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Al via la “Ricerca Sacerdoti” 2024

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È stata avviata un’indagine sul clero promossa dalla Conferenza Episcopale Italiana e realizzata dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica con il contributo dell’Ufficio nazionale per la Pastorale delle Vocazioni.

La ricerca, realizzata a distanza di dieci anni dalla precedente, vuole delineare la figura del sacerdote diocesano attraverso una serie di domande in merito alle esperienze di fede ed ecclesiali prima del seminario, l’itinerario formativo, la vita e il ministero presbiterale. In particolare, si segnala l’attenzione ad un tema a noi molto caro, quello del sostegno economico alla Chiesa cattolica, alla luce del calo delle offerte per il clero e alla diminuzione delle firme 8xmille a favore della Chiesa cattolica.

Il progetto, che si avvale della collaborazione di Eumetra MR S.p.A., società specializzata in indagini statistiche, prevede la somministrazione di un questionario a un campione di sacerdoti, individuati all’interno della Diocesi, rappresentativo per distribuzione geografica, età e anno di ordinazione.

In questi giorni i sacerdoti selezionati saranno contattati direttamente da Eumetra MR S.p.A.:

–      attraverso un loro intervistatore che si recherà presso la parrocchia del sacerdote per lasciare un questionario cartaceo da compilare 
–      oppure attraverso una mail con all’interno un link per accedere alla compilazione del questionario direttamente on line.

Si precisa che l’indagine viene realizzata nel pieno rispetto della privacy e dell’anonimato, e che le informazioni raccolte saranno analizzate in forma aggregata e non associate al sacerdote intervistato.

Caritas Italiana /Report statistico nazionale 2024 sulla povertà in Italia

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È stato presentato lo scorso 19 giugno a Roma il Report statistico nazionale 2024 sulla povertà in Italia.

Quelli presentati da Caritas Italiana non sono solo “numeri”, sono soprattutto 269.689 “volti” di poveri, che a loro volta rappresentano altrettante famiglie, dato che la presa in carico risponde sempre alle esigenze dell’interno il nucleo familiare.

Il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana sulla povertà in Italia valorizza le informazioni provenienti da 3.124 Centri di ascolto e servizi delle Caritas diocesane, dislocati in 206 diocesi in tutte le regioni italiane. Si tratta peraltro solo di quelli già in rete con la raccolta dati, dal momento che i servizi e le opere sui territori sono in realtà molti di più. Ne emerge una fotografia drammatica che chiama all’impegno di tutti.

In sede di ripartizione dei fondi 8xmille nel 2024, sono stati assegnati dall’Assemblea dei Vescovi alle diocesi per la carità 150 milioni di euro anche a supporto delle Caritas diocesane.

«Questo secondo Report statistico si colloca in un tempo particolare, segnato da vicende che toccano le nostre comunità. Da un lato le crisi internazionali che condizionano pesantemente i rapporti tra i Paesi e lo sviluppo di percorsi di pace, dall’altro l’incessante aumento della povertà e la forte incidenza di situazioni di rischio e vulnerabilità. Di fronte a questi scenari la Chiesa continua a sognare e ad affermare un umanesimo autentico, secondo cui ogni essere umano possa realizzarsi pienamente, vivendo in un mondo più giusto e dignitoso», sottolinea il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello.

Dal Report risulta che nel 2023 cala la quota dei nuovi poveri ascoltati, che passa dal 45,3% al 41,0%. Crescono invece le persone con povertà “intermittenti” e croniche, riguardanti in particolare quei nuclei che oscillano tra il “dentro-fuori” la condizione di bisogno o che permangono da lungo tempo in condizione di vulnerabilità: una persona su quattro è infatti accompagnata da una Caritas diocesana da 5 anni e più. Sembra quindi mantenersi uno zoccolo duro di povertà che si trascina di anno in anno senza particolari scossoni e che è dovuto a più fattori; il 55,4% dei beneficiari nel 2023 ha manifestato contemporaneamente due o più ambiti di bisogno.

Chi si rivolge alla Caritas? Si tratta di donne (51,5%) e uomini (48,5%), con un’età media che si attesta sui 47,2 anni (46 nel 2022). Cala l’incidenza delle persone straniere che si attesta sul 57,0% (dal 59,6%). Alta invece l’incidenza delle persone con figli: due persone su tre (66,2%) dichiarano di essere genitori. Oltre i due terzi delle persone in povertà, secondo i dati dei Centri di ascolto Caritas consultati, hanno livelli di istruzione bassi o molto bassi (67,3%), condizione che si unisce a una cronica fragilità occupazionale, in termini di disoccupazione (48,1%) e di “lavoro povero” (23%). Non è dunque solo la mancanza di un lavoro che spinge a chiedere aiuto: di fatto quasi un beneficiario su quattro è un lavoratore povero. Inoltre, la percentuale dei percettori del Reddito di Cittadinanza, la misura di contrasto alla povertà sostituita oggi dall’Assegno di Inclusione, si attesta al 15,9%, dato in calo rispetto al 2022 e soprattutto al 2021: allora i beneficiari corrispondevano rispettivamente al 19,0% e al 22,3%.

In termini di risposte, le azioni della rete Caritas sono state numerose e diversificate. Complessivamente sono stati erogati oltre 3,5 milioni di interventi, una media di 13 interventi per ciascuna persona assistita (considerate anche le prestazioni di ascolto). In particolare: il 73,7% ha riguardato l’erogazione di beni e servizi materiali (distribuzione di viveri, accesso alle mense/empori, docce, ecc.); l’8,9% gli interventi di accoglienza, a lungo o breve termine; il 7,3% le attività di ascolto, semplice o con discernimento; il 5,2% il sostegno socio-assistenziale; l’1,7% interventi sanitari.

Il Report contiene anche tre focus tematici che analizzano nello specifico la povertà delle famiglie con bambini, indagine condotta in collaborazione con Save the Children, la condizione delle persone senza dimora e di quelle in solitudine, in particolare gli anziani. «È compito statutario di Caritas Italiana – ricorda il presidente di Caritas Italiana, mons. Carlo Roberto Maria Redaelli – realizzare studi e ricerche sui bisogni delle persone, per aiutare a scoprirne le cause, per preparare piani di intervento, soprattutto in un’ottica di prevenzione. Questo è l’intento del Report che presentiamo. Una raccolta di dati che è stata realizzata grazie all’impegno degli operatori e dei volontari dei nostri Centri di ascolto e con la collaborazione delle persone in stato di bisogno che ci hanno consegnato la loro situazione. Studi e ricerche sono da condurre in collaborazione con altri e nel quadro di una programmazione pastorale unitaria, per animare le nostre comunità e per stimolare l’azione delle istituzioni civili a un’adeguata legislazione. La Caritas tiene molto, accanto ai bisogni, a evidenziare le risorse. Questo Report va letto insieme alle nostre ultime pubblicazioni che raccontano la ricchezza del volontariato, in particolare, quello dei giovani».

Il Report statistico nazionale 2024 di Caritas Italiana è disponibile su www.caritas.it

Il Papa a Verona e questa Chiesa, vista da un non credente

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Carlo Rovelli è un fisico, saggista e divulgatore scientifico, specializzato in fisica teorica. Ha lavorato in Italia e negli Stati Uniti e attualmente insegna in Francia. Nato a Verona, è un non credente che però domenica 19 maggio era tra la folla che ha accolto Papa Francesco proprio a Verona. L’Osservatore Romano ha pubblicato una sua toccante riflessione che unitineldono.it offre anche a voi: è un segno che se c’è dialogo, c’è davvero speranza.

Su queste pagine – quelle dell’Osservatore Romano, ndr – questo apparirà forse come un commento banale. Non lo è per me: sono cresciuto guidato da valori che mi sembravano lontani da quelli della Chiesa. Non sono mai stato credente, e non lo sono neanche oggi. Ma il mondo è cambiato, forse io sono cambiato, forse la Chiesa è cambiata, e oggi mi sento con stupore vicino alla Chiesa, alla sua guida morale, come non avrei mai creduto potesse diventare possibile. E credo, lo dico sottovoce, che siano oggi in molti, che erano molto lontani dalla Chiesa, a sentirsi così.

Sabato a Verona, la città dove sono cresciuto e ho vissuto tutta la prima parte della mia vita, il Papa ha raccolto attorno a sé una grande folla variopinta ed emozionata, animata dalle parole di pace, giustizia, dall’esortazione ad andare controcorrente, dalla denuncia di chi fomenta la guerra per lucrare, di chi fabbrica armi. Era una folla che sentivo fraterna. Nel momento più intenso della giornata, due uomini hanno preso la parola: «Sono Maoz Inon, vengo da Israele. Il 7 ottobre 2023 Hamas ha ucciso i miei genitori»; «Sono Aziz Abu Sarah, vengo dalla Palestina. Mio fratello è stato ucciso dai soldati israeliani». Poi si sono abbracciati. Diecimila persone vocianti nella grande Arena sono ammutolite. Poi si sono sciolte in un interminabile applauso. Io non sono riuscito a trattenere le lacrime. Il dolore del mondo. La follia del mondo. E l’unica via per affrontarla… Il Papa li ha guardati commossi. Li ha abbracciati entrambi.

Questo è il mondo che vogliamo.
Il Papa ha parlato dei conflitti, ha esortato a non averne paura. Ad affrontarli parlando, cercando di comprendere le narrazioni opposte, il punto di vista di chi sta dall’altra parte, le sue paure, guardando le persistenti ingiustizie che nutrono i lunghi risentimenti, abbassando le armi, pensando al dolore immenso e reale degli esseri umani, cercando i punti di convergenza, i valori condivisi che ci fanno umani.

Questo è il mondo che vogliamo. Un mondo in cui l’umanità sappia vivere insieme in pace, affrontare gli inevitabili conflitti con il dialogo e la diplomazia, costruire insieme il bene di tutti e affrontare insieme i problemi comuni, come l’emergenza ambientale che incombe.

Vogliamo leader politici capaci di andare in questa direzione, come ce ne sono stati nel passato. Questo è il mondo auspicato dai fondatori delle Nazioni Unite. È il mondo di cui parla il Papa. È il mondo che sognano e per il quale provano a impegnarsi le diecimila persone presenti sabato nell’Arena di Verona, le innumerevoli associazioni, movimenti, e organizzazioni che lo splendido vescovo di Verona ha coinvolto per costruire insieme la manifestazione.

Ma non è questo il mondo che stiamo costruendo.
Il mondo che stiamo costruendo è fatto di milioni che tuttora vivono nella miseria, di una scandalosa e crescente disparità di beni, della follia delle armi atomiche che ci stanno sul capo come una spada di Damocle, e che ora abbiamo ricominciato a costruire più numerose. È fatto dal dilagare delle guerre, da tempo non così tante come ora, dal dolore che generano, dal devastante balzo in avanti delle spese militari ovunque, e soprattutto dal guardare sempre più in cagnesco gli altri potentati della Terra.

Siamo in un mondo dove i nostri governanti, invece di cercare di risolvere conflitti senza spargere sangue, parlando e cercando i punti di equilibrio, dicono invece sempre più spesso di voler abbattere il nemico, qualunque sia il costo di sangue e di dolore. Un mondo che a me sembra si stia avviando verso un’altra delle sue regolari esplosioni di follia, quando periodicamente ci massacriamo a milioni, ciascuno convinto di essere nel giusto.

Eravamo tanti sabato nell’Arena di Verona, a cercare gli uni negli altri la forza del sogno di un mondo migliore.
Il Papa era in mezzo a noi, con il suo consiglio e la sua parola che arriva forte a tanti cuori. Ma siamo pochi nei nostri paesi. La politica va in un’altra direzione, la stampa va in un’altra direzione.

Il potere, e chi lo segue e ne dipende, vanno in un’altra direzione. I più, temo, preferiscono chiudere un occhio sul dolore del mondo, sulla rapacità dei potenti, sui rischi della nostra arroganza, perché, alla fine, quelli che sono difesi con la violenza, sono i nostri privilegi. Lo scrivo con tristezza, non so se sia vero. La miopia è curabile, la miopia dell’egoismo mi sembra letale.

Non è la prima volta che questo Papa mi stupisce. L’ho incontrato brevemente anni fa, in occasione di una conferenza scientifica a Castel Gandolfo. Allora il nemico di turno dell’Occidente era l’Islam, io provai a suggerire al Papa di essere più esplicito con il suo popolo, nell’esortarlo a non considerare i musulmani come nemici. Con mio stupore, lo fece pubblicamente qualche giorno dopo. E quando ho cercato — ahimè senza esito alcuno —, raccogliendo l’appoggio di colleghi di scienza, di promuovere l’idea di un possibile negoziato globale per un disarmo bilanciato, che libererebbe un colossale dividendo di pace con sui potremmo insieme risolvere la miseria estrema e coprire i costi dei rimedi al riscaldamento climatico, il Papa ci espresse il suo sostegno.

Ma il regalo più grande, per me, è stato sabato, dopo l’incontro in Arena. La mia città lo accoglieva con governatore, sindaco, alti prelati e ogni sorta di vip. Ma Francesco è andato a pranzare con i detenuti nel carcere della città. Per questo segno l’ho amato, e ho riconosciuto in lui i valori che mi sembrano i più forti e i più sacri.

Da ragazzo volevo cambiare il mondo, sognavo un mondo più giusto, sognavo abolire privilegi, confini, eserciti, sfruttamento. La Chiesa mi sembrava uno degli ostacoli. Ora non più, e il Papa lo sento, con stupore, in un mondo sempre più cieco, come un saggio fratello maggiore.

di Carlo Rovelli
Fisico e saggista

(Foto Vatican Media/SIR)

Uniti nel Dono / L’Italia dei “campanili” si racconta nel sito dedicato al sostentamento del clero

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Sono tante e veramente belle le storie pubblicate nel sito dedicato alle offerte per il sostentamento dei sacerdoti unitineldono.it.

Testimonianze di comunità accompagnte da sacerdoti esemplari e nutrite dai valori del Vangelo che ridonano luce e speranza a tutta la società. Una lettura ricca di esperienze “straordinarie” nell’ordinarietà della vita, la dimostrazione come la solidarietà, l’altruismo e l’amore verso il prossimo fanno bene non solo a chi riceve ma soprattutto a chi dona.

Per scoprire tutto questo, l’invito è quello di collegarsi al sito e di iscriversi alla newsletter unitineldono.it.

Ecco solo alcune delle ultime storie pubblicate.

Le parrocchie di Cisterna, “strada facendo”… insieme
Trentamila persone, suddivise nelle tre parrocchie di Cisterna, diocesi di Latina. L’impegno dei parroci è quello del camminare insieme condividendo iniziative pastorali, educative e di attenzione agli ultimi. Per don Patrizio Di Pinto anche un impegno nazionale con il Rinnovamento nello Spirito Santo.

Ercolano: un colpo d’ala per rilanciare la speranza
L’Oratorio San Domenico Savio, il cui seme fu gettato ormai 25 anni fa, è oggi un fiore che spande il profumo della speranza in un terreno sociale difficile e minacciato dall’illegalità. Dietro una comunità educativa coriacea e generosa c’è la risposta vocazionale di un parroco lungimirante: don Pasquale Incoronato.

Nella periferia di Salerno, semi di fraternità e cura del creato
Ultimi e ambiente sono nel cuore della parrocchia di don Ciro Torre: le riflessioni sulla Laudato Si e la solidarietà animano i volontari di Gesù Redentore. Il parroco, oggi 75enne, è arrivato qui più di quarant’anni fa, con la voglia di condividere il quotidiano

Caserta: il Vangelo anche al bar, con lo stile del Seminatore
Dalla mensa dell’amicizia allo sportello lavoro, dal circolo ‘Madre terra’ al parrucchiere solidale, fino all’annuncio del Vangelo anche nei bar o alle famiglie che fanno la catechesi alle altre famiglie. A Caserta la parrocchia di don Antonello Giannotti compie ogni sforzo per uscire dal proprio recinto e andare a incontrare la gente del rione Acquaviva.

Ad Alcamo la Chiesa in uscita affretta il passo
Animazione con i clown, novena per le strade del quartiere, volontariato: tutto concorre ad attrarre le persone se le iniziative sono creative, ovvero se partono dal basso, dice don Enzo Santoro, il parroco del Sacro Cuore ad Alcamo (TP). E la parrocchia si riempie.

8xmille / Pubblicato il podcast “Oltre il Buio”

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È disponibile il primo episodio della miniserie podcast “Oltre il Buio”, dedicato alle opere 8xmille e disponibile su Spotify, Amazon Music e Apple Podcast

La prima puntata parla del restauro a Gubbio, “La Madonna del Prato di Gubbio: rinascere dopo il terremoto”. Di seguito i link alle varie piattaforme:

OnePodcast (solo da app)

OnePodcast – canale YouTube

Spotify

Amazon Music

Apple Podcast

 

 

 

8xmille / Accanto ai migranti e ai rifugiati

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“Come il popolo d’Israele al tempo di Mosè, i migranti spesso fuggono da situazioni di oppressione e sopruso, di insicurezza e discriminazione, di mancanza di prospettive di sviluppo…trovano molti ostacoli nel loro cammino: sono provati dalla sete e dalla fame; sono sfiniti dalle fatiche e dalle malattie; sono tentati dalla disperazione”. Papa Francesco, nel Messaggio per la 110ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, descrive così la sofferenza di milioni di persone che lasciano le loro case e i loro affetti.

Secondo il Rapporto Global Trends 2024 dell’Unhcr, agenzia dell’Onu per i rifugiati, negli ultimi 10 anni sono raddoppiate, soprattutto a causa di vecchi e nuovi conflitti, e a maggio erano 120 milioni.

Dal 1991, attraverso il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, la Chiesa cattolica italiana, grazie ai fondi dell’8xmille, ha cercato di accompagnarle e dare loro conforto finanziando 166 progetti specificamente a favore di migranti e rifugiati in 31 Paesi per un totale di oltre 31,5 milioni di euro.

Nell’ultimo Rapporto del “Norwegian Refugee Council” (NRC), pubblicato lo scorso 3 giugno – a ridosso della Giornata mondiale del Rifugiato delle Nazioni Unite – sono elencate le dieci crisi di sfollati più dimenticate al mondo, con numeri in aumento e bisogni crescenti. Si tratta sempre di emergenze croniche, con migrazioni, violenza, fame e mancanza di servizi essenziali.

Nove riguardano Paesi africani e una l’Honduras dove – a causa della violenza diffusa, del crimine organizzato e degli shock climatici – ben 3,2 milioni di persone necessitano di aiuti umanitari. Il Paese è un punto di transito per molti migranti diretti verso il nord, di cui spesso si perdono le tracce.

La Chiesa locale da oltre 30 anni sostiene i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le famiglie nei loro bisogni fondamentali e nel richiedere il rispetto dei loro diritti. Grazie al contributo dell’8xmille, ha potuto aiutare anche tante famiglie di migranti scomparsi riunite in comitati nella costante ricerca di verità, giustizia e riparazione. Come quello di El Progres, vicino al villaggio di Guaymas, dove vive Doña Isaura, dal maggio 2004 alla ricerca di suo figlio Oscar René. Ricorda che nell’ultima comunicazione lui le ha detto di non preoccuparsi perché stava bene, stava lavorando in Messico e avrebbe cercato di tornare il prima possibile. In tutti questi anni non ha più sentito suo figlio, né la parola “Viejucha”, come lui la chiamava affettuosamente. Sin dal primo momento è stata accolta nel comitato con molta solidarietà, si è sentita parte di un gruppo. “Come madre – dice – conosco molto bene il dolore che si prova ogni giorno nel non sapere nulla di un figlio. Ma camminando insieme tutto diventa più sopportabile e prima o poi avremo delle risposte”.

Volti, testimonianze di vita, di sogni, in ogni angolo del mondo

Spesso i rifugiati sono costretti a vivere per anni, decenni, in campi profughi in condizioni precarie. Come accade a Kakuma, nel nord del Kenya, vicino al confine con l’Uganda e il Sud Sudan. “Mio marito – racconta Mary che è scappata dal Sud Sudan – è morto durante gli scontri. Una notte hanno attaccato il nostro villaggio. Allora ho preso tutti i miei figli con me, abbiamo raccolto quel poco che ci era rimasto e siamo scappati. Ho avvolto in fasce intorno al mio corpo il più piccolo che aveva pochi mesi e quello poco più grande di lui l’ho caricato sulle spalle. I cinque figli più grandi camminavano con me, cercando di rimanermi il più vicino possibile. Abbiamo camminato per mesi; ogni tanto siamo riusciti a fermarci per qualche settimana cercando di recuperare le forze, qualcosa da mangiare e soprattutto qualche soldo per continuare il viaggio. Siamo arrivati al campo di Kakuma dopo circa quattro mesi. Siamo qui da molto, la situazione non è migliorata. Ci sono molte famiglie, anche con figli disabili, e donne sole. Siamo di etnie e di aree di origine diverse, ma tutti portiamo i segni di grandi violenze subite e cerchiamo di aiutarci”.

Anche la Terra Santa è da sempre, e oggi ancor di più, teatro di violenze e di migrazioni. La famiglia di Mohammad, ad esempio, dalla Palestina è fuggita in Libano, la “Terra dei cedri”, che oltre ai campi palestinesi accoglie ancora centinaia di migliaia di rifugiati siriani. Da quando è nato Mohammad vive lì, ma sa bene che le sue radici sono in Palestina. “L’esplosione del porto di Beirut il 4 agosto del 2020 – racconta – ha spazzato via la vita e la quotidianità di moltissime persone. Nonostante le nostre difficoltà, noi rifugiati palestinesi siamo rimasti al fianco del popolo libanese in questa tragedia che si è aggiunta alla terribile crisi economica e sociale del Paese. Abbiamo lavorato mesi per aiutare la città e la sua gente a rialzarsi dal dolore e dalle macerie”.

Nel dolore e nella sofferenza fiorisce comunque la solidarietà e la Chiesa cerca di mantenere accesa la speranza nella storia di tante persone. Succede ad Ankawa, l’unico quartiere cristiano alla periferia di Erbil, nel Kurdistan iracheno. Nel caldo spietato e cocente dell’estate irachena, il 6 e 7 agosto 2014, la zona è stata al centro dell’attenzione internazionale: circa 75.000 sfollati sono arrivati lì per scappare dalla furia dell’Isis. Mosul, l’epicentro degli attacchi, era a soli 85 chilometri di distanza. Nonostante la drammaticità della situazione l’arcivescovo cattolico caldeo Bashar Warda di Erbil, con determinazione, è riuscito a far crescere un grande seme di speranza, realizzando, grazie anche al sostegno della Chiesa italiana, l’Università di Erbil. Senza questa opportunità molti giovani sfollati sarebbero stati condannati alla diaspora. A dieci anni dall’avvio, oggi l’Università ha 11 corsi di laurea altamente correlati al mercato del lavoro, 590 studenti (24% musulmani, 14% yazidi), il 59% dei quali donne. “Amo l’università perché è aperta a tutti, c’è libertà di parola e fornisce un’istruzione avanzata”, dice Mohammed, uno studente musulmano. “È una comunità mista e ogni giorno apprendiamo cose nuove sentendoci arricchiti dall’incontro, dal confronto, dalla cultura degli altri”, aggiunge Almas, uno studente yazida, la minoranza etnico-religiosa di lingua curda. Con l’accreditamento universitario, osserva Rolan, studente cattolico caldeo, “potrò avere opportunità di lavoro in futuro e sviluppando nuove competenze potrò aiutare il mio Paese, sentendomi parte integrante del tessuto sociale”. L’Università è dunque un ambiente che consente ai giovani di tutte le fedi di dialogare, di studiare e vivere insieme. E apre prospettive di futuro per comunità capaci di trarre linfa dalle differenze.

Arcidiocesi di Cagliari / Mons. Baturi: l’8xmille costruisce un futuro migliore mobilitando le energie migliori della società

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Lo scorso 15 giugno si è svolta, nella sala Benedetto XVI della Curia arcivescovile di Cagliari, la presentazione dei progetti e dell’utilizzo dei fondi 8xmille nella diocesi di Cagliari, promossa dal Servizio diocesano del Sovvenire in collaborazione con l’Ufficio per le comunicazioni sociali e con la Fondazione Kalaritana Media, ed il supporto dell’economato e dell’Ufficio tecnico per l’edilizia di culto e per i beni culturali. La notizia sul portale dell’Arcidiocesi chiesadicagliari.it.

La mattinata di lavori, coordinata dalla direttrice di Radio Kalaritana e vicedirettrice dell’Ufficio comunicazioni sociali Maria Luisa Secchi e dalla referente della comunicazione del Servizio diocesano del Sovvenire Maria Chiara Cugusi è stata scandita da due momenti fondamentali.

Il primo – informa la diocesi – dedicato al racconto dell’importanza dell’8xmille e dell’utilizzo di questi fondi nella in diocesi e il secondo riservato ad alcune testimonianze di esperienze concrete portate avanti grazie a questo prezioso strumento.

Nella prima parte sono intervenuti l’Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della CEI Monsignor Giuseppe Baturi, il responsabile del Servizio diocesano del Sovvenire don Alessandro Simula, l’economo don Giuseppe Camboni, l’architetto dell’Ufficio tecnico per l’edilizia di culto e per i beni culturali Terenzio Puddu, e il referente della progettazione della Caritas diocesana Marcello Porceddu.

Nella seconda parte, le testimonianze dell’avvocata Silvia Cocchiara, membro del Servizio diocesano tutela minori, del responsabile OAMI Sardegna Luciano Damiazzi, della psicologa, psicoterapeuta, formatrice e consulente Ai.Bi. Associazione Amici dei bambini ETS Marcella Griva, dell’animatrice del Progetto Policoro di Chiara Durzu, e della missionaria diocesana fidei donum nell’Arcidiocesi di Mbeya, Tanzania Giada Melis,.

In occasione di questo incontro è stato prodotto e presentato un video documentaristico che racconta le esperienze dell’8xmille sul territorio.

«Questa iniziativa – spiega l’Arcivescovo – si inserisce in un cammino consolidato di trasparenza. Vogliamo che i fedeli e tutti i contribuenti sappiano come la Chiesa destina i propri fondi per poter apprezzare la capacità di bene per tutti: non si tratta di avvantaggiare certe categorie ma di contribuire alla diffusione del bene per l’intera collettività. L’aspetto quantitativo – prosegue – di cui si dà doverosamente conto è solo un indice del bene che mobilita tanti volontari, sacerdoti, persone di buona volontà a favore del prossimo, affinché tutto il tessuto della nostra società sia più solidale. Anche da questo punto di vista l’utilizzo dell’8xmille, che qui vogliamo raccontare attraverso esempi concreti, costruisce un futuro migliore mobilitando le energie migliori della nostra società».

L’8xmille è una delle principali fonti di finanziamento delle opere e attività pastorali della Chiesa, tra cui quelle destinate alle persone più fragili, alle famiglie, ai giovani, alle missioni.  Esso non solo è un moltiplicatore concreto di risorse e servizi per i bisognosi, ma è anche uno strumento di promozione e salvaguardia del lavoro, di valorizzazione e tutela del patrimonio artistico, culturale, architettonico. Inoltre, esso è un volano per incrementare le attività di welfare comunitario, anche attraverso la costruzione di reti di solidarietà e il rafforzamento di una vera e propria cultura del volontariato.

Qui l’intervista rilasciata da Mons. Baturi per rainews.it (TGR Sardegna).

Il Card. Zuppi consegna 80 ventilatori alla Casa Circondariale femminile di Rebibbia

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Un piccolo gesto di solidarietà per rinnovare la forte vicinanza della Chiesa in Italia ai detenuti, specialmente quelli più fragili: nel mese di giugno saranno distribuiti 2000 ventilatori a 30 Istituti Penitenziari presenti sul territorio nazionale, nell’ambito del progetto “Semi di tarassaco volano nell’aria”, coordinato dal Servizio per la promozione del sostegno economico alla Chiesa cattolica e dall’Ispettorato Generale dei cappellani delle carceri, con il supporto della Presidenza della CEI.

È stato il Card. Matteo Zuppi a dare il via all’iniziativa il 12 giugno, consegnando 80 ventilatori alla Direzione della Casa Circondariale femminile di Rebibbia a Roma. “È la carezza di una madre che vi sta vicino”, ha affermato rivolgendosi alle detenute. Si tratta, ha aggiunto, di “un piccolo gesto, ma l’amore è nelle cose semplici. Le attenzioni le ritroviamo nelle buone parole, nell’ascolto paziente; altre volte in gesti grandi o piccoli, come questo”. Facendo riferimento al titolo del progetto, ha sottolineato che “come i fiori del tarassaco, i soffioni, volano dappertutto, così l’affetto della Chiesa arriva in carcere, portando un po’ di sollievo. Talvolta, infatti, un semplice e lieve soffio d’aria può aiutare a vivere meglio il periodo di detenzione”.

Un dono simbolico che dice l’attenzione per questa nostra comunità, dove si tocca con mano la povertà”, ha detto Nadia Fontana, Direttrice della Casa Circondariale, che ha espresso “gratitudine alla Conferenza Episcopale Italiana, ai cappellani, ai volontari che sempre, con spirito di carità, ci sostengono, senza pretendere nulla in cambio, facendoci sperimentare un conforto materiale e spirituale costanti”.
Con “Semi di tarassaco volano nell’aria”, la Chiesa in Italia, con i cappellani e gli operatori pastorali che svolgono la loro delicata missione all’interno delle carceri, vuole a sua volta dire “grazie” a chi lavora nel sistema penitenziario e la sua prossimità a tutte le persone che stanno scontando la pena all’interno degli Istituti.

Caritas Roma: progetti innovativi grazie all’8xmille

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«Il mandato che abbiamo ricevuto da San Paolo VI nel 1972 è soprattutto quello pedagogico, cioè di “sensibilizzare la comunità al senso e al dovere della carità in forma consona ai bisogni e ai tempi”». A parlare è Giustino Trincia, diacono permanente, da tre anni direttore della Caritas diocesana di Roma, che in questa intervista – raccolta da Angelo Zema per romasette.it – racconta l’impegno dell’organismo pastorale della diocesi e si sofferma su alcuni progetti sostenuti dai fondi 8xmille.

La Caritas diocesana di Roma è stata tra i promotori della serie di convegni che hanno ripercorso in questi mesi i grandi temi del convegno diocesano del 1974 (scuola, sanità, casa, lavoro, ecc.) rimasto nelle cronache come quello sui “mali di Roma”. Qual è stato il senso di questo impegno? E quali frutti ne potrebbero derivare?

La scelta fatta a livello diocesano è stata di celebrare quell’evento guardando soprattutto al presente e al futuro della città, attraverso l’impegno comune di diversi uffici pastorali della diocesi e la ricerca del coinvolgimento diretto delle comunità parrocchiali e religiose. È un percorso che si concluderà in autunno, dopo quattro tappe diocesane di riflessione nelle periferie romane, perché è da lì che oggi è più facile leggere la Capitale d’Italia e i germogli di speranza per superare le tante, le troppe sofferenze accumulatesi. Tutto questo accade nell’anno “sapienziale” del cammino sinodale della nostra Chiesa, attraverso quell’ascolto pluriennale delle grida e delle attese di giustizia della nostra città alle quali la nostra Chiesa locale di Roma sarà chiamata a dare voce e al tempo stesso speranza, unita a delle testimonianze di carità evangelica.

Tre i grandi insegnamenti profetici di quel grande convegno del 1974 che sono ancora di insegnamento: quello pastorale, di una comunità corresponsabile nella Chiesa e nella città, in grado di leggere e di interpretare la realtà, dal punto di vista dei poveri, di chi è ai margini e di dimostrare come questo punto di vista sia quello più efficace per promuovere il bene comune e tutelare l’interesse generale. Questa è la via della fratellanza universale che accoglie tutti e non esclude nessuno, riconoscendo ad ognuno diritti, doveri, poteri e responsabilità. È fondamentale ricordare che il tavolo della convivenza è composto di queste quattro gambe e che ognuna di esse è coessenziale alle altre. È il tavolo del primato del noi, rispetto a quello dell’io che sta portando alle tante povertà che ci circondano.

Il secondo insegnamento profetico, per la comunità dei credenti, è quello di restituire centralità alla preghiera e all’ascolto della Parola di Dio per riuscire nel difficilissimo compito di discernere i segni dei nostri tempi. Il terzo è quello dell’urgenza di riscoprire lo stretto legame che c’è tra carità e giustizia, perché non si può continuare a dare per elemosina ciò che spetta per diritto. Il corollario di questo insegnamento è il rilancio della partecipazione diffusa, nelle forme e con i metodi del terzo millennio e dunque senza nostalgici sguardi al passato, in un processo aperto alle comunità ecclesiali, alle reti della società civile e ai diversi poli di responsabilità, nella Chiesa e nella città. Dobbiamo aiutare chi abita, chi vive Roma a trovare nuove motivazioni verso l’impegno e la corresponsabilità, a riscoprire l’orgoglio di appartenere ad una delle città più belle del mondo, quanto a cultura, a tradizioni religiose e civili e a calore umano, a fare di Roma la “città della speranza”, nell’anno giubilare e non solo.

Questo impegno spinge a riflettere sul ruolo che la Caritas esercita per la comunità ecclesiale e per quella civile, un compito di animazione della carità, mentre spesso si tende a vederla solo come un organismo assistenziale.

Se si separa la carità dalla giustizia, è inevitabile cadere nell’assistenzialismo e in forme vecchie e nuove di dipendenza (poco evangelica) tra chi dà e chi riceve. Il mandato che abbiamo ricevuto da san Paolo VI nel 1972 è soprattutto quello pedagogico, cioè di “sensibilizzare la comunità al senso e al dovere della carità in forma consona ai bisogni e ai tempi”. La strada classica seguita a Roma e altrove è stata quella delle “opere segno” – ostelli, comunità alloggio, case famiglia, mense, empori, ambulatori, centri di ascolto, spazi per l’infanzia – in cui la comunità ha l’opportunità di incontrare i fratelli e le sorelle in difficoltà, prendere coscienza delle ingiustizie e delle solitudini. La chiamiamo “pedagogia dei fatti”. Si tratta di luoghi di incontro e di prossimità verso i più deboli in grado di operare, grazie alla decisiva sinergia tra i volontari e gli operatori professionali della Cooperativa “Roma Solidarietà” promossa proprio dalla Caritas di Roma. Stiamo parlando di strutture, in gran parte purtroppo ancora necessarie, ma oggi cosa e quali sono le opere segno al passo con i tempi attuali? A me sembra che occorra pensare ad opere segno più legate alla capacità di incidere sulle relazioni tra le persone e tra le comunità; sulle terribili piaghe moderne: le varie forme di solitudine che colpiscono drammaticamente molti minori e giovani, tanti anziani e donne sole con bambini; il lavoro sempre più precario e spesso povero; la povertà educativa e culturale che investe molte generazioni disarmate rispetto al “bombardamento” della società dei consumi; la povertà abitativa, scandalosa quanto a dimensioni; le dipendenze nascoste provocate da droghe, alcool, sesso, sovraindebitamento e azzardo; la scarsa accoglienza e la poca integrazione dei molti che fuggono dalle guerre, dalla miseria, dalla crisi climatica del sud del pianeta; la grande crisi del Servizio sanitario nazionale che spesso provoca rinuncia alle cure sanitarie o altri debiti familiari. Ciò detto considero una grazia di Dio le tante opere segno promosse direttamente dalla Caritas grazie alla Diocesi; quelle nate su iniziativa delle comunità parrocchiali o religiose e da altre associazioni.

Può darci qualche cifra dell’impegno della Caritas a Roma? E indicarci in quali ambiti si esprime in particolare?

Il collant di questa rete di presenze è costituito da “sensori” qualificati, cioè dalle 332 comunità parrocchiali con ben 218 Centri di ascolto parrocchiali collegati tra loro in rete e dai nostri tre centri diocesani di ascolto nei quali la differenza tra poveri italiani e stranieri si va sempre più affievolendo. Questa rete di solidarietà nel 2023 ha distribuito 322mila pasti, accolto 1.727 persone, incontrato oltre 13mila persone nei Centri di ascolto, curato negli ambulatori 5mila pazienti esclusi dal Servizio sanitario nazionale, assistito nelle loro case 500 famiglie, distribuito alimenti nei cinque empori a 1.720 famiglie.

Quale importanza hanno i fondi 8xmille per la carità in diocesi?

Il 10% delle risorse necessarie per finanziare tutto ciò è stato assicurato attraverso i fondi dell’8xmille, come finanziamento diretto della diocesi oppure attraverso i progetti della Conferenza episcopale per la carità. Il resto delle risorse proviene per il 78% da servizi in convenzioni con gli enti locali – Comune, Regione, Asl, prefettura – e per il 12% da donazioni di privati cittadini. Mi fa piacere dire a tutti grazie!

Quali sono i progetti più significativi della Caritas sostenuti quest’anno dall’8xmille? Ci può fare qualche esempio?

Nel corso del 2024 sono otto i progetti finanziati attraverso Caritas italiana. Vorrei sottolineare l’innovatività e l’estrema attualità di tre di essi. “Giovani periferici” intende cogliere e rafforzare le potenzialità, l’autostima e la fiducia nei gruppi di giovani a rischio, motivandoli a partecipare e promuovere delle iniziative, ad essere una presenza significativa per riconoscere il proprio quartiere come una risorsa. Un progetto che vuole incidere sulle situazioni di disagio giovanile e sui percorsi di devianza per invertire i processi di emarginazione, soprattutto nelle parrocchie di periferia. Il progetto di housing sociale dedicato a “Don Roberto Sardelli” è rivolto alle persone più fragili, che vivono in strada o in alloggi precari, per fornire loro strumenti, informazioni ed elementi in grado di supportare ciascuno nel proprio percorso di autonomia abitativa rendendolo forte, consapevole dei propri diritti e dei propri doveri. “Officina delle Opportunità” è un servizio di accompagnamento, orientamento e inserimento lavorativo, rivolto in particolare alle persone che versano in condizione di fragilità e di povertà, per facilitarne l’inclusione lavorativa, prendendo atto della necessità di essere accompagnate e sostenute in un percorso che consenta loro di ritrovare la dignità e l’autonomia attraverso la formazione e il lavoro.

Ce ne sono altri?

Gli altri progetti puntano a rafforzare la rete parrocchiale delle Caritas: gli Empori della solidarietà, a ottobre inaugureremo il sesto centro diocesano nella zona Don Bosco; il Manuale operativo dei diritti, strumento a supporto dei Centri di ascolto con le misure di welfare istituzionale sempre aggiornate e iniziative di formazione permanenti; l’assistenza domiciliare agli anziani soli.

8xmille / A Camerino inaugurato il Centro Pastorale Diocesano

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Domenica 9 giugno a Camerino si è tenuta l’inaugurazione del nuovo Centro Pastorale nei locali dell’ex seminario. Ne dà notizia il sito della diocesi. Una ristrutturazione resa possibile anche grazie all’8xmille destinato alla Chiesa cattolica. Accanto al parroco don Marco Gentilucci, l’Arcivescovo Francesco Massara che ha benedetto la struttura.

Si tratta di un luogo, o meglio di una casa aperta all’incontro, che racchiude tre generazioniha affermato Mons. Massara che nell’occasione ha accolto i molti presenti e fatto anche da guida agli spazi interni ed esterni. Dal gruppo degli Scout, al coro, alle suore di Santa Chiara, ai rappresentanti delle altre associazioni giovanili locali e soprattutto molti cittadini, in tanti hanno voluto presenziare a questo straordinario, importante e significativo evento, la cui data resterà nella storia per l’importanza che in centro pastorale avrà sul territorio.

“È stato un mio sogno quando sono arrivato – ha aggiunto Mons. Francesco Massara – perché ho sempre pensato che non serve una ricostruzione solo strutturale se non è seguita da una sociale ed economica. Le tre ricostruzioni devono andare insieme e questo credo che sia uno dei rari centri in Italia, se non l’unico, in cui tre generazioni, bambini, giovani e anziani, convivono nella stessa struttura, che è un gioiello per tutto il territorio”.

Qui l’intervista al Vescovo a cura di viverecamerino.it e qui un altro servizio sull’evento a cura di Radio in Blu & l’Appennino Camerte.