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Giornate di formazione e spiritualità / Comunione, solidarietà e speranza nella Chiesa e nella società. Intervista a padre Franco Annichiarico sj

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Dal 20 al 23 febbraio 85 incaricati e collaboratori diocesani del Sovvenire, provenienti da diverse regioni d’Italia, hanno preso parte, insieme a Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica e ai membri dell’Ufficio nazionale (qui una sua dichiarazione al Sir), Letizia Franchellucci e don Enrico Garbuio, alla prima edizione delle Giornate nazionali di formazione e spiritualità promosse dal Servizio Promozione della CEI.

L’incontro, ospitato nel monastero San Giuseppe di Assisi, ha avuto come filo conduttore il tema “Collaboratori della vostra gioia” (2Cor 1,24). Comunione e condivisione nel Nuovo Testamento per ripensare l’oggi. La guida spirituale è stata curata dal gesuita padre Franco Annicchiarico intervistato da Simone Incicco, incaricato e direttore del settimanale diocesano di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto, L’Ancora.

Padre Franco, come è nata la sua vocazione?
La mia vocazione è nata in modo semplice, attraverso l’esperienza in parrocchia e poi nel Centro giovanile dei Gesuiti a Grottaglie, mio paese d’origine, in provincia di Taranto. Incontrando i Gesuiti, ho sentito un’attrazione profonda per il loro stile di vita, per la loro testimonianza. In particolare, mi ha colpito la loro capacità di annunciare la Parola e di ascoltare le persone. La predicazione e l’accompagnamento spirituale sono due pilastri della vita gesuita, soprattutto attraverso gli esercizi spirituali. In questo ho trovato una sintonia con ciò che sentivo dentro di me.

Nel suo libro autobiografico Spera, papa Francesco sottolinea il valore della vita comunitaria dei Gesuiti. Come possiamo trasformare la solitudine, la solitarietà, che affligge a volte le comunità, in solidarietà?
La vita religiosa ha una dimensione comunitaria che, purtroppo, a volte può venire meno anche tra i Gesuiti. Credo che la sfida sia riscoprire che la vita cristiana, in tutte le sue forme – laicale, presbiterale o religiosa – è sempre una vita in fraternità. Anche un eremita cristiano, pur nella solitudine, prega per il mondo e si sente parte della comunità. Seguire Cristo significa essere in relazione, ricevere in dono fratelli e sorelle con cui camminare. Questo ci aiuta a superare l’individualismo e a vivere nella condivisione. I beni – materiali e spirituali – non sono mai solo per noi stessi, ma devono diventare dono per gli altri. Lo vediamo anche negli Atti degli Apostoli: “Nessuno tra loro era bisognoso” (At 4,34). Questo è il cuore della solidarietà cristiana.

Durante le giornate ad Assisi ha parlato dell’“arte di vivere”. Come possiamo impararla?
Innanzitutto, riscoprendo la bellezza della vita umana e cristiana. L’arte di vivere nasce da uno sguardo capace di cogliere la bellezza nel quotidiano, come faceva Gesù. Egli si meravigliava dei gigli del campo, osservava sua madre impastare il pane e trasformava queste immagini in parabole sul Regno dei Cieli. Imparare quest’arte significa vivere con consapevolezza e gratitudine, guardando le cose con gli occhi di Dio. È necessario uscire dalla frenesia quotidiana, ritagliarsi uno spazio per il silenzio e il riposo. Il comandamento del sabato ci ricorda l’importanza di fermarsi per ritrovare noi stessi e la nostra relazione con Dio.

Come essere portatori di speranza in un mondo che ne sembra privo?
La speranza cristiana è reale, fondata su Cristo e le sue promesse. Abramo sperò contro ogni speranza perché si affidò a Dio. Anche noi oggi viviamo tempi difficili, dove tutto sembra alimentare la paura e lo scoraggiamento. Eppure, la nostra speranza è Cristo, il Risorto, colui che ha vinto la morte. Ricordo una frase del patriarca Pizzaballa: “Guardando la realtà, non vedo speranza. Ma la mia speranza è Cristo”. Questa è la nostra certezza. Non possiamo farci illusioni sulle situazioni del mondo, ma possiamo continuare a sperare perché sappiamo in chi abbiamo riposto la nostra fiducia.

Uno degli aspetti del Giubileo della Speranza è la restituzione: beni, debiti, giustizia. Come possiamo tornare ad annunciarla con forza?
Testimoniandola. Se vogliamo che il mondo ascolti il nostro messaggio, dobbiamo viverlo prima di tutto nelle nostre comunità. Se la Chiesa e i cristiani praticano una reale condivisione dei beni, allora diventano credibili nel chiedere ai governanti di fare altrettanto. Ci sono già realtà che incarnano questo spirito: comunità di famiglie che scelgono di condividere i beni, come Villa Pizzone a Milano, la comunità di Balicanti a Canelli o la comunità Maranatà a Bologna. In questi contesti, anche gli stipendi vengono messi in comune e ogni famiglia attinge in base alle necessità. Non è un modello per tutti, ma un segno che vivere diversamente è possibile.

Papa Francesco ha definito il denaro “lo sterco del diavolo”, riprendendo un’espressione della tradizione cristiana. Nel Vangelo, però, i beni materiali sono visti anche come dono di Dio, da amministrare con responsabilità. Come possono gli incaricati e i collaboratori diocesani del Sovvenire promuovere un uso evangelico delle risorse economiche, a sostegno della missione della Chiesa?
Nella Bibbia, i beni sono un dono di Dio, destinati alla vita dell’uomo. Diventano “sterco del diavolo” quando separano invece di unire, quando alimentano l’egoismo anziché la comunione. Il problema non è il denaro in sé, ma l’uso che ne facciamo: se lo trasformiamo in uno strumento di divisione, se lo mettiamo al centro anziché al servizio del bene comune. Ecco perché il servizio del Sovvenire è fondamentale: non è solo una questione amministrativa, ma una chiamata evangelica. Ricorda a ogni cristiano che la gestione dei beni e del denaro è parte integrante della sua fede. E questo può disturbare, perché tocca un aspetto molto concreto della vita. Gli incaricati e i collaboratori diocesani hanno quindi un ruolo chiave: devono aiutare le comunità parrocchiali a riscoprire il valore della condivisione e della responsabilità, educando a un’economia della fraternità. Non si tratta semplicemente di promuovere una firma o un’offerta, ma di favorire una conversione del cuore.

Un esercizio spirituale che tutti dovremmo fare è chiederci: “Signore, come vuoi che io utilizzi i beni che mi hai donato?” Anche nella morte possiamo testimoniare il Vangelo, destinando ciò che abbiamo non solo ai familiari, ma anche a chi è nel bisogno. Perché ciò che possediamo non ci appartiene veramente: è un dono da restituire, con gratitudine e giustizia.

La Chiesa è spesso vista solo attraverso gli scandali, mentre si racconta poco della “foresta che cresce” nel silenzio. Come uscire da questa dinamica?
Dobbiamo raccontare storie di vite trasformate dal Vangelo, testimoni credibili che mostrino la bellezza dell’umano realizzato in Dio. Non basta fare opere di carità: dobbiamo saper narrare il senso profondo di ciò che facciamo. Il rischio è altrimenti che la Chiesa venga percepita solo come un dispensatore di servizi, quando invece è molto di più: è una famiglia che genera vita.

Un ultimo pensiero?
Sono profondamente grato per questi giorni trascorsi insieme agli incaricati e collaboratori diocesani del Sovvenire. Ho visto persone vive, che servono la Chiesa con passione e si lasciano toccare dalla Parola di Dio. Questa esperienza ci ha ricordato che prima di ogni organizzazione e strategia, c’è il bisogno di mettersi in ascolto di Dio. Solo così possiamo essere autentici testimoni di speranza.

La formazione degli incaricati e dei collaboratori diocesani si è conclusa domenica 23 febbraio con la Messa delle 11.30 nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, presieduta dall’Arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Ivan Maffeis.

Prossimi appuntamenti
Le prossime Giornate nazionali di formazione e spiritualità si terranno dal 17 al 20 marzo nel Centro di spiritualità Maria Candida di Armeno (Novara) e dal 24 al 27 aprile nell’Oasi Santi Martiri Idruntini di Santa Cesarea Terme (Otranto).

conCoralloTV presenta Si Vede e Si Sente/ Il documentario e il podcast raccontano le comunità cattoliche

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Sono debuttati ufficialmente mercoledì 19 febbraio 2025  il documentario Si Vede e il podcast radiofonico Si Sente realizzati da Telebelluno per il circuito televisivo conCoralloTV e quello radio di Corallo con l’obiettivo di raccontare la realtà della vita e del lavoro nelle varie comunità cattoliche dislocate in ogni angolo del nostro territorio e realizzate (perseguendo quella coralità tanto cara alle stesse comunità) con l’aiuto di numerose emittenti locali che fanno dello stesso circuito: il debutto di Si Vede e Si Sente precede una vasta programmazione utile a raggiungere quante più persone possibili con i due – diversi, ma simili tra loro – programmi.

Le primissime puntate sono partite dall’approfondire la realtà ecclesiastica del bellunese nata con l’obiettivo di evitare lo spopolamento della Val di Zoldo, ma anche quell’ostificio di modenese di Castelfranco Emilia che aiuta il reinserimento lavorativo dei detenuti; così come si parlerà poi anche della realtà della cooperativa iCare nata in quel di Cerreto Sannita per aiutare le persone portatrici di disabilità e di tante – tantissime – altre comunità cattoliche quotidianamente al fianco dei meno fortunati.

Il documentario e il podcast di conCoralloTV sono sempre anticipati dalla “Sinfonia del Mondo Nuovo” realizzata da Antonin Dvorak che con la sua musica ha saputo perfettamente coniugare il suo inconfondibile stile con la sperimentazione musicale: per quanto riguarda Si Sente l’obiettivo è quello di raccontare in cinquanta episodi da 5 minuti l’uno le storie simili a quelle che abbiamo anticipato poche righe fa, facendosi guidare dalla voce narrante alla scoperta di realtà spesso dimenticate o – addirittura – ignorate.

Similmente, Si Vede metterà in scena quelle stesse storie in altrettanti episodi da 20 minuti l’uno, portandoci dentro alle comunità cattoliche italiane per conoscerne in primissima persona i protagonisti e toccare con mano le loro opere caritatevoli: partendo da un oggetto di scena testimone di quelle realtà, con uno stampo documentaristico potremo conoscere le opere, le persone e il quotidiano impegno comunitario nei confronti di chi – per una ragione o un’altra – soffre e si trova in difficoltà, in un lungo viaggio che si poterà dalle remote comunità montane fino alle periferie delle grandi città.

(Fonte ilsussidiario.net)

Uniti nel Dono / A Ferrara, in parrocchia c’è una luce che fende il buio

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Lungo l’asse nord-sud, proprio al centro della chiesa, allineata all’altare e alla croce, è collocata sul pavimento una meridiana. Una linea di piastrelle attraversate, a metà giornata, dalla luce del sole che entra dallo gnomone, un foro che sta esattamente sopra l’altare. “Abbiamo voluto questa meridiana – spiega don Michele – per ricordare che la bellezza del volto di Dio entra nella nostra storia. In questo quartiere ci sono 7000 residenti e, tra loro, più di 1100 persone vivono da sole: per lo più anziani, vedovi e vedove che aspettano qualcuno che porti loro la luce di una presenza semplice, di umanità. Il Signore illumina tutti quei genitori che vogliono bene ai bimbi, quelle persone che assistono gli anziani in un modo eroico. Tutte le forme di associazioni, volontariato, solidarietà, sono frutto di una illuminazione dello Spirito. Se uno ha questa attenzione, lo stupore è quotidiano e infinito”.

Cinquantotto anni, quasi trenta vissuti da sacerdote, don Michele Zecchin è stato scelto come presidente della nuova unità pastorale del Corpus Domini e di S. Agostino, eretta un anno fa dall’Arcivescovo di Ferrara-Comacchio, mons. Perego, per dare nuovo impulso alle parrocchie situate nella prima periferia a sud-ovest di Ferrara e perseguire in modo sinodale una nuova evangelizzazione. “Credo che la cosa più importante – aggiunge don Michele – sia l’onore di comunicare Gesù Cristo, essere un aiuto per le persone a cogliere la luce che è Gesù per la loro maturità umana. Io ho scoperto nella mia vita che il messaggio del Vangelo era l’annuncio della possibilità di una umanità bella, matura, equilibrata: quella che ha vissuto Lui”.

Una umanità che, in questa unità pastorale, abbraccia veramente tutte le fasce d’età. Chiara, ad esempio, coi suoi 16 anni, è il membro più giovane del consiglio pastorale. “Insieme al parroco – racconta – prendiamo decisioni che riguardano la vita di tutta la parrocchia. La parrocchia per me è il mio posto sicuro. Dobbiamo cambiare la visione del prossimo: se tutti iniziassimo a guardare l’altro prima di noi stessi, il mondo sarebbe un posto migliore per tutti. Don Michele ha segnato molto la mia crescita, mettendo in me dei valori e delle idee che non mi sarebbero potuti arrivare da nessun altro”.

Anche Arianna, 19 anni, fa la volontaria della Caritas parrocchiale. “Quando siamo arrivati io e un altro ragazzo della mia età – ci dice – i volontari della Caritas ci hanno fatto una gran festa perché non c’erano altre persone sotto i cinquant’anni ed è stato bello essere accolti così. Qui non importa quanti anni hai: importa se hai voglia, tempo e cuore per renderti disponibile per una cosa così bella”.

“Don Michele – aggiunge poi pensando al parroco – è prima di tutto un amico ed è sempre disponibile, sempre sul pezzo, non solo per me ma per tutte le persone che sono qui: questa è la cosa che più mi sconvolge, questa sua cura e questo affetto per ciascuno. Ma anche in tante altre persone che sono qui ho trovato delle guide, delle persone da seguire: ho imparato a prendere in ognuno di quelli che incontriamo delle cose belle, preziose.”

E di testimonianza parla anche Nicola, uno dei responsabili dell’Azione Cattolica: “La parrocchia mi ha salvato, mi ha dato l’opportunità di capire che avevo dei talenti e di metterli in gioco. La testimonianza va sempre legata a un discepolato e i pastori che si sono susseguiti in questa comunità ce lo hanno insegnato, consolidando allo stesso tempo uno stile di apertura e accoglienza, per il quale siamo loro grati”.

Tra le catechiste, Valentina ci regala l’immagine più suggestiva: “La nostra parrocchia è un punto di riferimento per il nostro quartiere, un abbraccio che ci aspetta sempre, ogni volta che ci incontriamo. È un punto d’incontro tra realtà anche molto diverse e don Michele è la personificazione del pastore: conosce tutti per nome, ha sempre un sorriso per tutti, ha disponibilità e un cuore grande e per noi ha una guida importante per condividere anche le nostre passioni. Ci sa ascoltare”.

Ma chi ti lascia veramente a bocca aperta è Ada, una volontaria cui daresti settant’anni e che invece ne ha venti di più: “La parrocchia è una seconda casa per me, sono felice di aiutare la comunità e i sacerdoti perché c’è sempre bisogno del nostro aiuto: nella preghiera, nel lavoro della pulizia della chiesa, tantissime cose… Anche fisicamente questa esperienza mi ha fatto bene: sono trent’anni che sono in pensione e ancora sono qui che aiuto. Per me è proprio un dono del Signore”.

“Attraverso l’amicizia – aggiunge Matilde, altra volontaria – e grazie alla reciproca conoscenza, le barriere cadono. Ti rendi conto che i tuoi sentimenti sono simili a quelli dell’altra persona e confrontarti con altre religioni ti fa conoscere meglio la tua, conoscere meglio te stesso”.

Le fa eco Alberto, educatore dell’Associazione Arcobaleno ma anche presidente diocesano dell’Azione Cattolica: “Questo è un quartiere estremamente dinamico per cui abbiamo avuto molta immigrazione italiana, interna, e adesso abbiamo molta immigrazione straniera. La parrocchia non sono solo le quattro mura della chiesa e della canonica: la parrocchia è il territorio e quindi bisogna farsi carico di tutte le realtà che sono sul territorio. A noi si rivolgono anche molte famiglie straniere, anche se di fedi diverse, perché siamo l’unico centro che le ascolta: c’è da pagare una bolletta, non sanno in quale ufficio bisogna fare un certo documento… spesso su questo territorio siamo l’unica agenzia che si occupa della gente”.

In parrocchia, infatti, incontriamo anche Hassan, un libanese musulmano che fa il volontario qui, senza paura. “Vengo dal Libano – ci racconta – un paese in cui religioni diverse convivono, e il parroco mi ha invitato a portare questa testimonianza. Trovare le persone con il dialogo, parlare di religione, cultura, di un modello sociale, ci ha permesso di avvicinare le famiglie del quartiere.

La violenza non ha nulla a che fare con la religione: né quella musulmana, né quella ebraica, né quella cristiana.

Sono tre religioni di pace e questo mi ha unito immediatamente con don Michele. Con lui è possibile parlare di tutto, di qualsiasi problema, sapendo che è una persona che ti ascolta a braccia aperte: è una persona di riferimento per tutto il quartiere e anche per le altre religioni, famiglie cristiane o musulmane. Per noi è stata una gran soddisfazione vedere le persone incontrarsi in pace, senza anteporre le differenze alla stessa umanità”.

(unitineldono.it – Testo, immagini e video di Giovanni Panozzo)

Calabria / Un convegno su Un Prete libero per una Chiesa povera per seminaristi e giovani sacerdoti

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Un Prete libero per una Chiesa povera sarà il tema di un incontro di formazione per seminaristi e giovani sacerdoti della Calabria che si svolgerà il 7 e 8 marzo presso il Seminario Regionale San Pio X di Catanzaro su iniziativa della Commissione Sovvenire della Conferenza Episcopale Calabra ed ha l’obiettivo di approfondire il tema del sostegno economico della Chiesa e della gestione delle risorse al servizio del Vangelo.

L’iniziativa nasce dall’esigenza – si legge in una nota – di formare i futuri presbiteri alla consapevolezza delle responsabilità derivanti dagli aspetti economici ed amministrativi del loro futuro ministero sacerdotale, tenendo presente anche il valore della corresponsabilità dei fedeli.

Come evidenziato da Mons. Stefano Rega, Vescovo di San Marco Argentano-Scalea e delegato del Sovvenire, nella lettera di invito, questo incontro rappresenta “un’opportunità unica per i nostri giovani sacerdoti e seminaristi affinché possano comprendere come la Chiesa sia chiamata a sostenersi in maniera trasparente e condivisa, senza mai distogliere lo sguardo dalla sua missione evangelizzatrice”. Il presule esprime il desiderio che “tutti i seminaristi e i giovani sacerdoti possano cogliere questa occasione di formazione, così da acquisire maggiore consapevolezza sulle dinamiche economiche della Chiesa e sul loro ruolo fondamentale nella promozione di un sostegno responsabile e partecipato”.

Le due giornate saranno scandite da momenti di ascolto, riflessione e laboratori pastorali. Il 7 marzo, dopo l’accoglienza prevista nel pomeriggio, i lavori si apriranno con i saluti di don Mario Spinocchio, Rettore del Seminario San Pio X di Catanzaro, seguiti dall’intervento di Mons. Stefano Rega, che introdurrà i temi dell’incontro. Seguiranno gli interventi di don Claudio Francesconi, economo della CEI, che parlerà della gestione delle risorse della Chiesa a servizio del Vangelo, e Claudio Malizia, Direttore Generale dell’Istituto Centrale Sostentamento Clero, che illustrerà il funzionamento del sistema di sostentamento del clero. La giornata si concluderà con una riflessione sul ruolo centrale dei presbiteri e delle comunità nel sostegno economico della Chiesa, a cura di Massimo Monzio Compagnoni, responsabile del Servizio Promozione Sostegno Economico della CEI. L’8 marzo si aprirà con la celebrazione della Santa Messa, presieduta da Mons. Claudio Maniago, Arcivescovo di Catanzaro-Squillace.

A seguire, tre videomessaggi sul tema del sostegno economico della Chiesa cattolica, con gli interventi di Mons. Giuseppe Baturi, Segretario Generale della CEI, su L’attuale sistema di sostegno economico alla Chiesa in Italia alla luce della riforma concordataria; Mons. Erio Castellucci, Vice Presidente della CEI, su Una Chiesa Povera per i poveri. Un prete libero per servire; Mons. Domenico Pompili, Presidente della Commissione Episcopale Cultura e Comunicazioni Sociali, su Il Sovvenire. Le parole chiave per una comunicazione di valore.

A seguire, i partecipanti prenderanno parte ai laboratori pastorali, che verranno presentati ufficialmente prima della chiusura dell’incontro.

Uniti nel Dono / Carlo Conti: “L’eredità della mia mamma: fede e onestà”

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Su Uniti nel Dono Carlo Conti, mattatore del Festival di Sanremo 2025, apre il cassetto dei suoi ricordi: una mamma che gli ha fatto anche da padre, i sacerdoti importanti della sua vita, le nozze con Francesca e l’arrivo di Matteo che lo hanno cambiato, segnando anche le sue scelte professionali. Per vivere a Firenze, con la sua famiglia, ha lasciato la conduzione de “L’eredità”.

Cominciamo dalle radici, dalla sua famiglia d’origine. Papà Giuseppe che muore quando lei ha solo un anno e mezzo e una grande mamma, Lolette, che deve fare da madre e da padre. Lei ha raccontato che è a sua madre che deve il dono della fede. Quali sono i ricordi più cari, in questo senso, che porta nel cuore?

L’esempio che mi ha dato, i valori che mi ha trasmesso, come ad esempio il rispetto degli altri, il guardare sempre il bicchiere mezzo pieno e non considerarlo mezzo vuoto, l’accontentarsi, il fare tutto con grande onestà. I due pilastri fondamentali sono proprio questi, in fondo: il rispetto e l’onestà. Anche nei confronti di sé stessi, non solo degli altri; quell’onestà che ti fa riconoscere i tuoi limiti e che ti fa capire cosa puoi e cosa non puoi fare. Quando in noi qualcosa non va bene tendiamo sempre a dare la colpa gli altri e invece la mamma mi ha insegnato che bisogna essere onesti con sé stessi. E poi naturalmente la fede. Quando il mio babbo è morto la mamma mi diceva sempre che le erano rimasti solo gli occhi per piangere. Economicamente doveva ripartire da zero perché aveva speso molto per le cure per il babbo. Rientrando dal funerale, con questo bambino di 18 mesi in braccio, sola, istintivamente aprì la cassetta delle lettere e ci trovò 500 lire, che le diedero la forza di ripartire in qualche modo e di rimboccarsi le maniche. Lei mi ha sempre detto che gliele aveva fatte trovare santa Rita, la santa degli impossibili, alla quale era particolarmente devota.

La sua crescita è stata legata a doppio filo con i francescani, ma ci sono anche altri sacerdoti che nella sua vita hanno lasciato un segno importante. Le dico tre nomi: padre Artemio, don Giovanni Martini e don Tito Testi. Ci regala qualche “istantanea” di queste tre persone?

Padre Artemio era il viceparroco della parrocchia francescana di Montughi, a Firenze, dove era parroco padre Stanislao. Lì mi sono formato per la comunione e per la cresima e mi ricordo le tante messe che ho servito. Anzi c’era proprio il torneo dei chierichetti e in sacrestia c’era un tabellone dove chi serviva più messe collezionava più crocette (ride, ndr). Io non ho mai vinto ma mi piazzavo sempre bene! Padre Artemio ci regalò, al ritiro della prima comunione, un piccolo Vangelo che ancora custodisco nel cassetto del mio comodino, e sulla prima pagina ci fece scrivere “Io sono di Cristo”.

Don Giovanni è un prete straordinario. È un uomo molto sanguigno, un “fiorentinaccio”, tifosissimo della Fiorentina e perfino cappellano della squadra. La nostra amicizia risale a quando lo incontrai in tribuna d’onore al Franchi, ancora ai tempi di Cecchi Gori. Era di una parrocchia vicina alla mia casa ed è lui che mi ha sposato e ha battezzato mio figlio Matteo. Insomma, è un po’ il padre spirituale della nostra famiglia.

Don Tito, infine, l’ho conosciuto a un matrimonio, sul monte Amiata. Allora era lassù, a Castell’Azzara ma poi è stato trasferito ad Orbetello. Ricordo di essere andato a trovarlo e a parlare con i suoi ragazzi, e a volte lo vedo quando vado a pescare in laguna, dove sono amico di molti pescatori. È un uomo vero, un prete “in trincea”, immerso nella realtà del quotidiano. Una cosa che mi fa ridere moltissimo sono le sue telefonate: magari è in pullman con i malati dell’Unitalsi, oppure a una cena con 500 persone… prende il telefono, mi mette in viva voce e mi fa salutare tutti, appoggiando il microfono al suo telefono, e poi chiede un applauso. Nella sua semplicità, è una cosa bella che faccio sempre volentieri.

Una cosa colpisce andando a ripercorrere gli inizi della sua carriera artistica: a 25 anni lascia la sicurezza di un posto in banca, ben remunerato, per inseguire i suoi sogni e scommettere sulle sue qualità. Cosa si sente di consigliare ai giovani di oggi che sono in cerca della propria realizzazione?

Sai, oggi è tutto più difficile anche se non c’è più la rincorsa al posto fisso, come ci poteva essere allora. La mia mamma aveva fatto mille lavori per potermi mantenere agli studi e puoi immaginare con quanto sollievo avesse accolto quel mio “posto fisso” in banca. Quando improvvisamente le dissi che mi sarei licenziato… quasi svenne. Appena si riprese, però, si rese conto che stavo inseguendo il mio sogno e mi stimolò anche in questo, responsabilizzandomi e dicendomi: “Se non ci credi tu, in questa cosa… chi ci deve credere?”. Ai ragazzi posso dire di credere sempre nei propri sogni e soprattutto di non piangersi mai addosso, attribuendo ad altri i propri fallimenti. Dobbiamo sempre riconoscere i nostri limiti e cercare di migliorarci e di arrivare al massimo delle nostre possibilità.

Tra il 2012 e il 2014 la sua vita personale cambia in modo decisivo: da scapolo impenitente arriva al matrimonio con Francesca e poi c’è la nascita di Matteo. Cosa rappresenta oggi per lei la sua famiglia? Cosa vorrebbe trasmettere di più prezioso a suo figlio?

La famiglia per me è il centro di tutto e io sono solito dire, scherzando, che “tutto il resto fa volume”. Per la mia famiglia ho fatto anche scelte professionali importanti: ho lasciato “L’eredità”, un programma quotidiano, per poter vivere a Firenze e stare più con Francesca e Matteo. Le mie gioie sono portare a scuola mio figlio, trovarci a cena la sera e chiacchierare, giocare insieme o arrabbiarci se guarda troppo l’I-pad, andare a fare la spesa insieme: le cose piccole sono quelle che riempiono di più il cuore se le fai con le persone che ami. Io e mia moglie cerchiamo di trasmettere a Matteo i valori che abbiamo ricevuto dai nostri genitori. La fede, ad esempio, come facciamo andando a messa la domenica insieme a nostro figlio. Ma anche l’onestà, il rispetto e il sapersi migliorare: non per competere con gli altri ma per sé stessi.

Per la quarta volta quest’anno il festival di Sanremo è stato affidato alla sua conduzione e alla sua direzione artistica. Non si tratta solo di un evento di spettacolo e intrattenimento: in Italia è un pezzo importante della cultura e della vita del Paese. Quanto sente questa responsabilità?    

La direzione artistica di Sanremo comporta tre diversi tipi di responsabilità. Innanzitutto, si tratta di regalare svago e leggerezza, visto che succede con Sanremo lo stesso fenomeno che si verifica quando gioca la Nazionale: in quel momento siamo un po’ tutti tifosi… In secondo luogo, si cerca di far arrivare qualche buon messaggio o qualche testimonianza significativa, come a me è già capitato in altre occasioni (ricordo quando ho ospitato Sammy Basso, ad esempio, oppure anche Ezio Bosso, o quando ho fatto venire la protezione civile e i volontari che si erano spesi per i terremotati). Il terzo tipo di responsabilità sta nel saper selezionare bene le canzoni, in modo che possano piacere ad un pubblico il più possibile ampio, regalando sorrisi, emozioni, divertimento. Con la speranza che poi possano rimanere negli anni!

Intervista di Stefano Proietti – Foto Ufficio Stampa RAI

 

Diocesi di Prato / «Uniti possiamo», ottimo lavoro delle parrocchie nella raccolta delle offerte per i sacerdoti

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Lo slogan della campagna promossa dal Sovvenire – il Servizio per il sostegno economico alla Chiesa cattolica – conferma la bontà del suo intento: lo scorso anno sono stati raccolti 11.538 euro da destinare alle offerte deducibili per il clero. Significa oltre 3mila euro in più rispetto al 2023 e addirittura 10mila euro in più se confrontiamo il dato 2024 con quello del 2021, il terribile anno segnato dal Covid. «Questo vuol dire che la campagna Uniti possiamo, organizzata a livello parrocchiale, ha dato delle risposte», afferma Stefano Gelsumini, incaricato diocesano di Prato del Sovvenire. Certamente per raggiungere l’obiettivo finale – ovvero sostenere economicamente i sacerdoti italiani con le offerte deducibili e non con i fondi dell’8xmille, che dovrebbero servire a finanziare progetti pastorali, di carità e per l’edilizia di culto – servirebbero altre cifre ben più importanti, ma il piccolo risultato raggiunto va sottolineato in maniera molto positiva. «Invece di calare abbiamo aumentato – aggiunge ancora Gelsumini – ma soprattutto siamo riusciti a coinvolgere nuovi donatori grazie all’impegno delle parrocchie e in particolare degli incaricati parrocchiali».

Tra le venti parrocchie della diocesi che hanno partecipato attivamente a «Uniti possiamo», quattro sono riuscite a superare i mille euro, una addirittura è andata oltre. Parliamo di San Pietro a Iolo che ha raccolto 2555 euro, poi ci sono Castellina (1710 euro), Chiesanuova (1588 euro) e Tobbiana (1113 euro). Non sfuggirà che tra queste c’è proprio la parrocchia dell’Annunciazione alla Castellina, comunità ferita dal comportamento del precedente parroco don Francesco Spagnesi, ma allo stesso tempo impegnata con determinazione a raccogliere offerte per il sostentamento dei sacerdoti. «Siamo certamente all’inizio, quest’anno rinnoveremo l’invito a partecipare e tramite i nostri incaricati spiegheremo nei dettagli in cosa consiste questa iniziativa promossa dalla CEI tramite il Sovvenire», conclude Stefano Gelsumini.

Riassumiamo il progetto. Con «Uniti possiamo» le parrocchie si impegnano direttamente a raccogliere le offerte per il sostentamento del clero, invitando i fedeli a versare una donazione al parroco o all’incaricato parrocchiale del Sovvenire. Il progetto ha per sottotitolo «un mese, una comunità, un sacerdote» e invita a raccogliere in ogni parrocchia partecipante 1000 euro, pari a una mensilità dello stipendio di un sacerdote. Quanto raccolto dà diritto a ricevere un contributo in denaro per l’impegno svolto, proporzionale alla somma versata. Si tratta di un incentivo che viene dato per sviluppare nelle singole parrocchie un’abitudine a questo gesto, che sembra non essere importante, ma diventa sempre più necessario. Ai fedeli vengono distribuite le buste per la raccolta delle offerte; poi, le buste chiuse, contenenti anche la scheda con i dati personali del donante per poter avere a casa la ricevuta per la deducibilità fiscale e la rivista Sovvenire, devono essere inserite in un’apposita scatola presente in parrocchia. Per saperne di più ci si può rivolgere al proprio parroco o visitare il sito nazionale Uniti nel Dono.

(Fonte, sito della Diocesi)

Diocesi Mazara del Vallo / 8xmille per i beni culturali: in 10 anni 47 progetti per 5 milioni di euro

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In dieci anni (2014-2024) 47 progetti di restauro di luogo di culto sono stati co-finanziati, per un totale di 7.730.556,50 euro, di cui 5.025.538,25 euro provenienti dai fondi 8xmille (esigenze di culto e pastorale della popolazione italiana) della Chiesa cattolica. Sono questi i numeri del report diocesano che è stato illustrato al convegno su “Il restauro dell’architettura” organizzato presso il Seminario vescovile di Mazara del Vallo, alla presenza del Presidente dell’Ordine nazionale degli architetti Massimo Crusi.

Per l’intera giornata sono riuniti gli architetti della provincia di Trapani per discutere su interventi e innovazione nel restauro dei beni architettonici. A illustrare i dati della Diocesi è stato l’architetto Vito Palmeri, collaboratore dell’Ufficio diocesano beni culturali: «Fino al 2017 il co-finanziamento coi fondi 8xmille era del 50% – ha detto Palmeri – dal 2017, invece, il co-finanziamento è aumentato al 70%, con la possibilità di intervenire su edifici più recenti». L’architetto Palmeri ha mostrato ai colleghi tutti gli interventi realizzati nel decennio 2014-2024: parrocchie, locali annessi e gli interventi presso la struttura del Seminario e del Palazzo vescovile. «Il restauro ci permette non solo di conservare quanto i Padri ci hanno consegnato ma di valorizzare le espressioni della fede, della cultura, che manifesta l’identità di un territorio. Tutto questo è possibile grazie ai fondi 8xmille della Chiesa cattolica che ogni cittadino destina con una firma sulla dichiarazione dei redditi», ha detto il Vescovo monsignor Angelo Giurdanella, che ha portato i saluti della Diocesi.

Tra gli interventi illustrati ci sono stati quelli realizzati sul campanile della Cattedrale (123.651,96 euro), sul campanile della parrocchia Cristo Re (86.334,58 euro), sulla chiesa del Purgatorio di Marsala (109.128,83 euro, progetto in fase di istruttoria), sulla chiesa di San Giuseppe di Mazara del Vallo (189.484,09 euro), sulla chiesa madre di Marsala (340 mila euro) e al Santuario Maria Ss. Addolorata di Marsala (102.000 euro). «Già come indicazione del precedente Vescovo monsignor Domenico Mogavero e ora in continuità con monsignor Angelo Giurdanella, si è scelto di intervenire con micro progetti, per consentire in tutte le parrocchie dove è necessario fare restauri, di utilizzare i fondi 8xmille in tutto il territorio diocesano», ha detto l’architetto Vito Palmeri.

Paesi in via di sviluppo / 8xmille per sanità, formazione e promozione sociale

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Scuole, centri sanitari, attività imprenditoriali, percorsi di inclusione sociale: si trasformano in tutto questo i fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica, diventando sostegno concreto per le popolazioni dei Paesi in via di sviluppo.

Un nuovo stanziamento permetterà alla Chiesa in Italia di continuare a farsi prossima a quanti sono in difficoltà, in ogni angolo del mondo.

Nell’ultima riunione (30-31 gennaio) del Comitato per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, infatti, sono stati approvati 52 progetti per un totale di 10.874.258 euro: 26 iniziative saranno realizzate in Africa (€ 6.270.985), 14 in America Latina (€ 2.090.050), 10 in Asia (€ 1.910.431), 1 in Europa (€ 55.215) e 1 in Medio Oriente (€ 547.577).

Sono diversi i progetti sul versante educativo. Tra questi, spicca quello dell’Arcidiocesi di Bouaké, in Costa d’Avorio, che intende contribuire al miglioramento delle condizioni di vita dei ragazzi, con un’attenzione particolare ai più poveri, mediante la costruzione di una scuola nel quartiere periferico di Broukro della città di Bouaka, dove vivono numerose famiglie con bambini e mancano infrastrutture scolastiche secondarie. In Egitto, il Vicariato Apostolico amplierà l’edificio scolastico “St. Joseph’s di Port Fouad” per attivare il ciclo di istruzione secondaria di primo grado, mentre in Ghana la Diocesi di Sunyani ristrutturerà il “St. Mary’s Preparatory Junior High School” così da accogliere fino a mille studenti e mettere a loro disposizione biblioteca, laboratorio informatico e supporti didattici per l’alfabetizzazione digitale.

In Brasile, invece, Engim, ente di formazione fondato dai Giuseppini del Murialdo, realizzerà nuovi spazi per attività laboratoriali e di supporto scolastico contribuendo così a ridurre la povertà educativa e l’esclusione sociale di bambini e ragazzi.

Forte è anche l’impegno sul fronte della promozione sociale e del miglioramento della qualità di vita. Ad esempio, in Uganda, la Diocesi di Kabale costruirà un serbatoio sotterraneo per la raccolta di acqua piovana, con depuratore, a beneficio di circa 8000 persone, mentre in Thailandia, la Fondazione Pime Onlus (Pontificio Istituto Missioni Estere) promuoverà attività di sensibilizzazione per le famiglie e l’intera comunità volte all’inclusione sociale di bambini e adulti con disabilità e, al contempo, assicurerà l’accesso ai servizi sanitari di base e a programmi di fisioterapia a persone con disabilità in condizioni di fragilità.

Non manca l’attenzione alla sanità: in Honduras, la Diocesi di La Ceiba, attraverso la Pastorale della Salute della Parrocchia Catedral de San Isidro Labrador, ristrutturerà il Centro di salute “S. Isidro Labrador” che offre un servizio ambulatoriale del quale usufruiscono soprattutto i bambini. In Vietnam, la Diocesi di Phat Diem costruirà e attrezzerà un Centro di educazione e medico-riabilitativo per minori vulnerabili e/o con disabilità e appartenenti a minoranze etniche. In India, la Diocesi di Gorakhpur, attraverso il Purvanchal Gramin Seva Samiti, doterà il “Fatima Hospital” di un impianto per la produzione ed il caricamento delle bombole di ossigeno, così da superare i problemi di approvvigionamento e l’alto costo delle bombole sul mercato, mentre in Burkina Faso, il Centro Internazionale per la Pace fra i Popoli doterà 14 strutture sanitarie e due Università di un sistema per la produzione di candeggina, fondamentale per combattere la diffusione di malattie infettive.

Tra gli interventi, sono numerosi quelli che hanno l’obiettivo di favorire l’imprenditorialità e l’economia locale. Come in Argentina, dove l’Orden de Frailes Menores Viceprovincia San Francisco Solano avvierà un’attività di produzione e riciclo dei tessuti per le comunità di Aguaray, Río Caraparí e Piquirenda. Si tratta di una concreta opportunità di riscatto, che mira a restituire dignità alle donne vittime di violenza familiare ed emarginazione e a favorire l’indipendenza economica femminile. In Iraq, Focsiv rafforzerà la resilienza economica e sociale di quanti vivono negli insediamenti, prevalentemente cristiani, di Ainkawa (Erbil), Qaragosh e Mosul, attraverso il sostegno alle piccole imprese, l’artigianato tradizionale, l’agricoltura e, sul piano sociale, lo sviluppo di attività culturali ed educative.

Diocesi di Roma / Meeting sul Sovvenire “La Chiesa è vicino a te”

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La Chiesa è vicino a te” è il titolo dell’incontro diocesano che si terrà sabato 15 febbraio dalle ore 9.30 alle 12.30 presso la Sala Conferenze del Seminario Pontificio Romano Maggiore, in Piazza San Giovanni in Laterano 4  I relatori del meeting sono: 

Giustino Trincia, Direttore Caritas Diocesana di Roma

Padre Giulio Albanese, Direttore Ufficio Comunicazioni Sociali e Ufficio Cooperazione Missionaria tra le Chiese della Diocesi di Roma

Massimo Monzio Compagnoni, Responsabile Servizio CEI Promozione Sostegno Economico alla Chiesa

Don Fabio Rosini, Docente comunicazione della fede e Scrittore

S.E. Mons. Renato Tarantelli Baccari, Vicegerente della Diocesi di Roma  

Il meeting sarà condotto da Enrico Selleri di Tv2000.

Programma in allegato.

Siamo convinti che per far crescere la firma 8xmille a favore della Chiesa cattolica, ci voglia una maggiore consapevolezza da parte dei contribuenti sulle potenzialità della stessa firma”, ha dichiarato Lisa Manfrè, incaricata diocesana del Servizio Promozione. “La firma ha il potere di generare del bene a cascata perché sostiene realtà che ogni giorno, a loro volta, aiutano persone in difficoltà. Il meeting è un momento importante per fare un focus sui progetti che ogni anno la diocesi riesce a realizzare proprio grazie ai fondi 8xmille e far si che possano accendersi ancora di più i riflettori sull’importanza del sostegno ai nostri sacerdoti attraverso il progetto Uniti Possiamo”.

8xmille / Diocesi di Aversa vicina alle famiglie, per essere sempre aperti al dono e alla speranza

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“Troppo spesso siamo tentati di giudicare tutto in base a ciò che può essere utile per il nostro vivere: questo è un segno di egoismo e di chiusura, quando invece la vita è apertura, fiducia, speranza.

Si dice che il sorriso di un bimbo che nasce è il segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità: è la speranza della ricchezza di bene che quella nuova vita potrà offrire alla storia dell’umanità.

Auguro a tutti di poter essere fiduciosi, di poter contemplare sempre la bontà della vita e l’opera di Dio, di far crescere tutto ciò che genera sempre ricchezza di vita nuova”. Con questo messaggio Mons. Angelo Spinillo, Vescovo di Aversa, invita a riflettere sul tema della 47ª Giornata nazionale per la vita, Trasmettere la vita, speranza per il mondo, consapevole anche dell’orizzonte della speranza in cui tutta la Chiesa è chiamata a vivere questo anno di grazia del Signore.

La diocesi di Aversa, che sostiene anche il Festival della Vita, promosso dal Centro culturale San Paolo e giunto quest’anno alla XV edizione, è molto attiva sul fronte della promozione della famiglia e della vita, attraverso l’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia e vita.

Tante le iniziative, rese possibili anche dal sostegno dell’8xmille della Chiesa cattolica.

“Il sostegno che ci viene dall’8xmille ci permette di fare queste diverse attività ma anche poi di sostenere concretamente delle situazioni”, dice subito don Massimo Spina, direttore dell’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia e vita e parroco di Santa Teresa del Bambin Gesù, ad Aversa. “Il nostro primo impegno – prosegue – è mettere insieme in rete le varie realtà che si occupano in modo trasversale di attenzione alla vita.

Qui ad Aversa abbiamo un segno storico molto bello che è la famosa ‘Rota degli esposti’, dove venivano lasciati i neonati frutto di una gravidanza indesiderata o gli ultimi nati in una famiglia che già faceva la fame. Oggi l’associazione AversaDonna si premura di far conoscere la storia della Rota, anche alle scuole. La Rota, infatti, è un segno tangibile dell’attenzione della Chiesa a vita da sempre”. Infatti, già dal Quattrocento era in funzione ad Aversa la “Rota degli esposti”.

Ci sono poi tante “iniziative concrete, legate anche a singole storie: ci è capitato di incontrare ragazze che volevano interrompere la gravidanza, a loro abbiamo fatto conoscere esperienze di vita di coppie con figli, anche con qualcuno di loro disabile, che hanno compiuto la scelta forte di portare avanti la gravidanza. Questo ha aiutato diverse ragazze a cambiare idea. Questo lavoro capillare sul territorio per conoscere le fragilità e in qualche modo aiutare a venirne fuori è possibile anche grazie al fatto che come Ufficio proviamo a incontrare ogni anno le coppie impegnate in ognuna delle 94 parrocchie della diocesi, che si estende, per una parte, sul territorio della provincia casertana e, per l’altra, su quello della provincia napoletana.

Noi proviamo a intensificare sempre di più le relazioni con le coppie che in ogni parrocchia guidano i nubendi o i gruppi famiglia, senza trascurare mai la cura e l’attenzione alla vita, perché ovviamente in ogni parrocchia si lavora su questo ambito, con la possibilità di portare il messaggio della vita nelle varie realtà”.

Un altro aspetto importante è la promozione da parte dell’Ufficio diocesano di incontri di formazione e giornate di spiritualità per le coppie impegnate in parrocchia. “Anche tutto questo impegno formativo, che ha un costo, è reso possibile grazie all’8xmille”, precisa don Spina.

Da fine gennaio è partita un’altra iniziativa: “La casa sulla roccia” per andare alla scoperta del sacramento del matrimonio con i nubendi.

L’Ufficio diocesano per la pastorale della famiglia e vita ripropone questa iniziativa nata lo scorso anno sia dalle sollecitazioni raccolte nell’ascolto del territorio sia dal forte desiderio del vescovo di vivere un momento di dialogo ed ascolto con le nascenti famiglie del territorio diocesano. Mons. Spinillo incontra i nubendi dalle ore 16 alle ore 18 direttamente nelle Foranie di appartenenza per sottolineare l’importanza del matrimonio e dell’attenzione alla vita, oltre che a rafforzare le relazioni con le coppie nascenti. Gli incontri del vescovo con i futuri sposi si concluderanno con la Messa coi nubendi, che avrà luogo nella chiesa cattedrale di Aversa domenica 9 marzo.

Se, da un lato, ci sono donne che si trovano ad affrontare una gravidanza non prevista, dall’altro, sottolinea il direttore dell’Ufficio diocesano, “aumentano le coppie che hanno difficoltà ad avere un figlio, una situazione che genera sofferenza. Di fronte alle varie difficoltà, soprattutto ora, nell’Anno giubilare dedicato alla speranza, vogliamo far capire che c’è una comunità, che c’è una Chiesa, che c’è una parrocchia, che c’è una realtà ecclesiale, che sta accanto, si prende cura e si interessa di ognuno, creando relazioni anche personali, per accendere in loro una speranza e far sapere che qualcuno che li sostiene in questo momento buio. Proviamo a contattare e incontrare le persone che stanno vivendo una difficoltà, a livello sia parrocchiale sia diocesano”.

Anche la situazione economica, differenziata a seconda anche della provincia su cui insiste il territorio diocesano – da un lato, difficoltà economiche, dall’altra agiatezza – incide sull’apertura alla vita: “Paradossalmente possono avere effetti negativi sull’apertura alla vita due cause contrastanti: la povertà e il successo personale nella carriera”, osserva don Massimo, precisando che, quando il problema è di origine economica, “ce ne facciamo carico con la Caritas sia parrocchiale sia diocesana, per non lasciare a se stesse le persone e aiutarle a portare avanti la gravidanza. Questa è una priorità che ci siamo dati. E anche questo è possibile grazie all’8xmille”.

(Fonte, Agenzia Sir)

Messaggio di Mons. Angelo Spilillo, Vescovo di Aversa, per la Giornata della Vita 2025