Infatti, grazie ai fondi dell’8xmille, Portomaggiore è tornato in possesso della sua principale sala polivalente, utilizzata negli anni non solo per le attività parrocchiali e pastorali della Collegiata di Santa Maria Assunta, di cui è parte integrante, ma anche per feste, convegni, recite delle scuole, attività con i ragazzi e proiezioni. Si tratta del teatro Smeraldo: 120 posti a sedere nei quali da sempre la comunità si ritrova. A questo sono serviti i lavori, partiti nel 2022 che sono stati finanziati con fondi dell’8xmille.
Il cantiere comprende anche l’ampia canonica della Collegiata dove, a parte i muri, sono stati rifatti gli impianti, i controsoffitti e parte del tetto, con il progetto anche di intervenire sul tetto. Il cantiere è stato anche un’occasione di efficientemento energetico: assieme ai lavori, sul tetto dell’edificio verranno anche installati i pannelli fotovoltaici.
L’investimento supera i 700mila euro, spiega don Ugo Berti, e non sarebbe stato possibile farlo senza l’aiuto essenziale dei fondi dell’8xmille. «La parrocchia, da sola, non ce l’avrebbe fatta», afferma il parroco.
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A partire da domenica 4 maggio, Giornata Nazionale di sensibilizzazione dedicata all’8xmille, nelle parrocchie aderenti al progetto unafirmaXunire si potrà sensibilizzare la comunità a partecipare a questo importante gesto di appartenenza.
L’iniziativa vuole favorire la raccolta delle firme di quei pensionati o lavoratori dipendenti che sono esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione in quanto possessori della sola Certificazione Unica (CU) e contrastare l’attuale calo delle firme a favore della Chiesa cattolica.
Grazie alla preziosa collaborazione di tutti, nel periodo della dichiarazione dei redditi, ogni parrocchia potrà diventare un “Centro di Informazione e Raccolta” dove poter concretamente sensibilizzare e coinvolgere tutta la comunità alla firma dell’8xmille. L’iniziativa prevede, infatti, l’assistenza, il ritiro e la consegna delle buste con la “Scheda per la scelta della destinazione dell’8xmille” direttamente in parrocchia (in allegato la scheda per la scelta).
Per animare la Giornata Nazionale e promuovere questa iniziativa in parrocchia, suggeriamo di nominare un referente parrocchiale del Sovvenire. Tale figura dovrebbe far parte del Consiglio per gli affari economici.
Inoltre, è utile sapere che nell’ambito del progetto unafirmaXunire, CEI ha individuato Caf Acli (e la sua rete) quale interlocutore privilegiato a cui rivolgersi sul territorio per la consegna delle buste chiuse contenenti le “Schede per la scelta della destinazione dell’8 per mille, del 5 per mille e del 2 per mille dell’IRPEF” raccolte nelle diverse parrocchie in Italia. Caf Acli, al contempo, si rende disponibile ad offrire, dal punto di vista organizzativo, una facilitazione nel ritiro di dette buste chiuse, nonché la trasmissione all’Agenzia delle Entrate del contenuto delle stesse (v. allegato).
Per una buona realizzazione del progetto e per prendere visione del materiale a disposizione si può accedere al portale UNITI IN RETE a questo indirizzo www.unitiinrete.it.
Per avere un supporto, contattare l’Assistenza chiamando il numero 06/97 85 84 14 (lunedì – venerdì: 9:00-13:00/15:00-19:00) oppure scrivendo a: assistenza@sovvenire.it.
LAUREA IN GIURISPRUDENZA DOPPIA LAUREA DIRITTO E ECONOMIA
DIPARTIMENTO DI SCIENZE GIURIDICHE
Il 9 maggio si terranno tre sessioni.
Laprima sessione verterà su L’inattesa rapida applicazione dell’art. 7 dell’Accordo di Villa Madama. Antonella Sciarrone Alibrandi introdurrà:
Gennaro Acquaviva (L’art.7 dell’Accordo di Villa Madama e la creazione della Commissione paritetica)
Francesco Margiotta Broglio (La Commissione paritetica e la genesi della legge n. 222 del 1985)
S.Em. il Cardinale, Giovanni Lajolo (Il contributo della Santa Sede)
Giorgio Feliciani (Il ruolo della Conferenza Episcopale Italiana)
Cesare Mirabelli (Verso un nuovo assetto delle fonti?).
Nella seconda sessioneMichele Madonna sul tema L’attuazione della legge n. 222 del 1985 tra criticità e innovazione introdurrà:
Paolo Cavano (La disciplina degli enti e la lettura della dottrina ecclesiasticistica)
Manlio Miele (La disciplina degli enti e la lettura della dottrina canonistica)
Pietro Lo lacono (La disciplina degli enti e la giurisprudenza tra conflitti e innovazione)
Antonino Mantineo (L’impatto sulla politica ecclesiastica italiana).
La terza sessione sarà introdotta da Daniela Milani sul tema Dall’ente ecclesiastico all’ente religioso: gli sviluppi di un progetto e vedrà tra i relatori:
Carmela Ventrella (Le forme di riconoscimento degli enti ecclesiastici/religiosi: la difficile tenuta di un sistema)
Marco Allena (Enti ecclesiastici, enti religiosi e sistema tributario)
Antonio Fuccillo (Finalità ed attività di religione e di culto: l’art. 16 della legge n. 222 dall’innovazione alla possibile revisione)
Marco Parisi (Il Codice del Terzo Settore e la legge n. 222 del 1985: aspetti ecclesiasticistici)
Mario Ferrante (Il Codice del Terzo Settore e la legge n. 222 del 1985: aspetti canonistici).
Il 10 maggio si terrà la quarta sessione su Il finanziamento delle confessioni religiose, dalla legge 222 del 1985 al sistema delle Intese, introdurrà Geraldina Boni:
Carmela Elefante (La legge 222 del 1985 e il progetto di finanziamento per le confessioni religiose)
Luigi Lacroce (Il finanziamento per la Chiesa cattolica: utilizzo rendicontazione e criticità)
Massimo Monzio Compagnoni (I dati del finanziamento)
Anna Gianfreda (Il finanziamento delle confessioni con Intesa: utilizzo, rendicontazione e criticità)
Jlia Pasquali Cetrioli (L’OttoXMille: criticità e auspici su una disciplina semi-scientifica).
Trasmesso in streaming, QRCode nella locandina in allegato.
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In occasione del suo 30° anniversario di ordinazione sacerdotale, desideriamo esprimere i nostri più sinceri auguri di gioia e gratitudine a don Luca Conticelli, incaricato diocesano del Sovvenire di Orvieto-Todi. Che la sua missione e il suo impegno continuino ad essere fonte di speranza e di rinascita spirituale per tutta la comunità.
Per celebrare questo importante traguardo oggi 30 aprile sarà celebrata dal Vescovo Gualtiero Sigismondi una Santa Messa nella chiesa di Sant’Andrea in Orvieto.
Con affetto il Servizio Promozione Sostegno Economico della CEI
(Massimo Monzio Compagnoni, Maria Grazia Peyretti, Paolo Cortellessa, Letizia Franchellucci, Adele Marzetta, Valentina Sara Sinibaldi, don Enrico Garbuio, Maria Chiara Giuli, Stefano Proietti e Maria Grazia Bambino)
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Nel video tutorial che segue sono illustrati tutti i passi per accedere al Portale Uniti in Rete e collegarsi alla sezione “Corsi”, dove sono stati pubblicati due titoli: Il Sovvenire e Comunicazione.
Ecco in sintesi pochi suggerimenti per conseguire le certificazioni finali:
affrontare un modulo alla volta (10-15 minuti per modulo);
scaricare i file di approfondimento e le risorse aggiuntive del modulo;
provare a fare il test di autovalutazione del modulo (non è vincolante per proseguire);
poi passare al modulo successivo, fino ai contenuti aggiuntivi di fine corso;
una volta completato un corso al 100%, affrontare il test finale per ottenere la certificazione;
cercare di portare a termine un corso entro 2-3 settimane… e poi passare al successivo.
Bastano veramente pochi minuti per familiarizzare con l’area corsi del Portale. Il suggerimento, anche per i più veterani, è quello di iniziare dal corso sul Sovvenire, in modo da poter comunque scaricare i materiali utili per organizzare incontri diocesani o parrocchiali.
Per coloro che avranno ottenuto entrambe le certificazioni dei corsi sul Sovvenire e la Comunicazione ci saranno nuove sorprese e nuove opportunità di formazione!
L’invito è dunque quello di iniziare e completare il percorso formativo. Chi lo ha già fatto ha lasciato questi commenti:
Bellissima iniziativa utile per la formazione e informazione. Corso ben strutturato e veloce apprendimento.
Ottimo corso sul Sovvenire, molto dettagliato e chiaro. Tutto molto bello.
Corso chiaro, con tanti spunti di riflessione, con molto materiale preciso, con una presentazione chiara ed efficace, che stimola a provare quanto ascoltato.
Il corso sul Sovvenire ottimo ed esauriente.
Bellissimo corso, completo e soprattutto chiaro, si fa capire alla grande!
Il corso sulla Comunicazione ha delle spiegazioni chiare e semplici da seguire.
L’impostazione è molto buona, chiara ed esaustiva pur nella sua sinteticità.
Corso sul Sovvenire esauriente e comprensibile anche per chi era digiuno della materia almeno in parte.
Il corso sulla Comunicazione è stato molto interessante e utile anche per altre questioni.
Il corso sulla Comunicazione molto interessante e formativo. Ricco di contenuti e strategie. Grazie!
Entrambi i corsi mi sono serviti per specificare meglio ed approfondire alcuni concetti. Molto chiare le videolezioni, molto bravo il giornalista che le tiene, molto utili gli approfondimenti e le slide con la trascrizione. Molto bene anche le Risorse. Purtroppo, non c’era la possibilità di scaricare le domande con le risposte, forse l’unico limite del corso. Grazie a chi lo ha pensato e realizzato, per me che cono stato appena nominato è stato utilissimo.
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Tra le ultime opere di bene compiute da Papa Francesco prima della sua morte, spicca la donazione di 200mila euro – dal suo conto corrente personale – per garantire la sopravvivenza del “Pastificio Futuro”: lo stabilimento di pasta secca artigianale che impiega i detenuti del carcere minorile di Roma “Casal del Marmo”. Il progetto era nato nel 2013 dall’impegno del cappellano, padre Gaetano Greco, in risposta all’esortazione di Papa Francesco, pronunciata durante una sua visita al carcere, che aveva invitato i ragazzi a “non avere paura di diventare artigiani di sogni e di speranza”.
Il laboratorio di 500 metri quadri, ideato dalla Cooperativa sociale Gustolibero Onlus, è stato sostenuto dalla Conferenza Episcopale Italiana con l’8xmille e da Caritas Italiana, in sinergia con la Direzione dell’Istituto penale minorile Casal del Marmo, il Centro della Giustizia minorile Lazio-Abruzzo-Molise, il Dipartimento per la Giustizia minorile e di comunità, le Diocesi di Roma e di Porto-Santa Rufina.
In occasione dell’inaugurazione, nel novembre 2023, Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Presidente della CEI, aveva dichiarato: “Crediamo nell’uomo. L’uomo può cambiare: ci vuole cura, ci vuole l’educazione che, come ricorda il Papa, è la forza più radicale per la trasformazione del mondo. E tanto più il mondo è infiammato tanto più abbiamo bisogno di offrire esempi di educazione perché il diamante che è nel cuore di ciascuno possa risplendere”, sottolineando, inoltre, che “il lavoro è la forma di educazione più significativa”. “Attraverso il lavoro – aveva aggiunto – si impara ad amare se stessi, gli altri, coloro che serviamo attraverso il contributo della nostra fatica, come il cibo che viene consumato per soddisfare le proprie esigenze di vita, per instaurare rapporti di amicizia e per guardare con fiducia al futuro”.
vai all’articolo Trecento progetti specifici in 64 Paesi, per circa 38 milioni di euro. Sono le iniziative che hanno generato e moltiplicato inclusione, favorendo l’accessibilità, la vita autonoma, e promuovendo la dignità e la valorizzazione dei talenti delle persone con disabilità, realizzate grazie ai fondi dell’8xmille che i cittadini destinano alla Chiesa cattolica. Lo evidenzia il Servizio per gli interventi caritativi per lo sviluppo dei popoli, in occasione del Giubileo delle persone con disabilità in programma dal 28 al 30 aprile.
Secondo i dati dell’OMS, nel mondo oltre un miliardo di persone vive con una forma significativa di disabilità, pari a circa il 15% della popolazione globale. Di queste, almeno 240 milioni sono minorenni. Le persone con disabilità soffrono disuguaglianze dovute allo stigma, alla discriminazione, alla povertà, all’esclusione dall’istruzione e dal lavoro e alle difficoltà all’interno del sistema sanitario stesso.
“Questa settimana abbiamo svolto un’attività speciale. Abbiamo creato vasi personalizzati e piantato semi, ma il significato è andato ben oltre. Ognuno ha inserito all’interno del vaso un augurio speciale per la persona che riceverà la pianta. È stato un momento di creatività, amore e riflessione, in cui abbiamo piantato non solo semi, ma anche speranza, affetto e sogni per il futuro. Ogni vaso porta con sé un’intenzione unica, a simboleggiare che, proprio come le piante, i nostri desideri possono fiorire con cura e dedizione”. Gli occhi di Fabiana brillano mentre racconta di questi piccoli semi che parlano di relazione, cura, attenzione, reciprocità. A San Paolo, in Brasile, oltre 40 anni fa un gruppo di madri del Parco Santa Madalena ha dato avvio al NASCE – Nucleo di Supporto Sociale al Cantinho della Speranza. Oggi è una struttura a servizio di persone con disabilità e giovani in situazione di esclusione sociale, nell’ambito educativo, culturale, di svago e professionale. In 5 centri vengono accolte ogni mese in media 240 persone con disabilità tra i 7 e i 60 anni. “Il nostro team – aggiunge – è composto da psicologi, pedagogisti, assistenti sociali ed educatori e promuove attività basate sulle esigenze di ciascuno, offrendo così un ambiente propizio per il loro sviluppo. Ogni giorno viene proposta un’attività diversa: cucina, riciclaggio di vetro, informatica, attività di espressione corporea, karate e giochi. Tutte queste attività cercano di promuovere il miglioramento della coordinazione motoria, l’autonomia e l’indipendenza”.
Fondamentale è anche il lavoro con le famiglie e con le comunità locali sulla sensibilizzazione per innescare un cambiamento di mentalità. In molti Paesi, infatti, le persone con disturbi fisici o psichici sono costrette a vivere nell’ombra, ai margini, spesso vittime di violenze e persecuzioni. Lo ha sperimentato Grace, in Kenya, che sintetizza così la sua storia: “Sono nata in un piccolo villaggio e fino all’età di otto anni posso dire che ero una bambina serena. Ad un tratto ho cominciato a sentire le mie gambe sempre più stanche e deboli. Nessuno capiva cosa mi stesse capitando, dicevano che la mia famiglia era stata colpita da una maledizione. Tutti erano arrabbiati con me, mia madre non mi parlava e mi teneva nascosta in casa. Così per tre anni sono rimasta lì, senza poter uscire e vedere nessuno”. Nonostante tutto anche per lei si è accesa una luce di speranza. “Un giorno a casa mia sono venuti dei volontari di un centro di riabilitazione, il St. Martin di Nyahururu. La prima volta mia madre non li ha nemmeno fatti entrare in casa, ma loro sono tornati e hanno assicurato che portandomi nel loro centro mi avrebbero aiutato, avrei potuto cominciare la riabilitazione ed evitare che la malattia peggiorasse. Così è stato e lì ho anche potuto studiare insieme a tanti altri ragazzi”. Una storia che rappresenta uno dei tanti percorsi di crescita e di speranza sostenuto dal CPPD, il Programma per persone con disabilità del Saint Martin, che segue ogni anno più di 1.000 bambine e bambini con disabilità, grazie a operatori, centinaia di volontari e il coinvolgimento delle famiglie e delle comunità.
Un lavoro certamente faticoso che necessita di pazienza e sforzo condiviso, ma che è essenziale per creare le condizioni per l’integrazione delle persone con disabilità affinché vengano percepite come risorsa o comunque prese in carico in modo inclusivo dalla propria comunità. Come ha più volte sottolineato Papa Francesco, ogni persona, per quanto fragile, è portatrice di un valore intrinseco e siamo chiamati a restituire “alle persone, a tutte le persone, emarginate dalla disabilità o dalla fragilità il loro posto all’interno di una comunità fraterna e gioiosa”.
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Non solo luogo di accoglienza, ma anche spazio di incontro e di dialogo interculturale. Questa la finalità della Casa Regina Pacis, fortemente voluta dalla Diocesi di Lodi, che accoglie donne in difficoltà favorendone l’inclusione sociale.
Situata nel cuore di Lodi, nel popolare quartiere Borgo, in via San Giacomo 15, la Casa offre una prima accoglienza temporanea a donne maggiorenni, aiutandole in un regolare inserimento nel territorio. Nata come opera Caritas dell’Anno Giubilare 2000, recentemente ristrutturata e rinnovata, grazie al prezioso contributo dei fondi 8xmille alla Chiesa cattolica, la struttura, simbolo tangibile di solidarietà e inclusione, offre un rifugio a donne, provenienti da diverse parti del mondo. La sua missione è chiara: non limitarsi a fornire un riparo, ma costruire un percorso di integrazione sociale e autonomia personale. Qui, ogni persona accolta trova non solo un tetto e pasti caldi, ma anche un supporto concreto per ricostruire la propria esistenza attraverso percorsi formativi, assistenza psicologica, legale e sanitaria.
L’inaugurazione dei nuovi spazi, avvenuta l’8 marzo 2024, in concomitanza con la Giornata Internazionale della Donna, ha rappresentato un ulteriore passo avanti in questo cammino di accoglienza. Il vescovo di Lodi mons. Malvestiti ha voluto ribadire come questa struttura, ufficialmente intitolata in quell’occasione “Casa Regina Pacis”, incarni i valori evangelici della carità e dell’amore per il prossimo, offrendo a chi è più fragile la possibilità di riscoprire la propria dignità.
“Questo evento ha segnato non solo un traguardo importante per la struttura, ma anche un rinnovato impegno verso l’integrazione – spiega Luca Servidati, responsabile comunicazione della Caritas Lodi – L’obiettivo principale è quello di facilitare l’inserimento delle giovani nel territorio lodigiano fornendo non solo un tetto, ma anche un supporto completo per il loro percorso di vita. Grazie alla significativa ristrutturazione, realizzata con il fondamentale contributo dell’8xmille alla Chiesa cattolica, i due piani superiori dell’edificio sono ora interamente dedicati all’accoglienza, con una cucina e un’area comune. Al piano terra, invece, sono stati allestiti locali per riunioni, un ufficio per richiedenti asilo, uno spazio per i volontari e un emporio solidale”.
La Casa Regina Pacis rappresenta un faro di speranza per tutte quelle donne che, in fuga da situazioni difficili, cercano un luogo sicuro dove poter ricominciare a immaginare un futuro.
“Le ospiti sono molto giovani, under 30. – spiega Chiara Galmozzi, referente della Casa – Ogni donna che accogliamo porta con sé una storia unica. Molte hanno dovuto lasciare la loro terra, la loro famiglia, affrontare viaggi lunghi e pericolosi. Qui non sono numeri, ma persone con un valore inestimabile, degne di essere ascoltate, accompagnate e sostenute. Le guidiamo per le pratiche burocratiche, per l’assistenza sanitaria e nei percorsi formativi. L’ospitalità dura in media due anni e quando escono di solito c’è una buona possibilità di inserimento”.
Le provenienze sono variegate: paesi dell’Est Europa, Asia, Africa e America Latina. Alcune arrivano direttamente dai centri per richiedenti asilo, altre vengono indirizzate da servizi sociali o associazioni del territorio.
“In questi anni sono tantissime le storie – prosegue la referente – che quei muri hanno custodito: decine di vite che in quel luogo si sono prima incrociate, poi incontrate, a volte scontrate e infine capite, scoperte, amate. Questo perché Casa Regina Pacis non è solo una casa, ma è uno spazio discambio tra culture, un momento di dialogo tra religioni e tradizioni differenti, occasione di convivialità tra etnie, per alcune è una vera e propria famiglia”.
La casa offre un accompagnamento nel cammino di inserimento e integrazione grazie alla presenza di tre operatrici dedicate (un’educatrice, una mediatrice culturale e un’operatrice sociale). Per le persone straniere accolte è previsto un aiuto all’apprendimento dell’italiano e delle norme fondamentali per la convivenza. Durante alcuni periodi intensi dell’anno, come la Quaresima, la struttura ospita giovani e gruppi di catechesi che condividono momenti di convivialità con le ospiti, promuovendo così una maggiore comprensione e integrazione.
Questo progetto rappresenta un esempio tangibile di come la cura degli spazi fisici e la riorganizzazione dei servizi possano incidere positivamente sul benessere delle persone, promuovendo al contempo un cambiamento di paradigma nelle modalità di accompagnamento in vista di un inserimento lavorativo. “Dietro l’accoglienza femminile Regina Pacis a Lodi, risplendono i valori più profondi del Vangelo, – conclude Servidati– incarnati in gesti di amore e solidarietà. Questo luogo è molto più di un rifugio temporaneo: è una casa che abbraccia con calore, dove ogni donna accolta è riconosciuta come portatrice di una dignità inviolabile. In un mondo spesso indifferente, la Casa Regina Pacis diventa testimonianza viva della cura che il Signore ha per ciascuno dei suoi figli, specialmente per chi è più fragile”.
Casa Regina Pacis è un punto di riferimento anche dopo il termine dell’esperienza, uno spazio ponte tra l’interno e l’esterno in cui si stimolano processi di inclusione e di crescita personale.
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Quando si attraversa la Puglia, si capisce subito che si sta per arrivare al quartiere Tamburi di Taranto: il rosso domina il paesaggio. Ma non è il colore del tramonto, né di una pianta particolare. È il rosso delle polveri sottili che si sollevano dalla lavorazione dell’acciaio del più grande complesso siderurgico d’Europa e che nel tempo si sono sedimentate su strade e case.
Ma il quartiere Tamburi non è solo inquinamento. È anche preziosa umanità. “C’è gente perbene che fa sacrifici e, nonostante i loro problemi, non li ho mai visti arrabbiati. Anzi, sono spesso loro a dare coraggio a me. Cercano sempre di risollevarti” – racconta don Alessandro Argentiero.
Da dodici anni è presenza costante nella zona: prima come viceparroco nella parrocchia San Francesco de Geronimo e dal 2021 come parroco nella chiesa dei Santi Angeli Custodi.
Dai primi anni del 2000, il quartiere ha perso circa 10mila abitanti, fuggiti a causa dell’inquinamento, delle tossine, dei fumi. Chi è rimasto fa i conti con disoccupazione, malattie respiratorie, precarietà. Il valore delle case è crollato: oggi la media è di 697 euro al metro quadro. “Molti padri e madri sono in cassa integrazione – racconta il sacerdote –, non possono permettersi di trasferirsi né di portare i figli altrove. Chi resta si ritrova in una zona priva di servizi, senza spazi di aggregazione. La scuola e la parrocchia sono rimasti gli unici luoghi di incontro. La gente mi dice che il quartiere è sulla bocca di tutti ma nel cuore di pochi, perché, al di là dei proclami, manca ancora un piano d’intervento efficace”.
Calcio e danza Da questa consapevolezza è nata una pastorale di presenza e accoglienza. Si è partiti con il centro di ascolto nato durante la pandemia, che pian piano è diventato un importante punto di riferimento. Le persone hanno iniziato a recarsi in parrocchia non solo per la distribuzione dei viveri, ma anche per ricevere consigli, indicazioni e chiedere come fare per risolvere questioni burocratiche. La ragione principale di questa fiducia sta nel fatto che qui non si sentono giudicate, aldilà di quale sia il proprio vissuto, sanno che c’è qualcuno disposto a offrire aiuto.
Oggi la scuola calcio permette ai bambini di incontrarsi e alle famiglie di intrecciare relazioni. Il grande salone parrocchiale, ristrutturato con i fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica, ospita molte attività, tra cui una scuola di danza frequentata da 70 bambine. “La gente del quartiere ci ha chiesto qualcosa anche per le ragazzine – riprende don Alessandro –. Così è nata la scuola di ballo. Alcune non frequentano la parrocchia, non hanno vita sacramentale, ma noi accogliamo prima di tutto la persona, senza etichette. Vogliamo loro bene lo stesso. Questa non è la mia parrocchia, è di tutti. Si parte dall’accoglienza e pian piano la famiglia si allarga”.
Dai bambini alle famiglie In questi anni si è passati da 30 a 200 bambini iscritti al catechismo, con una popolazione parrocchiale di 4000 abitanti. Con i bambini, anche le famiglie si sono riavvicinate. Come quella di Luigi, operaio e padre di tre figli: “Don Alessandro ha seminato qualcosa che mancava da anni. La parrocchia è diventata un’alternativa all’isolamento sociale causato dai cellulari. A casa, mia moglie ed io parliamo con i nostri figli di quello che vivono lì: uscite, incontri, momenti di preghiera…”.
Anche Michela, sua moglie, racconta con entusiasmo: “Don Alessandro non è solo un pastore, è un padre, un fratello maggiore per i nostri figli. Vanno in parrocchia volentieri, si divertono. C’è un clima sereno, gioioso. Le attività parrocchiali mostrano il buon cuore di tante persone, spazzano via i pregiudizi che gravano sul nostro quartiere. Quando entriamo in chiesa, ci sentiamo a casa”.
Il futuro si costruisce giorno per giorno. Il vecchio centro sportivo, troppo vicino all’area mineraria, è stato demolito. Ora il sogno della parrocchia è un nuovo centro polivalente: un luogo sicuro per i giovani, una casa per tutti, dove ritrovare dignità e speranza. Un quartiere che vuole ancora risollevarsi, grazie all’impegno costante e gioioso della sua gente.