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8xmille / A Casale la mensa dell’accoglienza

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Aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più, se sposti un po’ la seggiola stai comodo anche tu”, questo è lo spirito della nuova mensa Caritas che è stata ufficialmente inaugurata a metà aprile in città, nella nuova struttura in strada Caduti nei Lager Nazisti 239, a fianco della stazione ferroviaria (fonte vitacasalese.it).

La mensa della Caritas di Casale è attiva dal 2015 ed è aperta il giovedì a cena e la domenica a pranzo e ospita numerose persone e famiglie che desiderano condividere il pranzo o la cena in compagnia dei volontari. La sua filosofia è “Chiunque è ben accetto, non solo chi necessita di un pasto, ma anche chi ha bisogno di compagnia o di socializzare, infatti, oltre a soddisfare la fame, la mensa cura anche la solitudine.”

Dall’inizio del lockdown il numero di persone che vi accedono è aumentato esponenzialmente ed è nata dunque la necessità di creare un luogo più spazioso dove poter accogliere un maggior numero di persone bisognose.

Ciò è stato reso possibile anche grazie al contributo dell’8xmille della Conferenza Episcopale Italiana, della Fondazione Cassa di Risparmio di Alessandria, della Buzzi Unicem e del Comune di Casale. Questi contribuiti sono stati essenziali per poter potare avanti questo progetto.

“Il momento di oggi è pensato soprattutto per riflettere e dire grazie. Grazie per quello che capita quando prendi a cuore una persona. Prima ti si allarga il cuore e poi si allargano le nostre storie, che diventano più ricche di quanto non fossero prima” ha precisato il direttore della Caritas don Marco Calvo all’inaugurazione. Il sindaco di Casale Monferrato Federico Riboldi ha poi espresso la sua gratitudine a don Marco e a tutti i volontari della Caritas, che grazie alla loro attività sul territorio, aiutano il comune a dare un contributo ai più bisognosi non solo a livello di benessere economico ma anche psicologico.

La mensa è operativa tre giorni la settimana, martedì e giovedì a cena e domenica a pranzo. “Un servizio reso possibile grazie alla presenza di una cinquantina di volontari a cui si aggiungono gruppi parrocchiali e associazioni, fra cui il Rotary Club e il gruppo di San Salvatore che si metto-no a disposizione per il servizio dei pasti” conclude don Calvo.

Uniti nel dono / Beatrice Fazi: “Gratitudine infinita per chi mi ha cambiato la vita”

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“La prima volta che andai a confessarmi da don Fabio Rosini non poté assolvermi. Eppure, mi fece capire chiaramente che anch’io, nella condizione in cui ero allora, ero chiamata a diventare santa”. Da lì per Beatrice Fazi è iniziato un cammino che ha profondamente trasformato la sua esistenza e quella della sua famiglia. Su unitineldono.it la sua toccante testimonianza.

 

Monsignor Maffeis / Il pallio: un richiamo a vivere la comunione con il Papa

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L’Arcivescovo di Perugia – Città della Pieve, e delegato per il Sovvenire della Regione Umbria, Mons. Ivan Maffeis, è stato tra i metropoliti ai quali nella Basilica Vaticana, nella celebrazione della solennità dei santi Pietro e Paolo, è stato concesso il paramento liturgico simbolo dello speciale legame dei Vescovi, nell’esercizio della loro giurisdizione, con il Pontefice: “Un dono che accolgo come segno di Chiesa, con un respiro di riconoscenza e responsabilità”.

A Vatican News, nell’intervista a cura di Tiziana Campisi, Monsignor Maffeis sottolinea che il pallio è un richiamo alla comunione sia per i pastori che per le comunità dei fedeli. Tracciando, poi, un bilancio del suo primo anno nell’Arcidiocesi umbra, evidenzia l’impegno della Caritas nell’accoglienza degli extracomunitari e di fronte alle necessità dei più bisognosi e descrive le difficoltà che tante persone stanno affrontando a causa dei danni provocati dai terremoti del 2016 e 2017 e dall’ultimo sisma del marzo scorso.

Qual è la realtà sociale odierna della sua Arcidiocesi?

Io ho iniziato a girare l’Arcidiocesi mettendomi in ascolto dei sacerdoti, innanzitutto, e quindi delle comunità, degli animatori delle comunità. La realtà sociale, per certi versi, vive di rapporti stretti con le istituzioni. Ho trovato un po’ ovunque una grande disponibilità, una grande attenzione per il servizio della Chiesa e una buona disponibilità alla collaborazione. Nel concreto, questo si traduce in un impegno fattivo della nostra Caritas diocesana a lavorare sui temi dell’accoglienza, quindi del far posto, del far spazio a chi arriva da altri mondi in cerca di una speranza di vita, e una grande attenzione, anche, alle tante povertà, materiali e non solo, che sono presenti sul territorio. Trovo un po’ ovunque dei centri d’ascolto, le parrocchie sono vive. I centri di ascolto vivono in stretto rapporto con gli empori della Caritas, con i servizi della Caritas e quindi con una Chiesa che cerca, per quanto possibile, di essere all’altezza delle tante domande che attraversano la società, con un’alleanza sempre più forte, nel rispetto dei ruoli, con le istituzioni civili.

Quali sono i bisogni più urgenti della Chiesa di Perugia – Città della Pieve?

Dopo avere accennato alla carità, credo che il bisogno più urgente sia quello di uomini di Dio. Uomini di Dio nei preti, innanzitutto, quindi testimoni che aiutino non solo a riconoscere il Signore, ma anche ad accoglierlo, a seguirlo. Uomini di Dio nel laicato, nella vita religiosa. Per certi versi i segni di crisi, della secolarizzazione, che attraversano la società sono anche i segni di crisi della secolarizzazione che attraversano le nostre comunità, la nostra Chiesa. Credo che oggi – nella misura in cui riusciamo a custodire il tesoro di una tradizione e al contempo a cercare che non sia semplicemente qualche cosa di ieri, ma che cerca di interpretare questo tempo e a vivere con semplicità, con disponibilità, il Vangelo – ci siano tante opportunità di incontro con un mondo che per certi versi è lontano e per altri non aspetta che trovare una proposta e una testimonianza di fede e di speranza.

L’Umbria soffre ancora le ferite provocate dalle scosse sismiche del 2016 e 2017. In che modo la Chiesa è al fianco della gente?

Noi abbiamo avuto qui, in arcidiocesi, un terremoto, lo scorso 9 marzo, molto limitato, che non ha fatto vittime e che quindi è scomparso subito dai media, ma in alcune comunità ci sono persone prive della propria casa, della propria abitazione, del proprio negozio, delle proprie aziende e anche delle chiese. Ci sono alcune comunità che hanno le chiese chiuse ormai da mesi e con i sacerdoti noi cerchiamo di renderci presenti per accompagnare anche questa stagione non facile. Alcune famiglie sono ospitate dall’Arcidiocesi e per gli altri si cerca, per quanto possibile, di essere un segno di prossimità sul territorio, andando a visitare, andando a celebrare e andando ad organizzare strutture per lo più all’aperto o comunque provvisorie, in attesa di poter metter mano a una riapertura anche delle chiese, che sarà un processo molto lungo. Allora, da una parte stiamo cercando di chiedere un contributo, almeno minimo, alla Conferenza episcopale italiana per riaprire una o due chiese. La chiesa in un paese rappresenta sicuramente il luogo del culto, ma rappresenta anche un luogo di comunità, in cui ritrovarsi, in cui vivere una dimensione più ampia. È un cammino che stiamo cercando di fare anche con le istituzioni, perché, se da una parte è urgente riaprire, simbolicamente, almeno qualche chiesa, dall’altra è altrettanto importante, se non prioritario, che le persone siano messe nelle condizioni di poter metter mano alle proprie abitazioni o all’azienda che magari è stata danneggiata con gravi ripercussioni sul mondo del lavoro.

Qui l’intervista completa.

Massa Carrara-Pontremoli / L’8xmille ai Beni Culturali: non solo bellezza ma anche lavoro

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Oltre a quella assegnata agli edifici di culto e al vasto patrimonio costituito da case canoniche, case per i collaboratori, sale e saloni per accogliere le confraternite, i bambini del catechismo, la parte di 8xmille destinata ai beni culturali, è riservata anche al mantenimento delle attività del Museo, dell’Archivio storico e della Biblioteca diocesani.

“Ciò che per ognuno è poco e poco impegnativo, in quanto consiste in una semplice firma, messo insieme diventa molto – dice don Emanuele Borserini, responsabile per i Beni Culturali della diocesi di Massa Carrara-Pontremoli (qui la fonte) – lo ricordava anche il Vescovo Santucci quando in occasione del terremoto del 2013 ideò ‘Le pietre sacre onlus’, un altro dispositivo – peraltro ancora attivo – per condividere la responsabilità e l’appartenenza del patrimonio culturale il cui motto era giustappunto: ‘il poco di tanti diventa molto’.

A volte, inoltre, i canali di finanziamento dello Stato e della Chiesa si intrecciano: è il caso della sinergia che l’Ufficio diocesano per i beni culturali e l’edilizia di culto sta curando a partire dall’anno scorso integrando i fondi europei del PNRR destinati ai fabbricati rurali, quelli dell’8xmille e le raccolte attraverso piattaforme on line nelle singole parrocchie”.
“In questo modo – spiega ancora – sarà possibile restaurare ben dieci oratori disseminati da Pontremoli a Fosdinovo e in grave pericolo”.

Nel frattempo, proseguono sia gli altri interventi di restauro di edifici sia alcuni progetti di nuove costruzioni come il campanile per la chiesa della SS.ma Annunziata di Bassagrande che ne era ancora sprovvista oppure l’acquisto di un fabbricato già esistente sulla piazza della chiesa parrocchiale di Santa Maria della Rosa a Montignoso dove verrà realizzato il centro Caritas per tutta l’unità pastorale.

“Per avere un’idea di cosa si tratti – precisa don Emanuele – possiamo dire che solo negli ultimi tre anni sono stati realizzati interventi per un totale che supera i due milioni di euro, di cui circa 1,6 finanziati dall’8xmille”.

“Dobbiamo anche pensare – conclude – che tutti questi interventi non vanno a riqualificare semplicemente il patrimonio esistente ma significano anche lavoro per i tecnici e le imprese coinvolte che sono ovviamente locali, entrando così nella vita di tutti i giorni. Questa visione ci aiuta anche a comprendere che il patrimonio culturale, materiale ma anche quello immateriale, non consiste in un cumulo di oggetti o nozioni ma è vita, anche nei suoi aspetti più concreti e non ultimi quelli economici. E questo, lungi da uno snobistico scandalo che vorrebbe vedere la cultura illusoriamente pura e lontana dallo sporco vivere, ci dice come nell’uomo e nella società tutto è connesso, tutto concorre al bene e tutto, in definitiva, è dono dell’amore di Dio che risplende nelle opere dell’uomo”.

(L’articolo è stato pubblicato su ilcorriereapuano.it)

Fidei donum / Dal Vesuvio al Tacanà: l’uomo di Dio che asciuga le lacrime

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Testimone di una sofferenza difficile perfino da raccontare, don Angelo Esposito, 50enne fidei donum dell’arcidiocesi di Napoli nel lontano Guatemala, ha condiviso con noi alcuni struggenti racconti di quel che ha vissuto (e sta vivendo) in questi anni di missione. Situazioni che si possono leggere con occhi di speranza solo alla luce della fede.

Nato a San Sebastiano al Vesuvio nel 1973, don Esposito è stato inviato dalla diocesi di Napoli a quella di San Marcos, prima a Tajumulco dal 2009 al 2011 e poi a Tacanà, una cittadina vicina al confine col Messico, dove è impegnato nella pastorale della prima infanzia.

Il Guatemala è un Paese piuttosto piccolo, con una superficie pari a circa un terzo di quella dell’Italia, con 16 milioni di abitanti e ben 37 vulcani sul suo territorio. «Mi sono sentito chiamato alla missione ancora prima di entrare in Seminario – spiega don Angelo, con l’accento partenopeo mescolato a parole di spagnolo -. In pratica ero missionario già a Napoli». Poi nel 2009 è iniziata la missione in Guatemala, in un’area rurale lontana dalla capitale Città del Guatemala, nel contesto della cultura indigena dei Mam, discendenti del popolo Maya.

La parrocchia di don Angelo a Tacanà si estende su un territorio di 300 chilometri quadrati con 135mila abitanti, e per raggiungere alcune comunità ci vogliono due ore di macchina. Gli abitanti sono all’80% cattolici e «la povertà è la piaga di tante famiglie che vivono con meno di tre euro al giorno – spiega -. In questa regione si tocca con mano l’abissale differenza tra i pochi ricchi del Guatemala (che dispongono di 500 euro al giorno) e l’80% della popolazione che riesce a sopravvivere con pochi centesimi. L’80% delle terre fertili del Guatemala è in mano ai latifondisti, solo il 20% è della popolazione. Quando sono arrivato sono rimasto colpito dalla miseria in cui vivono tanti bambini, i più indifesi e semplici».

Per tanti bambini arrivare a 10 anni è già un traguardo, come racconta il missionario: «Tante mamme che venivano a bussarmi alla porta portavano in braccio un fagotto di stracci: “Padre me lo benedica, prima che io lo seppellisca”. Dentro gli stracci il piccolo cadavere. Davanti a questo immenso dolore mi sono chiesto: cosa deve fare un missionario? Certo, pregare, ma anche mettere in pratica la Parola di Dio.

Ho compreso l’importanza dell’ascolto dei poveri: sono loro che ti fanno capire che Gesù si incarna in loro e attraverso loro ci interpella, ci fanno capire qual è il lavoro da fare. È nata così la onlus Hermana Tierra, con cui cerchiamo di dare riposte concrete attraverso tre linee di intervento: salute (soprattutto per i bambini malnutriti), progetti per risorse sostenibili, educazione e istruzione». Nel 2012 un ambulatorio abbandonato è stato rimesso in funzione, prima con tre volontari insieme a padre Angelo, e poi è cresciuto fino a diventare l’ospedale Los Angelitos dove oggi, grazie al lavoro di 53 persone – volontari, psicologi, infermieri e medici –, vengono curati 12mila bambini l’anno. «Sono stato un contenitore di lacrime e disperazione, ma essere vicino a questa gente mi ha permesso di vincere ogni stanchezza.

Scoprite di più su unitineldono.it.

Lanciano-Ortona / L’arte e la cultura per conoscere il territorio e le proprie radici

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Una rete di relazioni tra le varie istituzioni culturali ecclesiali e quelle civili, promuovendo l’accesso ai beni culturali locali soprattutto per i più giovani e abbattendo le barriere architettoniche che escludono chi è diversamente abile. L’arcidiocesi di Lanciano-Ortona è un cantiere aperto, brulicante di iniziative di vario genere, come ci racconta don Domenico Di Salvatore.

Una bella testimonianza pubblicata su unitineldono.it che racconta come la presenza di un gran numero di pellegrini ha mobilitato da tempo l’arcidiocesi di Lanciano-Ortona a compiere notevoli sforzi per garantire l’apertura degli edifici religiosi oltre ogni esigenza liturgica. E soprattutto a mantenere vivo il rapporto tra Chiesa e arte, rendendo fruibile il patrimonio storico, architettonico e librario.

Scopri di più qui.

Milano / Alla Barona don Gian Piero aiuta persone in difficoltà a ricostruire la speranza

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Seconda tappa de “La casa sulla roccia“, la docuserie di Tv2000 che racconta storie di comunità parrocchiali.

Siamo nella periferia sud occidentale di Milano, nel popoloso quartiere della Barona, circa 85 mila abitanti. Qui la Comunità pastorale San Giovanni XXIII raggruppa tre differenti parrocchie: Santa Bernadetta, San Giovanni Bono e Santi Nazareno e Celso. Un contesto segnato dalla presenza di aree residenziali e da zone problematiche e degradate, con una popolazione variegata e caratterizzata da bisogni ed esigenze differenti.

Ad ascoltare le loro storie pensa don Gian Piero Guidetti, psicoterapeuta originario della parrocchia di San Luigi Gonzaga, già cappellano dell’Università Bocconi, parroco e promotore della comunità educativa “La Scala”, perché, sottolinea, «bisogna sempre partire dalle persone». Una realtà che vive di una collaborazione diffusa con i confratelli don Matteo e don Massimo e tanti altri volontari. Le loro vite sono illustrate su Tv2000 nella docuserie «La casa sulla roccia», che racconta storie di comunità parrocchiali, con testimonianze di laici e sacerdoti, di giovani e anziani sul senso di essere Chiesa, intesa come una casa che accoglie tutti, che difende e cura chiunque bussi alla sua porta, rivelando un mistero profondo: l’amore per il prossimo.

Per sostenere anche don Gian Piero vai su unitineldono.it.

Caritas italiana / Bilancio sociale e primo Report statistico sulle povertà

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Si è svolta martedì 27 giugno presso la sede di Caritas Italiana, la presentazione congiunta del Bilancio Sociale 2022 e del primo Report statistico nazionale sulle povertà dal titolo “La povertà in Italia secondo i dati della rete Caritas”, che ha tenuto conto di tre tematiche principali che definiscono ambiti progettuali, di azione e di cura Caritas, a partire dalle tre vie della carità enunciate da papa Francesco per il 50° di Caritas Italiana: “Partire dagli ultimi, custodire lo stile del Vangelo, sviluppare la creatività”.

Ricordiamo che la Caritas Italiana, come organismo pastorale della Conferenza Episcopale Italiana, gestisce operativamente parte dei fondi 8xmille destinati dalla CEI alla carità a livello nazionale, compresi quelli per le emergenze.

Se il Bilancio Sociale vuole essere una finestra a favore di stakeholders, benefattori e di ogni lettore che Caritas Italiana apre sulla sua struttura organizzativa, sugli orizzonti di impegno e sulle attività svolte durante l’anno, il Report Statistico Povertà accende i riflettori sulla povertà e i suoi aspetti multidimensionali, a partire dai dati raccolti nei Centri di ascolto e nei servizi offerti dalle Caritas diocesane. La sua novità risiede, oltre che nei contenuti riportati, anche nella tempestività dell’elaborazione dei dati raccolti: divulgato a soli sei mesi di distanza dalla fine del 2022, il Report offre uno spaccato veridico sulle povertà contemporanee che affliggono il nostro Paese.

L’analisi che ne emerge fornisce quasi in tempo reale la situazione delle 255.957 persone che nel corso del 2022 si sono rivolte ai Centri d’ascolto diocesani e parrocchiali in rete con la raccolta dati. Emerge un aumento del 12,5% delle persone ascoltate rispetto all’anno prima, anche per effetto, ma non solo, dell’accompagnamento dei profughi in fuga dalla guerra in Ucraina.

Un altro aspetto sottolineato è la multidimensionalità della povertà, ossia il fatto che chi si rivolge ai servizi Caritas vive una situazione di povertà a causa di più motivi concomitanti e manifestando due o più ambiti di bisogno. In questo senso prevalgono, come di consueto le difficoltà legate a uno stato di fragilità economica, i bisogni occupazionali e abitativi; seguono i problemi familiari (separazioni, divorzi, conflittualità di coppia), le difficoltà legate allo stato di salute (disagio mentale, problemi oncologici, odontoiatrici) o ai processi migratori. I dati dicono anche di una “cronicizzazione della povertà”, riportandoci ad una situazione pre-pandemia.

Sempre all’interno del Report è riportato l’esito di una articolata analisi statistica multivariata – la prima nel suo genere realizzata su dati di fonte Caritas – che ha consentito di estrapolare cinque profili o cluster di beneficiari (i vulnerabili soli, le famiglie poveri, i giovani stranieri in transito, i genitori fragili e i poveri soli), andando oltre la semplice analisi descrittiva delle tante variabili a disposizione nella banca dati Caritas (complessivamente oltre 300).

Cagliari / L’8xmille per disabili e uomini in difficoltà

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Su il Portico (Cagliari) un nuovo appuntamento “8xmille” firmato da Maria Chiara Cugusi che ci racconta delle case della Comunità Papa Giovanni XXIII a Cagliari, situate in una struttura messa a disposizione dalle suore di San Francesco d’Assisi, dove gli ospiti vivono come in famiglia.

La prima, «Madonna della Tenerezza», è una realtà di accoglienza a conduzione familiare, dove i responsabili, Roberto Vargiu e sua moglie Barbara Aresu, insieme ai loro tre figli naturali, ora tutti maggiorenni, da 27 anni accolgono bambini orfani, fragili o con grave disabilità.

«Pensiamo – spiegano – che tutti abbiano bisogno di sentire che c’è qualcuno disposto a dedicarsi a loro, a tempo pieno».

I progetti, portati avanti grazie ai fondi 8xmille (10.000 euro ricevuti dalla Diocesi nel 2022 per tutti gli interventi della Comunità) «variano a seconda della condizione e della possibilità di un eventuale rientro nella famiglia di origine. I minori con disabilità grave possono restare con noi in modo definitivo».

R., 10 anni, è arrivata circa un anno fa da Kabul, dopo che, con la presa del potere da parte dei talebani, la struttura in cui era accolta è stata chiusa e le suore che la gestivano hanno dovuto lasciare il Paese, portando con sé le piccole ospiti.

Qui ha trovato una nuova famiglia, e a settembre inizierà la seconda elementare. Anche se non vede, non cammina e non parla, attraverso lo sguardo ringrazia per l’amore ricevuto.

«Abbiamo imparato a riconoscere il loro linguaggio – spiegano Roberto e Barbara – attraverso i loro occhi. La nostra è una scelta di fede: quella di entrare a far parte di un progetto di Dio, sviluppando il nostro essere cristiani nella veste di genitori allargati».

R. è stata accolta 16 anni e mezzo fa, con una grave disabilità; prima di allora viveva con sua madre, nigeriana, vittima di tratta.

Da poco 18enne, ha terminato la scuola e ora si pensa per lei a qualche altra attività.

G., 10 anni, anche lei con una disabilità grave, è arrivata dalla Puglia 4 anni fa, grazie alla rete tra le varie strutture della Comunità.

A., 14 anni, è stato accolto quando aveva appena sei mesi con la formula dell’adozione speciale, che gli permette di mantenere i rapporti con i genitori naturali.

Nella stessa struttura vengono ospitate anche alcune ragazze vittime di tratta intercettate grazie al servizio anti-tratta.

«Una volta a settimana – spiega la referente Aresu – usciamo con l’Unità di strada insieme ai giovani volontari; chiediamo alle ragazze di pregare con noi e proponiamo loro un’alternativa alla strada: se lo vogliono, possono venire da subito a casa nostra per poi essere spostate altrove, per garantire loro la massima tutela».

E poi c’è la Casa di accoglienza San Giuseppe, dove trovano ospitalità persone adulte con disagio sociale, disabilità, o dipendenze. «Essa – spiega Vargiu – è nata per rispondere alla necessità di strutture che accolgano uomini adulti in difficoltà. Facciamo in modo che svolgano anche qualche attività occupazionale, e favoriamo la loro partecipazione ad attività sociali esterne».

Bergamo / A Borgo Santa Caterina, l’Oratorio rimesso a nuovo con l’8xmille

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Ne da’ notizia il settimanale della diocesi di Bergamo santalessandro.org che racconta come la storia dell’Oratorio di Borgo Santa Caterina, situato nella città di Bergamo, ebbe inizio nella metà degli anni ’50, quando venne posata la prima pietra. Dall’inaugurazione avvenuta nel 1957, questa struttura divenne un punto di riferimento essenziale per la comunità cattolica del quartiere e per tutti i residenti della zona.

Dopo oltre sessant’anni di servizio, i suoi spazi si sono rivelati insufficienti e necessitavano di una profonda ristrutturazione, che finalmente è stata realizzata a partire dal 2020.

Grazie alle risorse dell’8xmille, la ristrutturazione dell’Oratorio di Borgo Santa Caterina è diventata una realtà. Con un valore complessivo di 400mila euro, di cui 160mila euro provenienti appunto dall’8xmille, i lavori hanno restituito la struttura ai ragazzi e agli adulti che la frequentavano.

Una ristrutturazione a servizio del bene comune.

Monsignor Pasquale Pezzoli, parroco di Santa Caterina, sottolinea l’importanza dell’Oratorio per la comunità del quartiere, affermando che dopo l’interruzione causata dai lavori e dal periodo del Covid, l’Oratorio ha ripreso il suo percorso e ha ricominciato ad essere frequentato come prima.

Non solo i giovani sono coinvolti, ma anche molti adulti mostrano interesse a offrirsi come volontari nei vari servizi offerti, che spaziano in ambiti diversi, dall’accoglienza, allo sport, dalla cultura e al catechismo.
L’Oratorio di Borgo Santa Caterina è davvero nel cuore delle persone, come afferma monsignor Pezzoli. Molti hanno compreso l’importanza di questa ristrutturazione e si sono dedicati con attenzione e interesse al progetto. La testimonianza di questa partecipazione evidenzia come l’8xmille sia un mezzo fondamentale per sostenere e realizzare opere di formazione e carità.