missione

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È ancora tempo di dichiarazione dei redditi e di scelte per devolvere l’8xmille alla Chiesa cattolica. Un gesto piccolo per ciascuno di noi ma di grande valore, come ricorda la campagna nazionale “Una firma che fa bene”.

L’incaricato diocesano di Bologna, Giacomo Varone, segnala il servizio tv realizzato sul Convegno dal titolo “8xmille, una firma per unire. Un piccolo gesto, una grande missione”, proposto dal Servizio Promozione Sostegno Economico dell’Arcidiocesi. L’incontro si è tenuto nella Sala Conferenze Marco Biagi dell’Ordine dei Commercialisti.

Giacomo Varone ha richiamato il valore di questa scelta a favore della Chiesa cattolica. A margine dell’incontro da evidenziare anche l’impegno dei giornalisti cattolici in questo ambito con le parole di presidente regionale Ucsi, Francesco Zanotti.

Qui il servizio di cronaca del Convegno pubblicato su 12Porte.