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Uniti nel Dono / Simone Cristicchi: “Siamo mendicanti di luce”

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Cantautore raffinato e artista poliedrico, il 46enne romano ci racconta su unitineldono.it la sua amicizia con don Luigi Verdi e il suo legame con la pieve di Romena, ma pure il suo amore per San Francesco e il Paradiso di Dante. Nella sua ricerca appassionata e sincera si sente “a metà tra la tempesta e l’approdo”. Il dubbio e l’umiltà, il silenzio e la responsabilità segnano l’orizzonte dei suoi valori. L’intervista a cura di Stefano Proietti, foto di Gianluca Gasbarri.

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A don Gigi Verdi e alla fraternità di Romena ti lega una lunga amicizia, che negli scorsi anni ha prodotto anche un programma televisivo per Tv2000 e una pubblicazione dal titolo “Le poche cose che contano”. Come è nato questo rapporto speciale e quale ricchezza hai ricevuto dall’incontro con don Gigi?
Ho incontrato prima di tutto un poeta, un uomo di parola, di concetto, un filosofo che ha condiviso con me la sua visione del cristianesimo: un cristianesimo che ritorna alla sua unicità, ai suoi esordi. Ecco perché, quando si va a Romena, ci si sente accolti prima di tutto dalla bellezza del luogo e dalla spiritualità che lì si respira. Qualcosa che arriva anche ai non credenti. Una fede proiettata verso il futuro ma dal sapore antico, come direbbe Carlo Levi. Io ho frequentato anche altri luoghi di spiritualità (induista, buddista e del cristianesimo ortodosso) ma devo dire che a Romena ho lasciato un pezzo di cuore. E anche loro mi vogliono molto bene: le mie canzoni sono diventate quasi la colonna sonora della comunità.

Come ha influito questa amicizia sul rapporto hai con la fede?
Sia io che Gigi siamo, come ama dire lui, due “mendicanti di luce” e giriamo in cerca di sorgenti di spiritualità, che possano nutrire questo vuoto che abbiamo. Anche i sacerdoti a volte possono avvertire dei momenti di buio interiore e quel che mi accomuna a don Gigi è che ognuno di noi, ciascuno col proprio strumento, cerca di condividere con gli altri la luce che abbiamo trovato sul nostro cammino.

Il tuo impegno di artista è sempre stato caratterizzato dall’attenzione alla fragilità. Dalla malattia mentale raccontata in “Ti regalerò una rosa”, che vinse il festival di Sanremo nel 2007, fino ad “Abbi cura di me”, con cui nel 2019 a Sanremo hai vinto il premio Endrigo e il premio Bigazzi.
Da una parte, in “Ti regalerò una rosa”, c’era la ricerca di una memoria storica, quella del manicomio, entrando in empatia con chi aveva vissuto e sofferto quei veri e propri lager, raccogliendo le loro testimonianze. Dall’altra, con “Abbi cura di me”, c’è una attenzione verso il mondo interiore, in un percorso legato a doppio filo con quello della memoria ma che va oltre il tempo e lo spazio: qualcuno l’ha definita una preghiera d’amore universale, e credo sia uno dei pochi casi in cui a una canzone succede qualcosa del genere.

Stai andando in scena con “Franciscus – Il folle che parlava agli uccelli”: chi è per te San Francesco?
La caratteristica peculiare di Francesco è che ognuno di noi ne ha una propria immagine, e può essere raffigurato come tutto e il contrario di tutto: gli sono state affibbiate definizioni di ogni genere. La cosa importante, a mio avviso, è concentrarci su ciò che da 800 anni questa persona straordinaria ci provoca. Studiando le fonti emerge il profilo di un uomo molto determinato e che non faceva sconti a nessuno, molto diverso da quello un po’ oleografico dell’amante della natura, remissivo e che parlava agli uccelli e agli animali.

A quest’ultimo riguardo, pensando al tuo brano Lo chiederemo agli alberi: come si fa nella nostra quotidianità così frenetica, a sentirci davvero parte di un disegno più grande?
È fondamentale ritagliarci, dovunque noi siamo, uno spazio di silenzio per la meditazione, la preghiera, il raccoglimento o anche solo per la contemplazione della natura. È chiaro che chi vive in una palazzina di periferia può avere una maggiore difficoltà, ma in fondo resta una questione di volontà. Deve scegliere di farlo, con disciplina, anche chi ha la fortuna di vivere immerso nel verde, come me, che abito in un casolare tra le colline. La natura è un grandissimo libro di sapienza che aspetta di essere decifrato e interpretato correttamente.

Ispirandoti a Dante, anche tu proponi in “Paradiso – Dalle tenebre alla luce” un viaggio dell’anima, dall’oscurità angosciosa del non senso alla luce della pace interiore: quali sono gli strumenti di cui è necessario armarsi?
Io ritengo fondamentali due elementi. Il primo è l’umiltà, che nella sua radice ha la parola terra (humus, in latino): dobbiamo essere, come un campo, aperti ad accogliere i semi che tutti ci possono donare. E poi ci vuole un sano dubbio, che mi caratterizza in modo particolare: il dubbio ti mette in discussione e ti apre nuove prospettive, anche se porta con sé la tempesta. Avere fede è un punto d’arrivo, un dono che arriva dall’alto e ti pone in uno stato di tranquillità. Io mi sento a metà tra la tempesta e l’approdo.

La tua vena artistica ha fatto un gran bene al cuore di tante persone che ascoltano la tua musica o vedono i tuoi spettacoli. Vivi questa dimensione come una vocazione?
Più che come una vocazione io vivo questa dimensione come una responsabilità. La responsabilità di condividere quello che sentiamo e produciamo; non per il successo ma perché è il compito dell’artista, all’interno della comunità. Abbiamo dei fari luminosi che ce lo hanno mostrato: da De André a Fossati, da De Gregori a Battiato. Artisti che con la loro musica non solo sono compagni di cammino, ma hanno la forza di aiutarti a cambiare prospettiva. È quello che anch’io vorrei fare.

Ravenna / Un fiore in mosaico per segnalare le opere realizzate grazie all’8xmille

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Un fiore in mosaico per dire dove “è fiorita” la solidarietà dell’8xmille a Ravenna. È una delle novità che verranno presentate sabato 14 ottobre in occasione del convegno “Il ruolo della Comunità: sostenere la Chiesa e i suoi sacerdoti”, organizzato dal Servizio di Promozione e sostegno economico della Chiesa cattolica a livello diocesano con il Sovvenire CEI. Si tratta di una targa in mosaico denominata “Gerico, che io riabbia la vista”, che ha il compito di segnalare in Diocesi i beni finanziati con i fondi 8xmille.

«La pietra ha tre finalità: attirare l’attenzione, rendere visibile il bene compiuto – spiega Paola Zepparoni, referente diocesana del Sovveniree ringraziare chi ha firmato per l’8xmille. Lo scopo di questa pietra d’inciampo è rendere visibile l’amore di Dio espresso in ogni atto di solidarietà», con un gesto semplice come una firma. Accanto ai fiori che parlano dell’impegno di tutta la comunità contro la violenza sulle donne, ci sarà quello che dice dell’impegno di chi firma per l’8xmille per la sua comunità.

Qualche esempio? Quest’anno i fiori saranno collocati all’emporio don Angelo Lolli, alla casa Famiglia per disabili di Argenta, nella parrocchia di Portomaggiore per la ristrutturazione dei locali, alla casa di riposo di Castiglione e alla casa-famiglia della Papa Giovanni XXIII di Gambellara. Ma il sostegno dell’8xmille in Diocesi assume tantissime forme.

Se ne parlerà appunto al convegno del 14 ottobre in Seminario, occasione nella quale verrà anche presentato il bilancio dell’Arcidiocesi e la rendicontazione dell’8xmille 2022. Per i saluti interverranno Paola Zepparoni, referente diocesano del Servizio promozione sostegno economico della Chiesa Cattolica, e don Dario Kesicki, presidente dell’Istituto diocesano Sostentamento Clero. Dopo l’introduzione dell’Arcivescovo di Ravenna-Cervia, Monsignor Lorenzo Ghizzoni, i relatori dell’inconto saranno Paolo Cortellessa, incaricato del servizio studi e ricerche per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica della CEI “Sovvenire”, don Graziano Donà, membro Comitato nazionale “Sovvenire” e Davide Martini, referente regionale “Sovvenire” che presenterà il progetto “Uniti Possiamo”. La tavola rotonda sarà moderata da Enrico Maria Saviotti, direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Diocesi.

(risveglio2000.it)

 

Diocesi di San Miniato: un progetto 8xmille per il disagio abitativo di madri e bambini

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La vecchia scuola materna del Sacro Cuore di Treggiaia accoglierà donne sole e madri con figli nella nuova Casa Belvedere, l’appartamento messo a disposizione dalla Caritas di San Miniato nell’ambito del progetto “La Community dell’Abitare” e finanziato con i fondi dell’8xmille della Chiesa cattolica.

La Casa, in grado di accogliere fino a un massimo di 7 ospiti, sorge in Via XXV Aprile, nell’appartamento al di sopra della ex scuola materna del paese di proprietà della parrocchia di Treggiaia, che in precedenza ospitava una comunità di suore delle “Piccole Figlie di San Giuseppe”. Proprio a tal riguardo, nello scorso anno, alcuni membri del Consiglio pastorale avevano cercato nuovi gestori per la struttura.

La “Community dell’Abitare” – si legge nell’articolo – intende dare risposte al disagio abitativo diffuso nella diocesi di San Miniato, che ricomprende appunto anche Treggiaia. Mentre nel Valdarno la progettazione potrà contare sull’apporto della cooperativa La Pietra d’Angolo, nel caso di Treggiaia sarà la cooperativa Il Cammino a collaborare con la Caritas sanminiatese.

Si tratta di una progettazione in cui Caritas crede molto, in linea con le scelte di Caritas Italiana, molto attenta al problema dell’abitare, che sta diventando strutturale anche nel nostro territorio“, ha spiegato don Armando Zappolini, direttore della Caritas che parteciperà all’inaugurazione insieme al sindaco Matteo Franconi il prossimo 18 ottobre alle ore 18.00.

Qui l’articolo completo pubblicato su valdera.it.

Uniti nel Dono / Alle porte di Napoli, dove la Chiesa è tra la gente

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Don Ciro Tufo, parroco di san Giacomo a Calvizzano (NA), è il cuore di una comunità dove le relazioni tra le persone sono al primo posto.

“Sono stato farmacista – racconta di sé – e ho insegnato chimica a scuola, facendo una vita bella, che mi piaceva. Per ben undici anni sono stato anche fidanzato e stavo per sposarmi, ma in fondo al cuore sentivo una chiamata diversa: solo quando ho trovato il coraggio di seguirla sono stato pienamente felice. Sì, posso dire di essere un prete felice, ma soprattutto gioioso. La mia gioia è essere quel che vivo e faccio tutti i giorni”. E cosa fa, tutti i giorni, il parroco di Calvizzano? Basta seguirlo per qualche ora per rendersene conto.

Il rapporto che ha con la gente affidata alle sue cure è difficile da descrivere solo a parole.

Scopri di più su unitineldono.it, oppure segui il filmato di Giovanni Panozzo.

A Cavallino-Treporti l’incontro regionale del Triveneto

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La Commissione del Sovvenire del Triveneto ha organizzato per il 5-6 ottobre l’incontro regionale. Si svolgerà presso la Casa Marina delle Suore Dimesse, Via Fausta, 272/A, 30013 Cavallino-Treporti (VE).

Interverranno: Mons. Luigi Bressan, Vescovo Delegato CET del Sovvenire, Mons. Luigi Testore, Presidente dell’ICSC, don Claudio Francesconi, Economo della CEI, il dott. Massimo Monzio Compagnoni, Responsabile del Servizio Promozione della CEI e il referente regionale Diego Righetti.

L’appuntamento sarà un importante momento di formazione per chi collabora nelle Diocesi grazie alla presenza dei vari relatori e offrirà l’opportunità di conoscenze reciproche, scambio di esperienze sulle attività svolte nelle Diocesi, tempo di riflessione su temi di interesse comune.

Programma in allegato

Nord Africa e Medio Oriente / 8xmille per emergenze sanitarie, economiche e umanitarie

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Il comunicato finale del Consiglio Episcopale Permanente (25-27 settembre), informa che la Presidenza della CEI, nella riunione del 25 settembre, ha rinnovato la propria vicinanza e solidarietà alle popolazioni colpite dalle recenti emergenze nel Nord Africa e dalle crisi economiche, sociali e politiche che si protraggono in alcuni Paesi del Medio Oriente.

Come forma di sostegno, la Presidenza ha deciso lo stanziamento di 2,5 milioni di euro dai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, dopo i primi 300 mila euro stanziati per far fronte all’emergenza terremoto in Marocco.

Il contributo della CEI, attraverso Caritas Italiana in raccordo con le reti locali, verrà destinato alle popolazioni del Marocco e della Libia duramente colpite dal terremoto e dalle alluvioni, per aiuti d’urgenza, interventi per la ripresa delle attività economiche, ricostruzione, sostegno psicosociale, iniziative per la ricomposizione dei legami comunitari.

In Medio Oriente, invece, gli interventi riguarderanno il Libano provato da una grave crisi economica e sociale; l’Iraq alle prese con una profonda crisi dovuta alle conseguenze durature delle guerre di cui è stato vittima; la Giordania che accoglie più di un milione di profughi soprattutto siriani.

I singoli progetti, pur differenziandosi a seconda dei contesti, saranno volti a fornire servizi essenziali alla popolazione locale più vulnerabile: assistenza sanitaria ed economica, sostegno psicosociale alle donne, in particolare laddove sono vittime di violenze.

Lombardia / Mons. Delpini: “Sostentamento del clero, occorre una rinnovata formazione”

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Nell’incontro regionale della Lombardia dedicato al sostegno economico alla Chiesa (Seveso, 21-22 settembre) l’Arcivescovo di Milano Mons. Mario Delpini ha pronunciato una relazione su “come immagino il portafoglio dei preti”. Ecco la sintesi della due giorni a cura di Annamaria Braccini e le parole pronunciate dall’Arcivescovo (su chiesadimilano.it).

Il rapporto del prete con il denaro può essere motivo di riflessione e occasione di formazione”. Ne è convinto l’Arcivescovo che, nella sua veste di Metropolita lombardo, interviene alla seconda giornata dell’incontro regionale del Sovvenire, che si svolge al Centro pastorale ambrosiano di Seveso con il titolo «Corresponsabilità Partecipazione Comunione. Il Sovvenire nel cammino sinodale».

In apertura dei lavori il referente regionale Attilio Marazzi (nella foto a destra) rileva la portata dell’iniziativa, che mette insieme i tre soggetti interessati al tema del sostentamento del clero: economi, incaricati del Sovvenire e Istituti diocesani, secondo quanto prevede il progetto della CEI per tutte le regioni ecclesiastiche italiane. E l’importanza dell’evento si comprende dalla partecipazione di alto livello: sono presenti, infatti, monsignor Luigi Testore (Vescovo di Acqui e Presidente dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero), il responsabile del Servizio per la Promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica Massimo Monzio Compagnoni e l’economo della CEI don Claudio Francesconi. Per la Lombardia, Monsignor Luca Raimondi (Vescovo delegato CEI per il Sovvenire), il Vescovo emerito Monsignor Giuseppe Merisi, Monsignor Bruno Marinoni (Vicario episcopale per gli Affari economici), don Roberto Davanzo (presidente dell’Istituto Diocesano Sostentamento Clero) e don Massimo Pavanello (incaricato diocesano del Sovvenire).

Insomma, un modo non solo per confrontarsi sulla diminuzione (innegabile) dei cespiti dell’8xmille, ma per immaginare il futuro. Particolarmente intrigante il titolo della comunicazione dell’Arcivescovo: Come immagino il portafoglio dei preti.

Si può parlare di soldi?

Si può parlare di tutto, si condividono le esperienze e i problemi, le gioie e le preoccupazioni per sé, per la parrocchia, per la famiglia; si mormora dei superiori e dei confratelli, ma non si parla, non si può parlare, non sembra educato parlare di come si usano i soldi, di come ciascuno amministra i suoi beni, di come gestisce le spese proprie, dei familiari, della parrocchia”. Ma perché questo tabù, si chiede. Diversi i fattori evidenziati: una certa sfiducia nell’istituzione, l’imbarazzo per scelte non giustificabili o non coerenti – “quanto si spende per il cane, per gli hobbies, per i viaggi?” – e anche, talvolta, l’incertezza sul proprio futuro, scarso realismo e poca fiducia proprio nel sostentamento.

E, forse, anche perché “l’uso del denaro, come tanti altri aspetti, deve molto alla consuetudine della famiglia di origine del sacerdote, al suo stile di vita. Anche il prete può rischiare di diventare avido, di ritenere che ogni spesa sia legittima, magari a costo di fare debiti, se è stato educato così. L’uso del denaro si impara con il latte materno e, forse, dovremmo interrogarci sul perché l’educazione seminaristica non incida su questo aspetto”.

Una terza osservazione dell’Arcivescovo è quella che sintetizza nell’immagine simbolica: “Il portafoglio del prete è pieno di pezzi da 5 euro”. “La cifra che immagino il prete abbia deciso di dare, come elemosina, a coloro che mendicano un aiuto. Non è raro il caso di preti ‘assediati’ da ‘clienti cronici’ che pretendono un aiuto regolare e non è raro il caso di sacerdoti vittime di truffe, ricatti, imbrogli: non ne parlano perché si vergognano, perché temono minacce e scandali. Non ne parlano e intanto sperperano fortune. Certo, il prete deve fare la carità, ma forse è meglio non lasciarsi coinvolgere direttamente, vista la vulnerabilità di fronte a storie strappalacrime, rivolgendosi a chi sa valutare meglio le situazioni, come la Caritas, per esempio”.

Poi l’affondo, per una presa di coscienza più chiara da parte degli stessi presbiteri su questo tema.

Il privilegio dei sacerdoti e l’8xmille

Il prete è privilegiato, ma non lo sa, non se ne rende conto. Fin dal primo giorno riceve casa, riscaldamento, sostentamento e talvolta offerte anche significative. Non gli manca mai niente, almeno qui da noi. Non ha l’idea di come possa essere stentata la vita di un prete in un altro paese, sotto altri cieli, dove non c’è il sostentamento. Quest’abitudine a stare bene, insinua l’idea che il trattamento che il prete riceve sia dovuto e, talora, può nascerne una rivendicazione puntigliosa”.

Il riferimento è all’8xmille che “si pensa sia un toccasana, ma che può anche essere messo in discussione, oggetto di ripensamento, forse radicalmente cambiato e persino abolito. Questa potrebbe essere un’occasione per sensibilizzare la comunità”. Anche perché mediamente “i sacerdoti sembrano imbarazzati nel promuovere una sensibilizzazione dei fedeli sull’argomento. Si fraintende l’aspetto implicito necessario di una sana educazione cristiana al ‘sovvenire’ con una sorta di richiesta di soldi per sé, invece che di un aiuto alla comunità”.

Da qui qualche correttivo suggerito da Monsignor Delpini, con l’indicazione della necessità che i Consigli per gli affari Economici stilino una rendicontazione precisa (nella Chiesa ambrosiana lo fanno 1050 parrocchie su 1107) e di poter contare su strumenti promettenti come il Bilancio di Missione, stilato per la prima volta a livello diocesano per l’anno pastorale 2021-2022.

I contesti propizi

La vita comune dei presbiteri può essere un contesto propizio per confronti, correzioni, assunzione di nuovi stili, eventualmente più coerenti con le scelte evangeliche e con l’esemplarità. Ciò che deve cambiare è il senso di appartenenza del prete al presbiterio che collabora con il Vescovo per la missione. La disponibilità di spazi ha fatto sì che le forme comunitarie come l’abitare, in parrocchia, nella stessa casa, mangiare insieme, siano venute meno. La fraternità presbiterale può essere, invece, un luogo adeguato per mettere in discussione anche la propria vita privata e quindi l’utilizzo dei soldi e dei beni”, considerando che vivere insieme e la correzione fraterna «possono essere contesti educativi più incisivi di altri interventi formativi, come convegni o corsi”. In questo orizzonte, bisogna intendere, per esempio, anche la Fondazione Opera Aiuto Fraterno, quale casa comune, anche se, come è ovvio, di dimensione diocesana.

Altro correttivo, non meno importante, è non dimenticare i poveri, laddove “la rete di protezione che circonda il prete e la siepe che sta intorno agli ambienti ecclesiastici possono dare una visione troppo filtrata della vita e delle sue esigenze. La frequentazione di persone segnate da un disagio economico, abitativo, relazionale può essere provvidenziale per prendere coscienza del proprio privilegio e stimolare a correggersi, riconoscendo il pericolo di una vita borghese, condotta senza domandarsi se sia coerente con il ministero, così come della simmetrica tentazione del ‘pauperismo’. Il ‘pauperismo’ non è, infatti, la scelta virtuosa della povertà, ma una forma di ideologia che diventa trascuratezza di sé e dei beni della comunità, oltre che principio di polemica verso l’istituzione”.

I gruppi di lavoro

Poi, l’avvio dei tre gruppi di lavoro, uno per ciascuno dei soggetti coinvolti, con l’immediata restituzione da parte dei delegati di qualche strada percorribile a breve termine.

Occorre creare – viene sottolineato – un’équipe tra economato, Sovvenire e Istituto diocesano per affrontare insieme le realtà da declinare, poi, nei territori specifici, superando così il non sapere gli uni degli altri che ci condanna a essere assolutamente inefficaci. Serve che venga codificato, almeno a livello lombardo, un gruppo specifico ed esecutivo, capace di connettere le parrocchie, che coinvolga anche i vicari generali, le cancellerie delle diocesi, i revisori dei conti, l’ufficio delle Comunicazioni sociali, i referenti delle zone e le Caritas mettendo in rete la comunità”.

Quello che, come Chiesa, possiamo fare è lavorare sulla comunicazione, facendo per esempio capire che la Caritas è una realtà della Chiesa cattolica, non qualcosa a sé stante – conclude monsignor Raimondi -. L’8xmille significa riconoscenza verso il clero, verso noi preti che agiamo la carità ascoltando la gente, celebrando funerali, accogliendo bambini, curando le ferite degli uomini tutti i giorni. Il ministero presbiterale è e fa carità perché annuncia il Vangelo. La Lombardia, a livello di regione ecclesiastica, per il suo peso di ampiezza territoriale e di popolazione, può fare scuola in questo con una logica comunionale”. Quella, appunto, di Uniti possiamo, titolo del progetto di raccolta delle offerte per il sostentamento Clero, al quale sono iscritte 437 parrocchie di 9 delle 10 diocesi lombarde”.

8xmille / Restauri ad Atena Lucana. Don Michele: “Tre luoghi centrali della Comunità”

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Un comune, tre chiese in ristrutturazione. Ad Atena Lucana la particolare coincidenza vede tre dei più importanti luoghi di culto in fase di ammodernamento. Il Santuario di San Ciro e in particolare il Santuario della Colomba erano da anni in attesa di essere sottoposto all’opera di restauro.

Attesa che finisce nel 2018 con l’assegnazione di un bando regionale destinato ai santuari. La Diocesi di Teggiano Policastro, di cui Atena Lucan fa parte ha prontamente partecipato, inserendosi in graduatoria. A breve anche la chiesa di San Michele ad Atena Lucana Scalo, vedrà l’inizio dei lavori di ristrutturazione, questa volta con l’appoggio dell’8xmille, aiuto essenziale per iniziare un intervento che coinvolgerà l’agibilità di alcuni spazi dell’edificio.

“Siamo felici di riuscire a ripristinare tre dei luoghi centrali per la comunità – afferma don Michele Casale, parroco di Atena da 13 anniluoghi legati alla memoria e indispensabili per le iniziative future che potrebbero animare la nostra comunità”.

(Servizio di Joyce Donnarumma per italia2tv.it)

8xmille / «Quando si prende il volo»: da Cagliari in Sri Lanka per imparare

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Un’opportunità per riscattarsi, mettere a disposizione le proprie competenze e impararne nuove: nell’ambito del progetto “Quando si prende il volo”, realizzato grazie ai fondi 8xmille (fondo carità Vescovo), dal 26 agosto al 12 settembre scorso quattro ragazze accolte nella Casa famiglia “Casa Emmaus” della Congregazione delle Missionarie Figlie di San Girolamo Emiliani a Elmas (a una decina di km da Cagliari) sono state ospitate nella Centro “Miani Nagar” della stessa congregazione, a Batticaloa, in Sri Lanka. Qui le Missionarie accolgono 40 ragazze (di cui 29 minorenni). «Da tempo desideravo dare alle nostre ragazze neomaggiorenni l’opportunità di vivere questa esperienza missionaria– spiega Suor Silvia Carboni responsabile della Casa famiglia – in virtù dello stretto legame tra le due comunità, che vede la presenza di alcune suore sarde in Sri Lanka e l’accoglienza di una ragazza proveniente dal paese asiatico vincitrice di una borsa di studio presso l’Università di Cagliari nella nostra Casa a Elmas».

Un desiderio «rimandato a causa del Covid, che quest’anno siamo riusciti a realizzare grazie ai fondi 8xmille messi a disposizione dal nostro Arcivescovo, che hanno sostenuto le spese di viaggio di queste ragazze». Queste ultime «hanno portato lì le loro competenze, e allo stesso tempo hanno imparato molto».

Federica, prossima all’avvio delle lezioni di Scienze dell’educazione, ha preparato i giochi per le giovani accolte, per insegnare loro il buon uso del denaro; Gabriela ha insegnato loro alcune competenze di estetica, utili per autosostenersi; Jo si è dedicata al laboratorio di cucina italiana e al tempo stesso ha imparato la cucina locale. Le suore hanno partecipato a momenti di formazione sulla tutela dei minori e sulla prevenzione di forme di maltrattamento e abuso. Inoltre, grazie alle competenze di uno dei volontari, il gruppo ha elaborato un progetto di ristrutturazione del Centro, predisponendo stanze per il turismo solidale, possibile sbocco lavorativo per le ragazze accolte.

«Conoscere e stare con loro – racconta Jo – è stato un arricchimento: con la loro voglia di riscatto e di futuro, giorno dopo giorno mi hanno insegnato qualcosa in più». «La loro forza mi ha incoraggiato- aggiunge Federica -: spero di riuscire a tornare, per non dimenticare l’umiltà e la perseveranza che ho imparato qui».

Ad accompagnare le ragazze anche alcuni volontari.  «Sono partita – racconta Laura, psicologa e psicoterapeutaper mettere a disposizione le mie competenze professionali e vedere luoghi nuovi. Di fatto mi sono sentita parte di una comunità, in cui ho davvero compreso il senso del dare amore». «È stata un’esperienza di forte impatto emotivo -aggiunge Debora, coordinatrice di Casa Emmaus-, grazie a ciò che le ragazze e le suore ci hanno trasmesso, con la loro resilienza, il loro coraggio e la loro gioia».

(Maria Chiara Cugusi per il Portico su ilporticocagliari.it)