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Il mistero d’amore che ci rivela Dio

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a cura di TERESA CHIARI foto AGENZIA ROMANO SICILIANI/CREATIVE COMMONS

 

La Santissima Trinità ci appare il mistero più lontano e inafferrabile. Come avvicinarci?
È un enigma per la ragione, ma è anche quanto di più vicino a noi possiamo immaginare: perché è il Dio-amore, mistero di comunione nella sua dimensione più alta e più vera. Piuttosto che con la mente, possiamo intuirlo con il cuore dove lo Spirito ha la sua dimora. Lì si può avvicinarlo. Tre persone che si amano così tanto da essere – da sempre – una sola. È “il Dio dell’amore e della pace’’ come lo chiama san Paolo (2 Cor, 13, 11-13).
Il Signore si rivela e si nasconde. E’ così anche nelle Scritture?
È la modalità in cui Dio si fa conoscere. Come nell’Eucaristia, il suo nascondimento non ci schiaccia, non si impone, ma ci fa sentire quanto siamo amati. È così che ci mettiamo in ascolto e in ricerca. Pensiamo nell’Antico Testamento ai tre personaggi misteriosi che visitano Abramo alle Querce di Mamre. O a Mosè, che davanti al roveto ardente chiede al Signore il suo nome: “sarò Colui che sarò -gli viene detto- Sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, cioè Dio disvela l’orizzonte di un progetto da realizzare insieme. Gli parla di mettersi in cammino, aprendosi ai fratelli e conformandosi a Lui, in un atteggiamento di continua conversione. Poi nel Cantico dei Cantici: l’amata cerca l’amato che si è rivelato ma si cela, sa che c’è ma non lo trova al risveglio. E’ innamorata dell’attesa dell’altro che ancora non è lì, ma attesta la sua presenza. Il Signore è Parola, azione e misericordia che non ci abbandonano mai. E ama chi ascolta la sua voce. Dio ci supera infinitamente: per questo si rivela e si vela. Lo vedremo così come è solo quando saremo davanti a Lui.
E nei Vangeli?
A differenza dei sinottici (Matteo, Marco e Luca, ndr) negli scritti giovannei respiriamo già la Trinità, la contemplazione del mistero di Dio nella sua profondità. Fin dall’inizio, l’inno del prologo (‘In principio era il Verbo’) ci immette in questa relazione del Padre con il Figlio e lo Spirito Santo. Quando viene presentato il Verbo “che in principio era presso Dio” ed “era Dio”, che si è fatto carne, ha preso dimora tra gli uomini e poi è tornato al Padre, sprofondiamo nella Trinità. “Dio nessuno l’ha mai visto, l’Unigenito ce lo ha rivelato” e il Figlio è rivolto verso il Padre nell’atteggiamento dell’abbraccio che non si consuma mai, come nel roveto ardente. Il fuoco, la forza di questo abbraccio continua ad ardere da sempre e per sempre. I 18 versetti iniziali sono la chiave di lettura dell’intero Vangelo di Giovanni. Il prologo è nel segno del ‘noi’: Giovanni e la  giovane Chiesa vivono ogni giorno alla luce di Cristo e della Trinità. In una comunità unita ‘Dio-relazione’ si manifesta: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Lo Spirito in una comunità unita porta ad aprire il cuore, a contemplare l’indicibile. E’ respiro trinitario, che non dice mai nulla di sé ma ci parla del Padre e del Figlio. E così fanno il Padre e il Figlio: uno rivela l’altro. “Chi vede me, vede il Padre” dice Gesù (Gv 14,9): il Padre porta a compimento il suo disegno nel Figlio e lo Spirito fa luce su entrambi, in un abbraccio che ci dà la vita.
Eppure quello dell’evangelista e dei primi cristiani non era un periodo storico facile.
Giovanni e i suoi affrontavano persecuzioni e divisioni interne. Guardare alla Trinità non solo li consolava per la promessa di beatitudine, ma tracciava la loro identità comunitaria contro la tentazione di dividersi. Anche per noi, in tempi di individualismo sfrenato e contrapposizioni, la Trinità è la strada da seguire. La verità infatti non è un principio, ma una presenza e una relazione che ci mostra quello che dovremmo essere. Dunque non egoisti e idolatri di noi stessi, ma figli, bisognosi di amore e chiamati ad amare. Il mistero trinitario parla anche di generazione (‘generato non creato’) come una relazione autentica, che rispetta l’altro, non lo mette in secondo piano, non lo sfrutta, ma lo asseconda nella sua pienezza. Nella Chiesa e in famiglia, la Trinità è una scuola di verità per le nostre relazioni, da quelle coniugali al rapporto genitori-figli: ci insegna paternità e maternità, figliolanza e fraternità, così come l’Unigenito è il solo che può rivelarci il Padre, la sua forza e la sua tenerezza. All’opposto, la tentazione semina sfiducia, il peccato rescinde la relazione. Come tra Caino e Abele, o nelle coppie ferite: il demonio, il “divisore” strappa e getta via, sfregia la comunione per cui siamo stati creati e deturpa la nostra identità improntata sulla Trinità.
Come scorgere un’impronta trinitaria nelle nostre comunità o nei matrimoni, segnati da fatiche, talora da fallimenti?
Quando, nonostante inadeguatezze e cadute, riusciamo a dare segni del bene che ci vogliamo, dei pesi che portiamo l’uno dell’altro, a perdonarci, allora riusciamo a dire qualcosa di Dio, trasmettiamo un riflesso di quello che Lui è, del mistero di unità e di amore che Lui è. Marito e moglie, padre e madre, in forza del sacramento sono chiamati ad essere profeti della Trinità. Amore e unità sono la via per vivere già qui con Dio e in Dio, in attesa della casa che ci attende: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna” (GV 3,16).
La mistica santa Elisabetta della Trinità diceva: “Amare è imitare Maria, esaltando la grandezza di Dio”.
Maria genera il Figlio nello Spirito, ma sempre nell’ottica della gratitudine e della libertà: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16); questa è Maria! La Sacra Famiglia è icona trinitaria, in cui ognuno si muove verso l’altro ed è al servizio dell’altro. Non lo possiede, ma lo riconosce come dono. l

Il mistero d’amore che ci rivela Dio

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a cura di TERESA CHIARI foto AGENZIA ROMANO SICILIANI/CREATIVE COMMONS

 

La Santissima Trinità ci appare il mistero più lontano e inafferrabile. Come avvicinarci?
È un enigma per la ragione, ma è anche quanto di più vicino a noi possiamo immaginare: perché è il Dio-amore, mistero di comunione nella sua dimensione più alta e più vera. Piuttosto che con la mente, possiamo intuirlo con il cuore dove lo Spirito ha la sua dimora. Lì si può avvicinarlo. Tre persone che si amano così tanto da essere – da sempre – una sola. È “il Dio dell’amore e della pace’’ come lo chiama san Paolo (2 Cor, 13, 11-13).
Il Signore si rivela e si nasconde. E’ così anche nelle Scritture?
È la modalità in cui Dio si fa conoscere. Come nell’Eucaristia, il suo nascondimento non ci schiaccia, non si impone, ma ci fa sentire quanto siamo amati. È così che ci mettiamo in ascolto e in ricerca. Pensiamo nell’Antico Testamento ai tre personaggi misteriosi che visitano Abramo alle Querce di Mamre. O a Mosè, che davanti al roveto ardente chiede al Signore il suo nome: “sarò Colui che sarò -gli viene detto- Sono il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe”, cioè Dio disvela l’orizzonte di un progetto da realizzare insieme. Gli parla di mettersi in cammino, aprendosi ai fratelli e conformandosi a Lui, in un atteggiamento di continua conversione. Poi nel Cantico dei Cantici: l’amata cerca l’amato che si è rivelato ma si cela, sa che c’è ma non lo trova al risveglio. E’ innamorata dell’attesa dell’altro che ancora non è lì, ma attesta la sua presenza. Il Signore è Parola, azione e misericordia che non ci abbandonano mai. E ama chi ascolta la sua voce. Dio ci supera infinitamente: per questo si rivela e si vela. Lo vedremo così come è solo quando saremo davanti a Lui.
E nei Vangeli?
A differenza dei sinottici (Matteo, Marco e Luca, ndr) negli scritti giovannei respiriamo già la Trinità, la contemplazione del mistero di Dio nella sua profondità. Fin dall’inizio, l’inno del prologo (‘In principio era il Verbo’) ci immette in questa relazione del Padre con il Figlio e lo Spirito Santo. Quando viene presentato il Verbo “che in principio era presso Dio” ed “era Dio”, che si è fatto carne, ha preso dimora tra gli uomini e poi è tornato al Padre, sprofondiamo nella Trinità. “Dio nessuno l’ha mai visto, l’Unigenito ce lo ha rivelato” e il Figlio è rivolto verso il Padre nell’atteggiamento dell’abbraccio che non si consuma mai, come nel roveto ardente. Il fuoco, la forza di questo abbraccio continua ad ardere da sempre e per sempre. I 18 versetti iniziali sono la chiave di lettura dell’intero Vangelo di Giovanni. Il prologo è nel segno del ‘noi’: Giovanni e la  giovane Chiesa vivono ogni giorno alla luce di Cristo e della Trinità. In una comunità unita ‘Dio-relazione’ si manifesta: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23). Lo Spirito in una comunità unita porta ad aprire il cuore, a contemplare l’indicibile. E’ respiro trinitario, che non dice mai nulla di sé ma ci parla del Padre e del Figlio. E così fanno il Padre e il Figlio: uno rivela l’altro. “Chi vede me, vede il Padre” dice Gesù (Gv 14,9): il Padre porta a compimento il suo disegno nel Figlio e lo Spirito fa luce su entrambi, in un abbraccio che ci dà la vita.
Eppure quello dell’evangelista e dei primi cristiani non era un periodo storico facile.
Giovanni e i suoi affrontavano persecuzioni e divisioni interne. Guardare alla Trinità non solo li consolava per la promessa di beatitudine, ma tracciava la loro identità comunitaria contro la tentazione di dividersi. Anche per noi, in tempi di individualismo sfrenato e contrapposizioni, la Trinità è la strada da seguire. La verità infatti non è un principio, ma una presenza e una relazione che ci mostra quello che dovremmo essere. Dunque non egoisti e idolatri di noi stessi, ma figli, bisognosi di amore e chiamati ad amare. Il mistero trinitario parla anche di generazione (‘generato non creato’) come una relazione autentica, che rispetta l’altro, non lo mette in secondo piano, non lo sfrutta, ma lo asseconda nella sua pienezza. Nella Chiesa e in famiglia, la Trinità è una scuola di verità per le nostre relazioni, da quelle coniugali al rapporto genitori-figli: ci insegna paternità e maternità, figliolanza e fraternità, così come l’Unigenito è il solo che può rivelarci il Padre, la sua forza e la sua tenerezza. All’opposto, la tentazione semina sfiducia, il peccato rescinde la relazione. Come tra Caino e Abele, o nelle coppie ferite: il demonio, il “divisore” strappa e getta via, sfregia la comunione per cui siamo stati creati e deturpa la nostra identità improntata sulla Trinità.
Come scorgere un’impronta trinitaria nelle nostre comunità o nei matrimoni, segnati da fatiche, talora da fallimenti?
Quando, nonostante inadeguatezze e cadute, riusciamo a dare segni del bene che ci vogliamo, dei pesi che portiamo l’uno dell’altro, a perdonarci, allora riusciamo a dire qualcosa di Dio, trasmettiamo un riflesso di quello che Lui è, del mistero di unità e di amore che Lui è. Marito e moglie, padre e madre, in forza del sacramento sono chiamati ad essere profeti della Trinità. Amore e unità sono la via per vivere già qui con Dio e in Dio, in attesa della casa che ci attende: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in Lui non vada perduto ma abbia la vita eterna” (GV 3,16).
La mistica santa Elisabetta della Trinità diceva: “Amare è imitare Maria, esaltando la grandezza di Dio”.
Maria genera il Figlio nello Spirito, ma sempre nell’ottica della gratitudine e della libertà: “Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia” (Gv 1,16); questa è Maria! La Sacra Famiglia è icona trinitaria, in cui ognuno si muove verso l’altro ed è al servizio dell’altro. Non lo possiede, ma lo riconosce come dono. l

Ripartizione 8xmille / Le assegnazioni 2022

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La 76ª Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana ha preso atto che, come comunicato dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (1), la somma relativa all’otto per mille dell’IRPEF assegnata alla Chiesa cattolica per il 2021 risulta pari ad euro 1.111.587.265,93 determinati da euro 1.091.552.943,44 a titolo di anticipo per l’anno in corso, ed un conguaglio sulle somme riferite all’anno 2019 di euro 20.034.322,49. Considerate le proposte di ripartizione presentate dal Consiglio Permanente, sono state approvate le seguenti assegnazioni:

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(1) I dati trasmessi dal Ministero dell’Economia e delle Finanze nell’anno 2022 e relativi alle dichiarazioni dell’anno 2019 (redditi 2018) indicano che la percentuale delle scelte a favore della Chiesa Cattolica è stata pari al 77,18% (-1,32% rispetto all’anno precedente)

 

Domenica 18 settembre 2022 / XXXIV Giornata Nazionale per il sostentamento dei sacerdoti

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I nostri preti sono sempre al nostro fianco. Ogni giorno ci offrono il loro tempo, ascoltano le nostre difficoltà e incoraggiano percorsi di ripresa. I nostri sacerdoti si affidano alla generosità dei fedeli per essere liberi di servire tutti. Anche noi possiamo far sentire loro la nostra presenza. Questo il cuore del messaggio che guiderà la XXXIV Giornata Nazionale delle offerte per il sostentamento dei sacerdoti che si celebrerà in tutte le parrocchie domenica 18 settembre.

La Giornata Nazionale permette di dire “grazie” ai sacerdoti, annunciatori del Vangelo in parole ed opere nell’Italia di oggi, promotori di progetti anti-crisi per famiglie, anziani e giovani in cerca di occupazione, punto di riferimento per le comunità parrocchiali. Ma rappresenta anche il tradizionale appuntamento annuale di sensibilizzazione sulle offerte deducibili. “È un’occasione preziosa – sottolinea il responsabile del Servizio Promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni per far comprendere ai fedeli quanto conta il loro contributo. Non è solo una domenica di gratitudine nei confronti dei sacerdoti ma un’opportunità per spiegare il valore dell’impegno dei membri della comunità nel provvedere alle loro necessità. Basta anche una piccola somma ma donata in tanti”. 

Nonostante siano entrate in vigore nel 1989 (a seguito della revisione concordataria del 1984), le offerte deducibili sono ancora poco comprese e utilizzate dai fedeli che ritengono sufficiente l’obolo domenicale; in molte parrocchie, però, questo non basta a garantire al parroco il necessario per il proprio fabbisogno. Da qui l’importanza di uno strumento che permette a ogni persona di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani.

“Le offerte – aggiunge Monzio Compagnoni – rappresentano il segno concreto dell’appartenenza ad una stessa comunità di fedeli e costituiscono un mezzo per sostenere tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro. La Chiesa, grazie anche all’impegno dei nostri preti, è sempre al fianco dei più fragili e in prima linea per offrire risposte a chi ha bisogno”.

Destinate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero, le offerte permettono, dunque, di garantire, in modo omogeneo in tutto il territorio italiano, il sostegno all’attività pastorale dei sacerdoti diocesani. Da oltre 30 anni, infatti, questi non ricevono più uno stipendio dallo Stato, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento.

Le offerte raggiungono circa 33.000 sacerdoti al servizio delle 227 diocesi italiane e, tra questi, anche 300 preti diocesani impegnati in missioni nei Paesi del Terzo Mondo e circa 3.000, ormai anziani o malati dopo una vita spesa al servizio degli altri e del Vangelo.

In occasione della Giornata del 18 settembre in ogni parrocchia i fedeli troveranno locandine e materiale informativo per le donazioni.

Nel sito www.unitineldono.it è possibile effettuare una donazione ed iscriversi alla newsletter mensile per essere sempre informati sulle numerose storie di sacerdoti e comunità che, da nord a sud, fanno la differenza per tanti. In allegato il comunicato stampa con il rendiconto della raccolta delle Offerte dal 1989 al 2021, il fabbisogno dei sacerdoti 2021 e le modalità per donare.

Per maggiori informazioni:

https://www.unitineldono.it/

https://www.facebook.com/unitineldono

https://twitter.com/Uniti_nel_dono

https://www.instagram.com/unitineldono/

https://www.youtube.com/unitineldono

 

“Uniti in Rete” / Il 29 ottobre nuovo webinar per presentare i corsi di formazione

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All’appuntamento dello scorso 24 settembre, dedicato alla presentazione dei primi due corsi progettati per gli operatori del Sovvenire, non tutti gli incaricati e collaboratori diocesani hanno potuto partecipare. Pertanto è stato organizzato un altro webinar sullo stesso argomento per il 29 ottobre.

Di cosa si parlerà? Dopo un’introduzione su come accedere all’area di formazione, saranno presentati il corso Il Sovvenire (sulla storia, i valori e la struttura del Sovvenire, oltre e a due approfondimenti su 8xmille e Offerte deducibili) e il corso Comunicazione (sulle basi della comunicazione efficace, i materiali di comunicazione, gli eventi in presenza e online, e come misurare gli obiettivi di comunicazione).

Invitiamo tutti gli incaricati e collaboratori diocesani, che non erano potuti intervenire all’incontro del 24 settembre, ad iscriversi all’evento e partecipare al webinar collegandosi martedì 29 ottobre (ore 17-18) a questo link Zoom:

https://us06web.zoom.us/webinar/register/WN_HCK3P_QSSpeV6o7if8qs7Q

Un consiglio – Per chi non avesse mai utilizzato strumenti come la videoconferenza o la chat online durante un webinar, potrebbe essere utile farsi affiancare da una persona esperta per rendere l’esperienza più semplice e fluida.

RICORDA!

Martedì 29 ottobre dalle ore 17 alle 18

Il webinar sarà registrato e la partecipazione è gratuita.