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8xmille senza frontiere: “Le nostre opere devono tornare a parlare”

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Fino al 31 dicembre le testate della FISC possono partecipare al bando 2020 8xmile senza frontiere “Speciale Covid” scrivendo articoli legati alle iniziative realizzate dalle e nelle Chiese locali con i fondi 8xmille proprio come risposta concreta all’emergenza che la pandemia ha portato con sé.

In attesa di questi articoli vi proponiamo uno dei vincitori del 2019. Si tratta in realtà di uno “Speciale 8xmille” che Il Nuovo Giornale della diocesi di Piacenza-Bobbio pubblicò il 26 settembre 2019 (Firmo dunque Dono pag. 17 e seguenti). Tante pagine tutte dedicate alle opere 8xmille, completo di interviste e testimonianze per spiegare il valore sociale ed ecclesiale di una firma.

Qui vi proponiamo il contributo sul Viaggio tra le opere di solidarietà coordinate dalla Caritas. “Siamo compagni di viaggio della gente”: la testimonianza del direttore Mario Idda e del responsabile dell’area promozione Massimo Magnaschi.

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Il settore della solidarietà occupa un posto di rilievo nella destinazione dei fondi 8xmille da parte della Conferenza episcopale italiana e delle diocesi. A Piacenza nel 2018 per questo settore sono giunti oltre 683mila euro. Quasi un terzo di questa somma è stata impiegata a sostegno delle opere messe in atto dalla Caritas in collaborazione con il territorio. La restante parte è stata destinata per progetti messi in atto da altre realtà ecclesiali.

L’opera della Caritas
Destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica è un gesto concreto di solidarietà, si tratta di una firma che sostiene progetti concreti come quelli delle Caritas diocesane fra cui quella di Piacenza-Bobbio. Ne parliamo con il direttore Mario Idda e il responsabile della promozione Caritas, Massimo Magnaschi.

“Innanzitutto la Caritas – afferma Idda, da pochi mesi alla guida dell’ente di via Giordani a Piacenza – è l’organismo istituito dal Vescovo al fine di promuovere, anche in collaborazione con le altre istituzioni, la testimonianza della carità della comunità ecclesiale diocesana e di quelle parrocchiali, con particolare attenzione agli ultimi e con prevalente funzione pedagogica. La vicinanza agli ultimi si esprime attraverso l’incontro, l’ascolto e l’accompagnamento”. “Nelle tappe del percorso di aiuto – aggiunge il direttore – si rendono necessarie opere che sostengano le persone nei momenti difficili (mensa, accoglienza notturna, appartamenti sociali, etc.). L’agire della Caritas è nel territorio e con il territorio ed in questa prospettiva la comunità è un elemento centrale”.

Legami di comunità
La Caritas, ed in particolare l’area promozione – sottolinea Massimo Magnaschi – accompagna e segue lo sviluppo dei gruppi Caritas parrocchiali, circa 50 presenti in diocesi, che sono espressione di un’esperienza innervata nel territorio e di una comunità attenta agli ultimi là dove essi vivono. “Siamo impegnati in un percorso di formazione e di condivisione – aggiunge Magnaschi – per aiutarci reciprocamente. L’esperienza di questi anni ci ha insegnato che la risposta ad un bisogno deve avere come primo requisito l’attivazione di legami di comunità. Solo attraverso una corresponsabilità ed una condivisione all’interno della comunità si può andare oltre la semplice assistenza e creare percorsi di uscita dalle situazioni di povertà. Paradossalmente se una Caritas fosse così ricca da poter offrire beni materiali come un dispenser «a domanda risposta», sarebbe lontanissima da quello che ha voluto Paolo VI quando l’ha istituita. Quello che ci prefiggiamo è far vivere ad ogni persona che appartiene ad una comunità un’esperienza di carità che si esprima prevalentemente attraverso relazioni buone e fraterne, cosa molto diversa da un puro assistenzialismo”.

Ascoltare, osservare e discernere
Tre sono i verbi-cardine dell’attività della Caritas – aggiunge Magnaschi: non si può essere vicino alle persone senza l’ascolto, l’incontro, senza capirne i bisogni e senza diventarne compagni di viaggio. L’osservazione è cercare di riflettere e sistematizzare le cose che si vedono, è una prospettiva, un impegno per scoprire le cause che stanno dietro alle problematiche, per costruire dei percorsi.

Il discernimento, a fronte dell’incontro con le persone ed all’individuazione del problema, consiste nella responsabilità di fare delle scelte che cerchino di dare risposte concrete a quei bisogni.

La Caritas inserita nella pastorale diocesana
Parola, eucaristia e carità, sono i fondamenti dell’attività pastorale della Chiesa – afferma il direttore Idda -. La Caritas non è un ente autonomo, è sempre legato alla vita pastorale della Chiesa locale. Non a caso il nostro prossimo Convegno annuale sabato 9 novembre sarà dedicato proprio al tema «L’animazione comunitaria della carità, vivere la quotidianità nelle comunità pastorali». Stiamo camminando insieme alla diocesi nel progetto delle nuove Comunità pastorali. Siamo nella Chiesa per far crescere e sviluppare la testimonianza della carità”. La Caritas è in rete con i gruppi parrocchiali, ha in programma tappe di formazione per l’animazione di comunità, con un’agenda di incontri per andare localmente ad ascoltare esperienze, difficoltà ed esigenze.

Spiritualità e valori del Vangelo
Il direttore Idda mette in evidenza come gli operatori Caritas nella sede di via Giordani iniziano ogni mattina la giornata con la preghiera delle Lodi, in una stanza della sede trasformata in una piccola cappella. “Preghiamo poi andiamo ad incontrare le persone”. Questo radicamento nella fede è un aspetto molto sentito nella Caritas dove si cerca di agire nel nome del Vangelo, con lo stile del Buon Samaritano. L’ispirarsi alla Parola è caratterizzato dalla fiducia in Dio. “È come se Cristo ci affidasse delle persone in difficoltà – aggiunge Magnaschi – e ci dicesse di curarle senza preoccupazione di sorta perché Lui non ci farà mancare nulla. Siamo anche noi persone immerse nella fragilità, ci riteniamo però – aggiunge Mario -, come diceva di sé Santa Teresa di Calcutta, «una matita nelle mani di Dio» a servizio di coloro che incontriamo nel nostro percorso”.

 


Centrale coronavirus: pronto? Risponde don Luca

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Sono diversi i preti che, nell’attuale emergenza, sono tornati alla professione di gioventù. Don Luca Fossati è radioamatore. Ora, svolge servizio presso il centralino emergenza coronavirus. Vive ciò, come un ambito in cui praticare diverse Opere di misericordia spirituale. Anche il suo sostegno è garantito dal sistema perequativo di sostegno economico alla Chiesa e dalla Offerte deducibili destinate all’Isituto Centrale Sostentamento Clero.

L’intervista è a cura dell’incaricato diocesano del “sovvenire” don Massimo Pavanello.

Nella primaverile ondata di pandemia, dietro la mascherina di un sanitario poteva nascondersi lo sguardo di un sacerdote. Diversi preti, anche milanesi, sono tornati per qualche mese ad esercitare professioni che avevano caratterizzato la loro vita prima del seminario.

Ma pure la curva epidemica autunnale, al riguardo, presenta sorprese. Le voci, hanno preso il posto dei volti. Chi telefonasse, ad esempio, al numero 800894545 (quello della Centrale operativa regionale emergenza coronavirus di AREU della Lombardia), potrebbe imbattersi in un centralinista sui generis: don Luca Fossati. Classe 1981, sacerdote ambrosiano dal 2009, laureato in Scienze della Comunicazione, radioamatore da un decennio. Divide il suo tempo tra la parrocchia di S. Teresa del Bambin Gesù, a Milano, dove è vicario parrocchiale e l’ufficio comunicazioni sociali della curia, dove è collaboratore. Anche il suo sostegno è garantito dal sistema del “sovvenire”.

            Don Luca, come è finito a fare il volontario in questa struttura?
Sono radioamatore, iscritto alla associazione di categoria. Questa, è inserita nella Protezione civile. La Regione ha chiesto aiuto ai diversi rami del Dipartimento e quindi, con altri, ho risposto all’appello. Sono in sala operativa da circa un mese, da quando è ripreso il picco della pandemia. Questo numero di emergenza, insieme al 112, rappresenta certamente una prima linea.

            I turni di lavoro sono serrati? Come è organizzato il centralino?
Normalmente lavoriamo 7 ore di fila. Ciascuno risponde a circa 130 telefonate per turno. In sala operativa siamo una trentina per volta. Il centralino è aperto dalle 8 alle 22. Il team è costituito da volontari, personale di Areu e altri dipendenti. Scelgo i turni settimanali, dopo aver concordato la mia agenda con la parrocchia e con l’ufficio di curia.

            Ne sentirà di tutti i colori. Quali sono le maggiori richieste?
Il taglio è informativo.
Fino a qualche settimana fa, si prendevano segnalazioni di chi aveva bisogno di pasti o di medicine a domicilio, poiché bloccati in casa. Ora, prevalgono le domande circa i tamponi. Chi chiama, spesso, segnala ipotesi di positività. Non sa cosa deve fare e come comportarsi. Oppure, ha appreso di essere entrato in contatto con un soggetto positivo. Noi siamo di raccordo con l’ATS per indirizzare correttamente.

            Ma è un lavoro da preti?
È un grande impegno di ascolto e di pazienza. Un obiettivo, è calmare le ansie
. Io lo vivo come un ambito in cui praticare diverse Opere di misericordia spirituale: consigliare i dubbiosi, insegnare a chi non sa, consolare gli afflitti, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per i morti. Le domande che raccolgo, nutrono anche la mia preghiera.

            I suoi colleghi sanno chi è lei? Cosa dicono della sua scelta?
Chiaramente, lo sanno tutti. E si è creata anche una bella complicità
. Ci scappa pure qualche battuta scherzosa. Quando taluni chiamano per informarsi circa la possibilità di partecipare a funerali, Cresime o Messe, ecco il ritornello: «Questa è materia tua…». È una occasione per essere accanto agli operatori e alle persone. Qualche domanda impegnativa, ogni tanto, sorge. In questi anni di presenza nella associazione radioamatori (per il momento, non direttamente in centrale operativa) ho accompagnato qualcuno nella preparazione al matrimonio, ho battezzato i loro figli, ho partecipato al funerale di qualche loro caro, ho confessato… Il rapporto è pertanto di amicizia e collaborazione ma, quando serve, sa toccare anche il lato spirituale.

            Nella sua parrocchia di S. Teresa, apprezzano questo impegno?
La gente sa quello che faccio. Anche perché mi vede uscire di casa con la divisa. È contenta e mi sta vicino: «don, oggi come è andata?». Sono un po’ tutti partecipi di questa cosa.
Mi chiedono soprattutto informazioni. Riconoscono che in una sala operativa si ha il polso della situazione. Ci si accorge subito quando c’è il giro di boa: dal numero delle chiamate, dalla tipologia e dalla gravita degli interventi richiesti. Anche i mie superiori ecclesiastici sono avvertiti. E appoggiano questa mia disponibilità.

 

Padova: don Marco vivrà nell’ospedale Covid, vicino ai contagiati

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La notizia è stata pubblicata anche sul quotidiano Avvenire dello scorso 1 novembre (di Sara Melchiori). Si legge tra l’altro:

In questo tempo di “distanziamento” reso necessario dalla pandemia: «La Chiesa di Padova – spiega il Vescovo Claudio Cipolla – si sente interpellata dall’emergenza che sta avanzando e vuole porre un segno ecclesiale per invitare tutti i cristiani e le comunità a stare vicini a chi si trova coinvolto dalla sofferenza: ammalati, familiari, operatori sanitari».

Da qui la scelta del Vescovo di Padova Claudio Cipolla, annunciata durante l’omelia della Messa al cimitero Maggiore di Padova: «Per indicare che i cristiani sono chiamati a servire la vita in tutti i suoi momenti, anche quelli della malattia, ho incaricato un prete della nostra Diocesi per una missione particolare: stare 24 ore su 24 presso l’ospedale di Schiavonia a disposizione dei malati di Covid, dei loro familiari, degli operatori sanitari: un modo per annunciare il Vangelo della vita, un segno per invitare tutti a servire la vita e a testimoniare che Dio ama la vita, questa nostra vita umana anche nei suoi momenti più estremi».

Don Marco Galante ogni giorno sarà nell’ospedale di Schiavonia, compirà le manovre di vestizione, sarà nei reparti, porterà conforto, celebrerà la Messa che sarà trasmessa nei circuiti interni e la sera si collegherà con le sue parrocchie per recitare insieme la preghiera di compieta.

Non dimentichiamo di firmare per destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica

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“La domanda di aiuto sempre crescente che proviene dalle tante persone che incontriamo ogni giorno ci spinge a rendere sempre più incisiva la nostra azione, che si caratterizza per la sua specificità rispetto agli interventi dell’assistenza pubblica”. È quanto precisa Carlo Rubiolo, nuovo direttore della Caritas diocesana di Saluzzo, in occasione della 4ª Giornata mondiale dei poveri celebrata domenica 15 novembre.

“La Caritas esiste proprio per contrastare indifferenza e cinismo”, sottolinea Rubiolo che, citando lo Statuto, ricorda come sia stata costituita “in vista dello sviluppo integrale dell’uomo, della giustizia sociale e della pace”.

“Il nostro aiuto materiale – prosegue il direttore della Caritas diocesana – deve essere preceduto e accompagnato da un’attenzione empatica per la persona, da una condivisione forte che faccia sentire tutti accolti, compresi e seguiti come fratelli”. “Ma non sarà certo la Caritas a sradicare la piaga della povertà, obiettivo che potrà essere raggiunto solo se avverrà una vera e propria ‘rivoluzione’ nel modo di gestire la distribuzione delle risorse di cui l’umanità dispone”, ammonisce Rubiolo.

Tuttavia – aggiunge – anche la Caritas può dare il suo contributo, se adeguatamente sostenuta dalla comunità cristiana in cui opera: la destinazione dell’otto per mille e il servizio di volontariato sono le forme principali nelle quali questo sostegno si può esprimere”. Da qui “l’appello a tutte e tutti perché nella dichiarazione dei redditi appongano la loro firma nel riquadro dell’8xmille alla Chiesa cattolica” e l’invito “a quanti hanno disponibilità di tempo e non sono indifferenti di fronte alla sofferenza dei poveri perché vengano ad aiutarci nei diversi servizi della Caritas”.

Don Leonardo Di Mauro: “I poveri ci chiedono un po’ di posto, soprattutto nel nostro cuore”

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Cosa ci chiedono i poveri? Prima di tutto di non essere dimenticati, di non voltarci dall’altra parte, di non cedere alla tentazione della rassegnazione, del cinismo e dell’indifferenza”. Don Leonardo Di Mauro è il responsabile del Servizio nazionale per gli interventi caritativi a favore del terzo mondo della CEI. Lo ha intervistato Maria Chiara Biagioni dell’Agenzia Sir per capire, alla vigilia del 15 novembre -Giornata mondiale dei poveri-, chi sono oggi le persone più vulnerabili, come la pandemia ha cambiato in questi mesi il volto della povertà e soprattutto come la Chiesa italiana sta andando incontro alle nuove esigenze che emergono come un grido d’aiuto dalle “periferie” del mondo.

Da questo punto di vita, il suo ufficio che gestisce i fondi dell’8xmille per gli inerventi caritativi a favore dei Paesi in via di sviluppo, è un osservatorio interessante: è qui che arrivano le richieste di aiuto alla Chiesa italiana da parte di missionari, vescovi, diocesi di tutto il mondo. “I poveri, come dice Gesù, li avremo sempre con noi”, fa notare don Di Mauro. “E la Chiesa, fedele alla sua missione, incontrandoli, si comporta come Cristo, il Buon Samaritano della storia che ancor oggi viene accanto ad ogni uomo piagato nel corpo e nello spirito versando sulle sue ferite l’olio della consolazione e il vino della speranza”.

Che cosa ci sta chiedendo oggi l’umanità sofferente e povera?
Proprio oggi ho ricevuto su WhatsApp un piccolo video in cui il vescovo di Butembo-Beni (nord-est della Repubblica Democratica del Congo) racconta che lo scorso fine settimana c’è stato un ennesimo massacro nel silenzio vergognoso di tanti. Mentre i potenti sono occupati a dividersi la torta del potere – dice il vescovo – la popolazione che soffre è ignorata.  L’ultima enciclica del Papa ci ricorda che siamo tutti fratelli perché figli dello stesso Padre, Creatore del cielo e della terra. E sopra la terra e sotto il cielo c’è posto per tutti. Ecco, direi che l’umanità sofferente e povera ci chiede un po’ di posto, non solo sulla terra e sotto il cielo, ma anche e, soprattutto, nel nostro cuore.

La Giornata è un invito a tendere la mano al povero. Come lo sta facendo la Chiesa italiana?
Come si sa, quasi un terzo dell’intero budget dell’8xmille è destinato alla carità. La gran parte attraverso le diocesi italiane e le Caritas diocesane; una parte per interventi di rilievo nazionale; un’altra parte (quest’anno 80 milioni di euro) attraverso il Servizio interventi caritativi a me affidato, per progetti di formazione e sviluppo sociale in zone povere del mondo. Questi fondi affidati alla Chiesa che è in Italia, sono la mano tesa alle Chiese sorelle più povere sparse nel mondo e impegnate a servire i popoli impoveriti dal saccheggio di risorse (umane e materiali) e dall’economia che uccide. Grazie ad essi in tanti posti del mondo dove ne sarebbero privi, si realizzano scuole di ogni grado, scuole professionali ed infermieristiche, scuole agricole ed artigianali, centri di salute, si impiantano mezzi di comunicazione sociali, si portano avanti progetti di promozione della donna e di difesa delle minoranze etniche, si difendono i diritti umani e civili.

Come si trasforma la Chiesa nel suo incontro con il povero?
Mi vengono in mente le Caritas diocesane che fin dai primi giorni dell’emergenza Covid-19 hanno continuato a stare accanto agli ultimi e alle persone in difficoltà, mettendo in atto risposte diversificate, mai sperimentate in precedenza: pensiamo ai servizi di ascolto e di accompagnamento telefonici o l’ascolto organizzato all’aperto, la consegna di pasti a domicilio e la fornitura di pasti da asporto, la distribuzione di dispositivi di protezione individuale e igienizzanti, la messa a disposizione di alloggi per i periodi di quarantena e isolamento, i servizi legati all’acquisto e distribuzione di farmaci e prodotti sanitari o i servizi di assistenza psicologica. Una vivacità di iniziative e opere realizzate anche grazie alla disponibilità di oltre 62mila volontari, a partire dai giovani del servizio civile universale, che da nord a sud del Paese si sono spesi a favore dei più vulnerabili.

Chi sono i poveri oggi?
I poveri nel mondo sono quelli di sempre. Come ebbe a dire Papa Francesco, non esiste solo la pandemia del Covid 19, ci sono anche le pandemie della fame, della guerra, ecc.
Ognuna di queste pandemie genera poveri. Anche questa pandemia, come le altre, ha forti conseguenze economiche dovute alle chiusure e limitazioni imposte dai governi. In tanti paesi poveri le conseguenze economiche uccideranno più che la malattia stessa. Da noi, infatti, tali gravi conseguenze sono, almeno in parte, attenuate dai diversi aiuti e sussidi sociali. Tutto questo non esiste in molti paesi e tanta gente rimane in balia di se stessa. Penso a quanti non hanno una casa in cui rinchiudersi per proteggersi e a quanti vivono di lavori occasionali. Ma anche alle gravi conseguenze educative dovute alla mancanza di tecnologia che permetta, come da noi, di sopperire in parte da remoto. Diversi progetti di formazione in corso, ad esempio, stanno chiedendo variazioni di budget per poter acquistare strumenti per comunicare a distanza.

Come è cambiata la povertà con la pandemia?
Meglio ricorrere a strumenti idonei per esprimere bene la situazione. Dal Rapporto su povertà ed esclusione sociale in Italia pubblicato lo scorso mese da Caritas Italiana, emerge un dato significativo: i centri di ascolto confermano una crescita della povertà. Da un anno all’altro l’incidenza dei “nuovi poveri” passa dal 31% al 45%, quasi la metà di chi si rivolge alla rete Caritas non lo aveva mai fatto in passato. Aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, dei nuclei di italiani e delle persone in età lavorativa.

Allargando lo sguardo sul mondo, cosa sta succedendo?
Preoccupano i dati della Banca mondiale che per la prima volta dopo venti anni attestano la crescita della povertà estrema: le persone costrette a vivere con meno di 2 dollari al giorno salgono da 60 milioni a una quota che oscilla tra gli 88 e 114 milioni. Si palesano poi disuguaglianze e sperequazioni sociali che il virus ha fatto emergere in tutta la loro crudezza, rendendole ancora più acute, e che non sempre i diversi sistemi di protezione sociale dei vari Paesi riescono a contenere.


Firmato da Te: il volto dell’8xmille a Livorno, Prato e Bologna

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Firmato da te, è un progetto televisivo di TV2000 che racconta, attraverso la voce dei protagonisti, cosa si fa concretamente con l’8xmille destinato alla Chiesa cattolica e segue le ricadute di un piccolo gesto nel vissuto di persone e luoghi. Vi proponiamo alcuni esempi.

A Livorno, grazie all’8xmille, la Caritas diocesana per rispondere alle esigenze dei più bisognosi ha potuto rimodulare i propri servizi assicurando, anche durante il periodo del lockdown, aiuto e assistenza per i senzatetto, gli anziani soli, distribuendo circa 3.000 pasti caldi e offrendo 1.000 pacchi viveri alle famiglie in difficoltà.

Interris.it ha raccolto la testimonianza di Suor Raffaella Spiezio, direttrice della Caritas di Livorno. Qui l’intervista.

A Prato da diversi anni esiste invece un laboratorio sartoriale, un progetto nato dalla Caritas grazie ai fondi dell’8xmille. È un laboratorio di riuso e creazioni solidali al femminile. Finora sono state accolte più di trenta donne in difficoltà che qui hanno trovato un aiuto economico ma anche emotivo. Come Annamaria ed Elisa, che grazie al lavoro delle loro mani hanno ritrovato il coraggio di credere di nuovo in se stesse e hanno assaporato la bellezza del sentirsi considerate dalla società.

Qui anche un servizio realizzato da tvprato.it.

E a Bologna alla fine di aprile è stato aperto il Fondo San Petronio come segno di vicinanza concreta della Chiesa alle tante famiglie che a causa della pandemia hanno perso il lavoro o hanno dovuto chiudere la propria attività commerciale. Dopo il lockdown una nuova fascia di persone si è trovata in difficoltà economica ed è stata costretta a dover chiedere aiuto. In pochi giorni sono arrivate più di duemila domande sulla piattaforma on line messa a disposizione dalla Caritas diocesana. Un aiuto economico concreto che ha regalato una boccata di ossigeno a tante persone colpite dalla crisi, reso possibile grazie ai fondi dell’8xmille.

Qui un servizio di bolognatoday.it

Ripartono gli incontri formativi

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A partire dal 9 novembre 2020 sarà riattivata la procedura on-line per gli incontri formativi nelle diocesi e nelle parrocchie.

Al momento si possono fare solo incontri formativi “a distanza” cioè via web (videoconferenze) perché così prevede la normativa in vigore (non ultimo il DPCM del 24 ottobre 2020 – art.1 – par. o).

È necessario adeguare la procedura organizzativa degli incontri alla situazione del momento, quindi al costante rispetto della normativa anticovid-19 in vigore.

La procedura è stata semplificata, ma data la situazione particolarmente delicata, è molto importante che leggiate i nuovi regolamenti e utilizziate soltanto la modulistica allegata:

  • Modulo decreto di nomina referente parrocchiale (che il parroco dovrà compilare e firmare);
  • Modulo privacy del referente parrocchiale (che il referente parrocchiale dovrà compilare e firmare).

New entry nella procedura è la possibilità di fare incontri “via web”, oggi unica modalità, domani complementare a quelli “in presenza”; per quest’ultimi, finché permangono gli effetti della pandemia da Covid-19, sarà necessario comunque mettere in atto le precauzioni suggerite dal Ministero della Salute: uso delle mascherine, il rispetto del distanziamento fisico come previsto, disponibilità di strumenti per la sanificazione (igiene delle mani, etc.).

Nel 2021 verranno valutate migliorie al sistema anche sulla base del contesto sociale e delle condizioni del momento.

Non mancate di segnalarci eventuali osservazioni e suggerimenti che vi chiediamo di inviare a s.gasseri@sovvenire.it.

Presentazione

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Cari amici,

fino a qualche giorno fa, direi fino a qualche ora fa, non mi sarebbe stato difficile scrivervi per spronarvi a continuare nelle vostre attività di sensibilizzazione e promozione del “sovvenire”, attività sul territorio fondamentali e che portate avanti sempre con impegno e tenacia.

Ma nella situazione attuale che tutti conosciamo, e che cambia di ora in ora, non è facile prevedere una programmazione di riunioni ed eventi.

Nella pratica di tutti i giorni alcune diocesi hanno ricominciato a svolgere incontri per la formazione. Convinti della centralità di queste azioni operose nella nostra missione, non possiamo che gioirne. Ma con l’avanzare dei contagi da Covid-19 è assolutamente fondamentale che eventuali incontri vengano effettuati nel rispetto delle regole nazionali e locali relativamente alla tutela delle persone.

Perciò nelle prossime settimane vi invito a trasformare gli incontri formativi di tipo tradizionale, in collegamenti web. C’è chi di voi già lo ha fatto. Un esempio lo trovo nel nostro incaricato di Bologna Giacomo Varone che ne ha programmato uno “digital” per il 24 novembre, al quale possono iscriversi tutti dal titolo Il prete nella città degli uomini (anche nella pandemia). Guardate il programma nella sezione dedicata al Territorio.

Al momento non ci sono stati nuovi provvedimenti sul fronte delle celebrazioni. Il Dpcm del 13 ottobre 2020, sulle misure di contrasto e contenimento dell’emergenza Covid-19, lascia invariato quanto previsto nel Protocollo del 7 maggio circa la ripresa delle celebrazioni con il popolo. Esso rimane altresì integrato con le successive indicazioni del Comitato tecnico-scientifico, già trasmesse nel corso dell’estate.

Quindi il prossimo 22 novembre, Giornata Nazionale di sensibilizzazione delle Offerte per il sostentamento dei sacerdoti (se non ci saranno nuovi Dpcm a riguardo) sarà possibile celebrare le Sante Messe, e sarà auspicabile, come già sapete, far parlare un laico dell’importanza delle Offerte per il sostentamento dei sacerdoti. Per questa Giornata Nazionale vi informo anche su un’iniziativa che vedrà affiancata a noi, come succede già da anni, l’Azione Cattolica. Questa volta sarà per loro una “prima volta”. Infatti il 22 novembre saranno coinvolti i presidenti parrocchiali di AC per la vendita di Avvenire nelle parrocchie, in accordo con i propri parroci. Il quotidiano avrà al suo interno uno “speciale” dedicato alla GN Offerte e un bollettino di conto corrente postale intestato all’Istituto Centrale Sostentamento Clero. Nella vendita del giornale, qualora si raccogliesse più denaro, la differenza rimarrà alla parrocchia stessa.

Non mi rimane che lasciarvi alla lettura degli articoli di questa newsletter che potrete sempre arricchire con i vostri contributi.

Buon lavoro

Massimo

In evidenza sul prossimo numero di Sovvenire

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Annunciatori di speranza nell’anno della pandemia. Nel periodico in uscita a fine novembre leggeremo l’azione dei sacerdoti che non si è mai fermata, sperimentando strade innovative di annuncio e carità. Come don Giulio Gallerani a Rastignano (Bologna), che ha accolto in parrocchia famiglie senza più un tetto dopo un licenziamento, mettendo a punto con professionisti e fedeli un progetto che le riaccompagna nel mercato del lavoro. O don Vincenzo Basiricò e don Emanuel Mancuso che a Paceco (Trapani) hanno dato man forte a studenti senza connessione web, con spazi wi-fi e formatori, evitando la dispersione scolastica in un anno di lezioni a distanza. O ancora, gli infermieri di comunità, nuovi samaritani nelle periferie, come alla Bovisasca, a Milano, con l’80% di popolazione anziana, per lo più confinata nelle case a causa del coronavirus: siamo andati a vedere come funziona l’idea realizzata da don Ivan Bellini e dai volontari della parrocchia San Filippo Neri.

Daremo quindi spazio al ricordo di un eroe silenzioso della carità, raccontato da chi lo ha conosciuto da vicino: don Roberto Malgesini, ucciso a Como durante la distribuzione delle colazioni ai poveri, lo scorso 15 settembre.

Se durante la pandemia tanti religiosi hanno dato la vita, altri hanno preso il loro posto: raccontiamo i preti ordinati nell’anno del Covid, segno di speranza per tutta la Chiesa, incontrando don Alessandro Valerioti, 31 anni, diventato sacerdote 2 mesi fa e già inviato come viceparroco a Châtillon e in altre 4 parrocchie della sua Valle d’Aosta, dove si accendono continuamente nuove zone rosse.

Le ricerche demografiche 2020 segnalano che da qui alla fine prevista dell’emergenza, nella seconda metà del 2021, migliaia di famiglie potrebbero rinunciare ad avere figli, con oltre 10 mila nati in meno e maggior possibilità di ricorso all’aborto: tra i preti da anni in campo a fianco delle donne e della vita nascente, alcuni come don Antonio Ruccia, parroco in zona Poggiofranco, a Bari, hanno installato una culla termica anti-abbandono in parrocchia. Don Ruccia ripercorre sulle nostre pagine il momento in cui per la prima volta lo scorso luglio è partito l’allerta collegato al suo telefonino e si è trovato di fronte ad un neonato, il piccolo Luigi, abbandonato con un biglietto drammatico e riaffidato in poco tempo a nuovi genitori: “è il momento di aiutare le famiglie e la società intera a diventare comunità dove per i piccoli c’è sempre posto” scandisce don Ruccia.

È proprio al Bambino Gesù, che resta la grande speranza dell’umanità anche in tempi angosciosi, è dedicato il dossier, firmato dal biblista padre Fernando Armellini, a partire dalla promessa di Dio al profeta Isaia: “il popolo che camminava nelle tenebre vide una grande luce”.

A Piazza Armerina l’incontro formativo (con le dovute cautele…)

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Nonostante i dubbi a causa del Covid-19, in sinergia col Vescovo e rispettando tutte le norme vigenti, lo scorso 17 ottobre si è tenuto l’evento formativo sul “sovvenire” a Piazza Armerina. Ha presieduto i lavori il Vescovo Mons. Rosario Gisana. L’incontro si è tenuto nella Basilica Cattedrale e non nella consueta sala riunioni della Curia vescovile, per garantire il giusto distanziamento tra i partecipanti.

Ha relazionato l’incaricato diocesano del Servizio promozione sostegno economico alla Chiesa Orazio Sciascia che ha messo in risalto i valori del “sovvenire”, la sua storia e gli strumenti.

A tal proposito ha ricordato quanto sia importante impegnarsi durante la campagna fiscale nella raccolta delle firme anche attraverso il modello CU (per coloro che non hanno l’obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi) e promuovere le Offerte per il sostentamento ai sacerdoti, ricordando la Giornata Nazionale delle “Offerte deducibili per il sostentamento ai Sacerdoti, che si celebra in tutta Italia in occasione della Solennità di Cristo, Re dell’Universo, domenica 22 novembre 2020.

Oltre ai vari interventi che si sono succeduti, ha preso la parola il direttore diocesano della pastorale della Caritas, diacono Mario Zuccarello. Anche egli ha messo in risalto quanto sia fondamentale destinare l’8xmille alla Chiesa cattolica ribadendo che, con quel semplice gesto, si aiutano tante famiglie bisognose. Nel successivo spazio il Vicario Generale, Mons. Antonino Rivoli, ha comunicato con precisione gli interventi caritativi che la diocesi ha fornito a tutte quelle famiglie e, piccole aziende artigianali e commerciali.

Sono seguiti diversi interventi da parte degli uditori e sono state poste parecchie domande alle quali sono state date, con dovizia, le dovute risposte.

Ha chiuso i lavori il Vescovo che ha messo in risalto come dobbiamo adoperarci a porre in atto tutti i mezzi affinché le risorse dell’8xmille crescano sempre di più, senza trascurare l’altra importante forma di sostegno economico, quella delle Offerte per il sostentamento ai sacerdoti, in modo tale che la Chiesa possa trovarsi nelle condizioni di sostenere ancora di più i bisognosi che, in questo tempo di pandemia, purtroppo, sono aumentati.

Si è soffermato, inoltre, sul valore della trasparenza ribadendo che se è vero che la Chiesa riceve risorse economiche è altrettanto vero che dona. Tutto questo è stupendo quando si lavora, appunto, nella massima trasparenza.

Ha continuato nel dire che il vero cristiano non deve scandalizzarsi degli eventuali scandali. Ha quindi concluso ricordando che se “chi annuncia il Vangelo viva del Vangelo”, spetta ai fedeli sostenere i sacerdoti, perché essi hanno scelto di vivere a tempo pieno il Vangelo, donando ad ogni fedele la propria esistenza e dunque sostenerli è una dimostrazione di riconoscenza e ringraziamento.

Cav. Rag. Orazio Sciascia
Incaricato diocesano